Congo, dove i bambini divengono soldati sfruttati e abbandonati - Diritto di critica
Reclutati per combattere guerre tribali infinite e violente, per una questione tutta di potere e accaparramento di risorse naturali. Ogni anno, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), un esercito di bambini viene portato via dalle proprie famiglie e trascinato in accampamenti nelle zone boschive del Paese. Lì, i bambini vengono addestrati a diventare soldati disposti a tutto.
Si stima che circa 30mila giovanissimi, di cui un terzo di sesso femminile, sono stati trasformati in soldati e , una volta smobilitati, abbandonati nel nulla. Nella sola capitale l’Unicef stima vi siano più di 13.800 bambini e bambine di strada che sopravvivono con lavoretti nei mercati, elemosina e piccoli furti, ma spesso sbarcano i lunario anche con la prostituzione, attività illegali e altri espedienti. Tra questi molti sono ex bambini soldato.
La Repubblica del Congo, per combattere il fenomeno devastante e proteggere i bambini, ha ratificato una serie di trattati internazionali. Nel 2001 il Paese dell’Africa centrale ha firmato una risoluzione delle Nazioni Unite per chiedere la fine del reclutamento di bambini soldato e la loro riabilitazione. Nonostante le buone intenzioni, poco ha fatto il governo congolese per attuare gli accordi. Insieme ai moltissimi bambini sequestrati, c’era anche Murhila. Quando fu preso con la forza, all’interno della sua scuola di un piccolo villaggio vicino Bukavu, aveva 9 anni. “ E’ stata una esperienza disumanizzante” ricorda all’agenzia IPS Murhula ora 25enne.
Nel 2006 le elezioni democratiche e l’accordo di pace siglato nel 2008 a Goma, portarono una relativa pace nel Paese e la smobilitazione di molti bambini soldato. Oggi, nonostante la presenza di molte organizzazioni umanitarie internazionali, restano tanti bambini abbandonati nel nulla. Tanti bambini hanno bisogno di un sostengo psicologico per tornare ad una vita normale, dopo aver subito un tremendo lavaggio del cervello.
Il Congo è stato abbandonato e deve convivere con le esperienze crudeli di bambini, adolescenti e adulti che non riescono a dimenticare quella vita trascorsa tra violenza e crudeltà. E questi vivono oggi intrisi di aggressività e nell’emarginazione. Anche i genitori, spesso, si rifiutano di riaccogliere questi bambini dentro le loro case.
Murhula, avendo vissuto anni tremendi della sua infanzia, all’inizio del percorso rieducativo, giustificava i suoi atti come “normali in una guerra. Mi è piaciuto essere un soldato. Non so quante persone ho ucciso. In ogni caso, stavo solo seguendo gli ordini“. Molti ragazzi soffrono di “periodo post-traumatico” e alcuni, sotto recupero, continuano a collegare le emozioni positive alla violenza.
Le associazioni che curano i bambini, tra cui la CAPA una no-profit che si trova a Bukavu, vedono orgoglio, brama di vendetta e di potere. Il direttore dell’associazione, Vital Mukuza non si fa illusioni su ciò che significa riabilitare gli ex bambini soldato. “E ‘estremamente difficile. Sono aggressivi, irritabili e inclini alla violenza e al vandalismo. Ci vogliono mesi, anni per il loro riadattamento”. E’ qui che Murhula sta cercando di iniziare una nuova vita imparando a costruire chitarre, con il sogno di aprire un negozio tutto suo.
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