Caso Milanese, la Lega abbandona il cappio: "no all'arresto" - Diritto di critica
Questa mattina alle 9 la Giunta per le Autorizzazioni della Camera dirà ‘nò all’arresto di Marco Milanese e si presenterà in Aula il prossimo 22 settembre con la proposta di evitare l’arresto all’ex braccio destro di Giulio Tremonti, indagato dai magistrati di Napoli. A quel punto – assicurano da più parti – sarà lasciata a tutti libertà di coscienza. Ma se il voto alla Camera rispecchierà quello che molto probabilmente andrà in scena questa mattina – anticipato nella serata dalle dichiarazioni di voto di tutti i diretti interessati – il finale è già scritto.
La maggioranza contraria all’arresto dell’ex braccio destro di Tremonti, infatti, in Giunta c’è. E gli schieramenti sono così divisi. Contro l’arresto di Milanese ci saranno sette voti del Pdl, due della Lega, uno del Misto, e uno degli ex Responsabili. A favore dell’arresto di Milanese, invece, cinque voti del Partito democratico, uno dell’Italia dei Valori, due di Futuro e Libertà e due dell’UdC .
E alla domanda, rivolta ieri ad alcuni esponenti del centrodestra, sul perché con Milanese si sia scelta la via del garantismo ad ogni costo – a differenza di quanto avvenuto con il deputato del Pdl Alfonso Papa, finito a Poggioreale il 20 luglio scorso – la risposta è stata glaciale: «Perché ogni cosa che può dire Milanese potrebbe costarci un punto di Pil…». Questione di segreti, insomma. E il dipietrista Palomba sempre ieri sottolineava: “Tremonti è ancora un ministro molto potente…”.
Agli atti però resta la posizione contraddittoria di una Lega che proprio non può e non vuole permettere uno smacco al “suo” ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Due pesi e due misure, dunque. Con Papa la Lega invocò le manette, su Milanese – al contrario – Bossi ha fatto sapere che non gli piace “far arrestare la gente”.
Dal canto suo Milanese ieri si è difeso con le unghie e con i denti, accusando media, magistratura e rivolgendosi anche a quello che definisce il suo unico accusatore, Viscione. “Contro di me – avrebbe detto in Giunta – c’è stato un vero e proprio massacro mediatico”. E su Viscione: “ce l’ha con me solo perchè vuole vendicarsi: non gli candidai il figlio sindaco di Cervinara”. Non è mancata poi una stoccata alle toghe che non avrebbero indagato a fondo proprio nella magistratura: ci sarebbero state infatti “altri magistrati” coinvolti nella P3, non solo Pasquale Lombardi.