Bin Laden sepolto nel Mar Arabico? La verità sta per essere rivelata - Diritto di critica
Bin Laden è morto. E’ stato sepolto sul fondo del Mar Arabico e gli Stati Uniti hanno rispettato la tradizione del rito funerario islamico, anche se si trattava del ‘nemico pubblico’ per eccellenza, icona del terrorismo globalizzato. I media di tutto il mondo, lo scorso 2 maggio, hanno riportato la notizia del decesso di Bin Laden e della sua sepoltura in mare senza averne prova certa. Ora lo statunitense Bill Warren, esperto di immersioni sottomarine, sta progettando la missione di riportarne alla luce il corpo.
Nel settore della subacquea di salvataggio da più di 30 anni, Warren è consapevole delle difficoltà: “La salma di Bin Laden – dice in un’intervista al magazine americano Time – sarà in precarie condizioni, simile a un sigaro in fondo al mare. E’ una missione – aggiunge l’esploratore californiano – che richiede l’impiego di macchine costose e tecnologicamente avanzate”. Warren non si dà per vinto, nonostante la missione costerà 10mila dollari al giorno, per un totale di circa 400mila dollari. “Voglio dimostrare a me stesso e al 50% del mondo che Bin Laden è morto”, è il motto del facoltoso esploratore. Per finanziare la missione, Warren è riuscito a contattare donatori negli Stati Uniti e in tutto il mondo. L’invito, a sostenere la ricerca, è rivolto a tutti coloro che sono scettici a proposito della scomparsa dell’ex capo di Al Qaeda.
La ricerca si avvarrà dei ritrovati più tecnologici: sonar a scansione laterale, con le onde radio che raggiungeranno il fondo del mare. Sarà possibile osservare il fondale marino a colori. La stessa attrezzatura è stata utilizzata per ritrovare il Titanic nell’Oceano Atlantico. “La scansione è quasi come una fotografia”, assicura Warren. Sarà possibile scandagliare 2 miglia all’ora. Ciò che si perde nella velocità della ricognizione, si acquista in termini di accuratezza e precisione: “La scansione laterale – spiega il 59enne esploratore – permette di riconoscere qualsiasi cosa. Onde, rocce e altro ancora”. Ma sarà in grado di individuare un corpo avvolto e sepolto in acqua a profondità elevate?
“Sarebbe come cercare un ago in un pagliaio, se non peggio”, dice l’ex capitano della Marina statunitense Bobbie Scholley. Il militare, ora in pensione, recuperò nel 1996 l’aereo della compagnia americana TWA, dopo che si era schiantato nell’Oceano Atlantico. “Ci volle diverso tempo per trovare l’aeromobile in acqua”, precisa Scholley. Il Mar Arabico, in termini di estensione e profondità, non è l’Oceano Indiano e questo Warren lo sa. Le missioni per riportare alla luce relitti e carcasse di aerei sono complesse. Ad essere impiegata è anche la tecnologia tridimensionale. La superficie del mar Arabico è solo il primo scoglio da superare. Nelle profondità marine le difficoltà potrebbero essere anche diplomatiche e di politica estera: “E’ probabile che le informazioni sulla morte di Bin Laden – sostiene il capitano Scholley – siano secretate dal governo americano per una questione di sicurezza nazionale e internazionale”.
Una ricerca a tutto campo, che ha anche la possibilità di fallire. Ma Warren non si mostra preoccupato: “Sono riuscito a trovare ogni relitto che stavo cercando”. Sono stati portati alla luce aerei da combattimento nell’Oceano Pacifico, navi dell’800 a largo delle coste africane, ma ora il fine della ricerca è diverso: “Le precedenti missioni – sostiene l’esploratore – erano state organizzate con un fine di lucro, visto che nelle navi c’erano oro e diamanti. Ora, nel caso ritrovassi il corpo di Bin Laden – aggiunge Warren – scatterò fotografie, girerò dei filmati e preleverò un campione dei suoi capelli, per confrontare il suo DNA con quello della sua famiglia”. Una sfida non solo personale, quella di Warren, al quale potrebbero arrivare minacce da ogni parte: “Gli amici mi dicono di guardarmi le spalle. Porterò avanti la missione per un massimo di due mesi e, nel caso esaurissimo le risorse per andare avanti, non sarebbe un problema”.