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Diritto di critica | November 22, 2024

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Decreto Sviluppo, a rischio usura ed evasione fiscale - Diritto di critica

Decreto Sviluppo, a rischio usura ed evasione fiscale

Il Decreto Sviluppo non sviluppa granchè: gli incentivi sono puramente organizzativi e di portata modesta. Ma certamente riduce i controlli sulle imprese. Può essere un bene, come nel caso della “burocrazia inutile”: ma anche un male, se impedisce al fisco di verificare l’evasione fiscale, l’usura, le truffe finanziarie. Luci e ombre (tante) di una legge importante a fini elettorali, ma poco efficace nella realtà.

Il rilancio economico dell’Italia passa per una ventina di articoli di legge, tutti di carattere amministrativo e organizzativo. Una riforma “senza costi”, l’ha definita il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Ma un conto da pagare c’è, e non è piccolo.

Innanzitutto c’è un prezzo ambientale. Il decreto allunga a 90 anni il termine del diritto di concessione degli stabilimenti balneari, su cui si formano (in contrasto con la Direttiva europea Bolkenstein) diritti di superficie: sul pezzo di spiaggia affittato dal gestore, quindi, sarà possibile costruire o ampliare strutture preesistenti. Lo squilibrio dello scambio è notevole: i gestori pagheranno concessioni bassissime (circa 1000 euro per 10mila metri quadrati di litorale, ogni mese) ottenendo vantaggi paragonabili all’acquisto del terreno.

Non va meglio il fronte dell’edilizia. Il decreto Sviluppo riapre i piani regionali di edificazione, aggiungendo un premio di cubatura del 10% per gli immobili non residenziali: una misura volta a ridare slancio – insieme alla drastica riduzione dei tempi di attesa per le autorizzazioni edilizie – alle nuove costruzioni, e che rischia di determinare la cementificazione di vaste aree del nostro Paese. A questo, si aggiunge il problema delle gare d’appalto pubbliche, che saranno obbligatorie soltanto oltre il milione di euro: al di sotto di tale soglia, la contrattazione dovrà essere diretta (e a maggior rischio di corruzione).

C’è anche un prezzo di sicurezza fiscale. Il decreto unifica il controllo amministrativo, imponendo tempi più stringati: le autorità pubbliche non potranno effettuare più di un controllo a semestre, nè tenere l’azienda sotto osservazione per più di 15 giorni. Gli ispettori potranno leggere i conti, ma rapidamente, e senza approfondire troppo: strana norma, in un periodo di allarme evasione in crescita.

Spuntano poi due norme a rischio usura ed evasione fiscale. Lo spesometro, il sistema informatico che confronta le spese fatte con i redditi dichiarati dagli individui, non terrà conto dei pagamenti con carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari. Questo significa che i controlli del fisco saranno sempre meno precisi, con la frequenza sempre maggiore con cui gli italiani utilizzano le carte di credito.
Un’altro articolo del decreto fissa un nuovo sistema di calcolo per il tasso di interesse “da strozzino”, oltre il quale si parla di usura. L’effetto pratico è un aumento del 2% dei tassi d’interesse praticabili dalle banche senza rischio di denuncia o di class action. Immediato l’apprezzamento dell’Abi, associazione bancari italiani.

La bocciatura integrale del decreto sarebbe d’obbligo; gli stimoli all’economia sono minimi e distribuiti su settori tutto sommato marginali, riguardano soltanto l’organizzazione dell’amministrazione e non sono previsti fondi di sostegno alle imprese. E come se non bastasse, diversi articoli aprono la strada a truffe, usura ed evasione fiscale, tagliando le gambe ai controlli proprio ora che il governo (e il paese) ne avrebbe più bisogno.

Vanno però riconosciuti alcuni spunti positivi – pochi, ma ci sono. Prima di tutto, nel decreto è prevista l’assunzione di circa 65mila insegnanti precari nella scuola pubblica, spalmati su 3 anni – aggirando così il divieto di abuso dei contratti precari fissato dall’Unione Europea. Va detto che il provvedimento non inverte la tendenza generale dei tagli, voluti dal ministero Gelmini: infatti gli insegnanti in questione già lavorano all’interno degli istituti scolastici, percependo uno stipendio che non aumenterà con la stabilizzazione. E’ comunque un piccolo passo avanti, anche se molto timido e tutto sommato privo di rischi per il governo.

Il decreto prevede anche un credito d’imposta di 300 euro per ogni donna assunta al Sud nei settori a scarsa presenza femminile; un ulteriore bonus fiscale per le aziende che avvieranno insieme alle università dei programmi di ricerca, per un valore pari al 90% dei nuovi investimenti; e infine la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile in tasso fisso. Vale solo per le famiglie (le imprese no) che hanno un reddito non superiore ai 30mila euro, sono in regola con le rate e il mutuo non supera i 150mila euro. In queste condizioni, il tasso d’interesse può passare da variabile a fisso, riducendone il peso – almeno per ora, con i tassi in crescita da diversi mesi.

Una piccola riflessione politica è inevitabile. Da due anni le opposizioni di piazza e di palazzo chiedono interventi concreti in direzione anti-crisi. La battaglia delle elezioni amministrative si combatterà intorno a questi temi, tirati da una parte all’altra dell’agone politico per nutrire un elettorato stanco e deluso. Purtroppo, dietro gli articoli del decreto “Sviluppo”, ce n’è davvero poco. Giusto qualche lobby in pressing (gestori balneari, bancari, costruttori) che viene soddisfatta con vantaggi gratuiti, a spese del demanio pubblico, della giustizia fiscale e dell’interesse dei consumatori. Per il resto, buio pesto.

 

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