Ex Bertone, operai cedono al Piano Marchionne - Diritto di critica
Hanno ceduto alla “responsabilità” perché non avevano scelta: e non l’avevano perché tutti se ne sono lavati le mani. E’ questa la sensazione che serpeggia a poche ore dalla conclusione del referendum alle Officine Automobilistiche Grugliasco (ex Bertone), dove gli operai hanno detto sì (93% dei votanti) alla proposta Fiat per il rilancio degli investimenti. La stessa votata a fatica a Mirafiori e a Pomigliano. Nessuno scontro interno stavolta: anche il delegato Fiom ha esortato i colleghi ad accettare il Piano Marchionne, andando contro il comitato centrale Fiom.
Tutti gli operai della ex Bertone sono in cassa integrazione da 6 anni. Rifiutare il piano Marchionne per il rilancio dell’attività sarebbe stato puro suicidio, come i vertici aziendali hanno fatto capire in più occasioni. Il pacchetto, se le firme confermeranno l’unanimità del referendum, prevede la produzione di un nuovo modello Maserati nello stabilimento, per un volume di circa 50mila vetture all’anno.
Per farlo, serviranno 550 milioni di euro in investimenti – previsti a partire dal 1 gennaio 2012 – e soprattutto il massimo utilizzo delle risorse umane. Diventano prassi i 18 turni a settimana, le ore di straordinario diventano 320 ogni anno (pari a 40 domeniche lavorate). Senza dimenticare le nuove regole sulla governabilità dello stabilimenti, tese a stroncare l’assenteismo, e per l’esigibilità degli accordi, ovvero una limitazione alle forme di protesta e agli scioperi.
Non è un boccone semplice da digerire. La decisione dei 1087 lavoratori è stata sofferta, ma senza alternative concrete. Il testo, presentato il 15 febbraio scorso e sottoposto ad ogni genere di pressione e commento da parte di politici e sindacalisti, non è cambiato di una virgola. La trattativa non è mai cominciata, non solo verso la Fiom, ma anche con le altre sigle “responsabili”. Gli accordi separati sono stati firmati a busta chiusa.
I commenti al post-voto sono scontati. Tutti si complimentano con gli operai per il “grande senso di responsabilità dimostrato dai dipendenti delle Officine”. Al primo posto la Fiat, che vuol vedere le firme dei sindacati prima di gioire davvero: ma anche Bonanni della Cisl esulta per “la sconfitta dell’estremismo della Fiom”. Angeletti della Uil avverte i delegati rsu della Fiom, “ora tocca a loro rimediare ai danni fatti dal comitato centrale”. Il mondo politico si stringe attorno all’azienda e applaude la grande svolta di Fabbrica Italia, sempre più vicina – a loro parere – al divenire realtà. “Vince il pragmatismo, perde l’ideologia”, per Sacconi: per il Pd, “stima agli operai per la coraggiosa scelta”.
Chi si avvicina di più alla verità, forse, è la Camusso, della Cgil. “La scelta fatta dalle Rsu dell’ex Bertone denuncia come il Governo di questo Paese e il sistema delle imprese, la Fiat in modo particolare, non abbiano svolto il loro ruolo”. Ma anche la Cgil, dov’era?
Una nota schizofrenica chiude la giornata: la Fiom di Chieti ha proclamato in serata lo sciopero dello straordinario (di otto ore) per sabato 7 e domenica 8 maggio. Il motivo è la contestazione degli accordi di Mirafiori, per cui il sindacato chiede un nuovo testo e un referendum universale per tutti i lavoratori dell’azienda. Il fronte dell’unico sindacato oltranzista è definitivamente rotto.
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