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Diritto di critica | November 22, 2024

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La Campania dei veleni, lo studio ''segreto'' sui livelli di contaminazione a Napoli e Caserta - Diritto di critica

La Campania dei veleni, lo studio ”segreto” sui livelli di contaminazione a Napoli e Caserta

 

Scritto per noi da Vincenzo Pierri

Un dossier sui “fattori inquinanti” e sul grado di tossicità presente in gruppi di popolazione a differente rischio di esposizione, nel napoletano e nel casertano. L’indagine epidemiologica sullo stato di salute e sui livelli di contaminazione di matrici ambientali e alimentari nella Regione Campania si chiama Sebiorec (costata in tutto 250 mila euro) e venne commissionata nel 2007 dalla giunta di Antonio Bassolino. La ricerca rappresenta uno dei più imponenti studi di biomonitoraggio umano mai fatti in Italia.

Nonostante il rapporto non usi toni emergenziali («i livelli di esposizione non sono tali da giustificare uno stato d’allarme sanitario») emergono problemi considerevoli alla luce dei dati che hanno evidenziato anomalie dei pericolosi contaminanti, noti come diossine, nel sangue (legati anche al consumo di mozzarella e verdure) e alla presenza di arsenico negli acquedotti cittadini. Ufficialmente il lavoro non è ancora stato reso noto – a dispetto della sua definitiva stesura pronta dallo scorso dicembre e frutto di mesi di studio di un pool di scienziati e medici, ricercatori dell’Istituto superiore di sanità (Iss), del Cnr,  del Registro tumori e delle Asl locali. Gli esperti hanno prima analizzato 840 campioni ematici e 60 di latte materno per capire in che misura siano state assorbite le sostanze tossiche dagli abitanti di 16 città, a rischio ambientale, nelle due province campane (Napoli e Caserta).

Dati alla mano lo strato “medio” di diossine e metalli pesanti riscontrati è simile a quello di altre realtà nazionali ed europee, eppure sono evidenti i segnali di sofferenza della salute di alcune zone più contaminate rispetto ad altre. Nello specifico vengono indicati sei comuni con fattori di criticità medio– alti, luoghi in cui gli inquinanti hanno contaminato terreno, vegetali e animali, entrando così nella catena alimentare. Il rischio sanitario non è dunque trascurabile, per la presenza indesiderata di arsenico, a Villaricca e Qualiano, Caivano e Brusciano, a Giugliano (dove gli scienziati segnalano concentrazioni di mercurio) e a Napoli, zona Pianura, per la diossina tipo 2, 3, 7, 8 – T cdd, quella più pericolosa. Il degrado ambientale, derivato soprattutto dalla gestione impropria di rifiuti agricoli e industriali (quanto pesano i fumi tossici sprigionati dall’immondizia bruciata?), unito alla massiccia densità urbanistica di quest’area – secondo l’Istat 320 mila persone – hanno generato una relativa apprensione da parte degli addetti ai lavori i quali, si legge nel rapporto, prospettano in un futuro prossimo opere di bonifica delle sorgenti contaminate.

Continuando la mappatura, si scopre che sempre a Pianura la presenza di diossina cancerogena di tipo “Seveso” nei ragazzi maschi e nelle donne anziane è superiore a 2 picogrammi per grammo, mentre dovrebbe essere intorno a 1. A Nola si trovano invece i valori più alti per i Pcb (diossina-simili) e sulla superficie dell’Asl Napoli 3 e Napoli 4 (come Acerra, dove esiste l’inceneritore più grande d’Italia) e dell’Asl Caserta 1 potrebbero esistere fonti di veleno, in base al rilevamento di Pdbe (sostanze chimiche altamente nocive) nei reperti di latte. Non è tutto. Alcune valutazioni sono significative quando i dati scientifici si intrecciano con i questionari sulle abitudini e gli stili di vita fatti compilare ai donatori di sangue; i risultati hanno messo in evidenza un’aumentata esposizione agli inquinanti predetti per i consumatori di mozzarella e di verdura e questo accade nei territori localizzati in cui il problema dello smaltimento dei rifiuti è all’ordine del giorno (Castel Volturno, Villa Literno, Mugnano, solo per citarne alcuni). Gli scienziati, a tal proposito, propongono la messa a punto di  un sistema per misurare, nel tempo, l’impatto delle discariche sui prodotti alimentari locali senza tralasciare le altre vie di orientamento a cui può corrispondere un aumento del carico inquinante corporeo (body burden). Tenendo conto dei risultati generali del rapporto, gli uffici sanitari della Regione Campania hanno precisato che allo stato “non esistono casi di concentrazioni tali da determinare livelli di allerta sanitaria”. Si spera solo che questo come altri rapporti – vedi quelli sul rischio sismico – non restino lettera morta in un cassetto della regione.

SCARICA IL RAPPORTO (pdf): Studio_epidemiologico_Sebiorec_2010

Credit fotografie: Raffaele Scarfiglieri/Diritto di Critica 2011

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