Bahrain, la polizia sgombera la piazza della protesta - Diritto di critica
Le forze di sicurezza del Bahrein hanno rotto gli indugi. Sono entrate questa mattina a Pearl Square, simbolo della protesta sciita contro la monarchia sunnita che governa il paese arabo, e hanno cacciato i manifestanti in meno di due ore.
Lacrimogeni, rumore incessante degli elicotteri che pattugliavano i cieli del Financial District e alte colonne di fumo nero, a causa delle tende dei manifestanti date alle fiamme dai militari, hanno caratterizzato la mattinata della capitale Manama. In particolare a Pearl Square, dove sorge il bianco e imponente monumento dedicato all’unità dei sei paesi arabi del Golfo Persico. I violenti scontri proseguono già da martedì, quando il re del Bahrain ha dichiarato lo stato di emergenza e imposto la legge marziale per tre mesi in tutto il piccolo arcipelago arabo. Le notizie che arrivano sono contrastanti. La Reuters parla di tre morti e circa 200 feriti.
Crisi settaria
Anche se le proteste appaiano modeste se paragonate a quelle del resto dell’area, si tratta della crisi più grave mai esplosa in Bahrain dagli anni novanta. Lo scorso febbraio, migliaia di manifestanti hanno occupato alcuni luoghi simbolici della capitale, inclusa Pearl Square, per rivendicare le istanze della maggioranza sciita nei confronti della monarchia sunnita che governa il paese. Così, a differenza delle rivolte nordafricane in cui i cittadini si sono posti compatti contro un regime, il Bahrain è diviso dal settarismo. La situazione è precipitata del tutto all’inizio di questa settimana, in seguito all’arrivo nella capitale di almeno un migliaio di truppe provenienti da altri paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, composto dai sei stati arabi del Golfo, governati da élite sunnite, tra cui l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi. Finora hanno funzionato da semplice deterrente per i manifestanti, oltre che a proteggere le infrastrutture chiave del paese – petrolifere e legate all’acqua potabile. Ma una presenza militare di questo tipo ha preoccupato non poco la comunità internazionale, a cominciare dagli stati sciiti dell’area.
Il vicino sciita
Il ministro degli esteri iraniano, Ramin Mehmanparast, si è affrettato a definire “inaccettabile” l’intervento militare straniero in Bahrein. Ha, inoltre, chiarito che le “legittime richieste del popolo si sono espresse pacificamente” e che tale deve essere la reazione della monarchia barenita. Lo stesso Ahmadinejad si è espresso personalmente, ma con parole ben più dure: “Come può un paese che usa le armi contro il suo popolo pretendere di governarlo?”. il leader iraniano ha inoltre definito la mossa militare “pessima e destinata al fallimento”.
Del tutto simile la posizione del partito libanese di Hezbollah – su più fronti alleato di Teheran – resa nota dai suoi dirigenti attraverso un comunicato ufficiale. Ma con tutta probabilità, proprio la paura del re barenita che le proteste sciite possano venire strumentalizzate dal vicino rivale iraniano per spodestarlo ha spinto il Bahrain a richiedere l’aiuto dei paesi del Golfo.
Anche i paesi del G8 guardano con attenzione gli avvenimenti del Bahrain. E’ stato Franco Frattini ad esprimere “la grande preoccupazione” dei ministri dei paesi industrializzati, proprio a margine di quel summit di Parigi che avrebbe dovuto esprimersi sulla no-fly zone in Libia.
Comments