Libia, la lunga strada verso la democrazia - Diritto di critica
Se e quando Tripoli cadrà in mano ai rivoltosi, cosa succederà nella Libia post-Gheddafi? Fino ad ora la Libia ha saputo distinguersi, in materia di diritti umani, per la sua “unicità”, nel mondo arabo. Non esiste alcun tipo di garanzia per la tutela dei diritti umani in questo Paese. Non esiste una Costituzione, separazione dei poteri e tanto meno garanzie giuridiche. Tutto dipende dalla volontà di Gheddafi. Questo significa che in Libia non esistono neanche partiti politici costituiti o organizzazioni non governative (ONG). Addirittura, far parte di una ONG significa rischiare la pena di morte.
Ora che il regime sta cadendo, iniziano a venire alla luce tutti i crimini commessi dal Colonnello. Impossibile stilare un bilancio di tutte le persone che sono state giustiziate in questi ultimi lunghissimi quarant’anni. Solo il 28 giugno del 1996, Gheddafi ha fatto uccidere in tre ore 1270 prigionieri. Un caso tra tanti. Ha fatto uccidere una quarantina di oppositori che si trovavano in Europa occidentale, di cui 1 o 2 in Francia, una decina in Gran Bretagna, 15 in Italia ed in Grecia e 7-8 in Germania.
Morte, paura, violenza ed astuzia sono state usate dal Colonnello per eliminare ogni minima forma si opposizione al regime. Per questo non sarà facile per i libici ricostruire il Paese su basi democratiche. Prima di tutto, dovranno nascere dei partiti fino ad oggi assolutamente vietati. Erano stati cancellati a poco a poco fino al 1972. Una legge emanata quell’anno ha previsto la pena di morte per tutti coloro che sono membri di un partito politico o di un’organizzazione sindacale. Nonostante tutto, molti di questi movimenti esistenti in passato sono rimasti intatti (nazionalisti arabi, sinistra radicale, centro-destra, ecc). Non sono dotati di una propria struttura ma esistono. È sicuramente importante come primo passo verso la realizzazione di progetti per il futuro del Paese.
Ora l’unica strada percorribile è quella di elaborare una Costituzione, di metterla ai voti e di indire elezioni finalmente libere. Sembra che questa soluzione democratica sia l’unico antidoto al rischio di un colpo di stato. I militari che in passato hanno tentato di prendere il potere non hanno più voluto ripetere l’esperienza. Gli oppositori militari arrestati, in prigione hanno subito dei lavaggi del cervello tali che non sono più apparsi come possibili minacce.