L'Italia degli infermieri mancati - Diritto di critica
Simone ha 22 anni e un sogno nel cassetto. Non è un sogno grande, è “normale”; in fondo fare quello che si ama fare dovrebbe essere la regola. In Italia è l’eccezione. Simone ha studiato tre anni, si è laureato con il massimo dei voti per avere un posto in corsia, in uno dei tanti ospedali del Paese. Pensava che diventare infermiere fosse semplice: “ne servono tantissimi” continuavano a ripetergli. Non sapeva che anche se servono nessuno li cerca. Simone è arrabbiato, deluso. Passa le sue giornate ad inviare curricula e a selezionare bandi di concorso. Non gli importa se dovrà lasciare la sua casa, la sua famiglia. Per lui l’importante è poter lavorare. Si arrabbia ancora di più e si indigna quando, navigando qua a là sul web, scopre dati al limite del ridicolo.
Sulla base di quanto elaborato dall’Ipasvi (Federazione Nazionale Collegi Infermieri) il rapporto infermieri-abitanti in Italia è del 5,8 per mille. La media europea è dell’8,2. È il rapporto più basso tra tutti gli stati della Ue. Nel nostro paese mancano 50mila infermieri. Negli ultimi cinque anni le immatricolazioni ai corsi di laurea in scienze infermieristiche sono cresciute del 31,4%. Nonostante questo, gli 8mila laureati annuali non bastano a ricoprire i 13mila posti lasciati vacanti dal pensionamento. E il percorso formativo è unico ed esclusivo. Il centro-nord del Paese è l’area più colpita. Solo nell’Italia nord-orientale mancano 4.500 infermieri. Il Piemonte è la regione che registra le maggiori carenze con 3mila unità. L’incapacità di fronteggiare il fabbisogno assistenziale negli ospedali, costringe i professionisti sanitari regolarmente assunti a subire ingenti carichi di lavoro. Elemento che finisce per compromettere la qualità del servizio sanitario, oltre a favore l’usura psicofisica del soggetto che non rimanderà, a tempo dovuto, l’età del pensionamento.
Ma allora perché Simone è a casa? La crisi economica complessiva e gli ennesimi tagli previsti dalla legge finanziaria 2010/2011 hanno avuto conseguenze inevitabili anche sul settore sanitario, che rappresenta l’80% delle uscite in bilancio delle Regioni. Le aziende ospedaliere si sono viste costrette ad applicare pesanti restrizioni, molte delle quali erano già in atto, su personale e reparti: non si assume se non in sostituzione. Pochi i concorsi, che comunque offrono di rado assunzioni superiori alle 15 unità. Nel caso delle strutture private la situazione non è migliore: si cerca infatti di sopperire alle mancanze ricorrendo all’organico interno.
Poi ci sono gli stranieri che, stando ai dati del report internazionale “Azione per la salute globale”, rappresentano il 28,4% del personale infermieristico del nostro Paese. E la percentuale è in crescita. Sono immigrati per la maggior parte di nazionalità romena, peruviana e indiana. La tendenza ad assumere infermieri professionisti extracomunitari, per fronteggiare le carenze interne, è dominante in tutti gli stati della Ue. Tuttavia “Gli Stati dell’Unione europea non possono sempre contare sulla migrazione per rispondere ai propri bisogni sanitari, anche perché così impoveriscono di professionisti i paesi in via di sviluppo che si trovano ad affrontare emergenze sanitarie”. È quanto ha affermato Uber Alberti, presidente del Cestas (Organizzazione di Cooperazione Internazionale – Ente di Formazione) a pochi giorni dal “Forum Globale sulle risorse umane impiegate in sanità” tenutosi a Bangkok lo scorso gennaio. Gli infermieri stranieri vengono assunti con contratti brevi. Spesso e volentieri provengono da paesi dove le condizioni di lavoro sono precarie e i turni massacranti. Sono abituati a tutto e pretendono poco. Per questo le strutture ospedaliere talvolta ne privilegiano l’impiego, nonostante la loro formazione sia molto diversa da quella italiana.
Così Simone resta a casa. Almeno per il momento. Vittima di una disoccupazione che subdolamente si insinua anche in uno dei settori ritenuti meno a rischio. Nessun concorso. Nessun posto in corsia se non ha residenza nei pressi delle strutture ospedaliere prescelte. In molti casi non conta la disponibilità al trasferimento. Nessun posto in corsia se non ha esperienza. Peccato che quella si costruisca lavorando. O no?
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Andando avanti di questo passo ci toccherà lavorare come badanti
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bè è la mia storia…è un anno che sono laureato con lode e sto a casa… vagando di città in città consegno curricula.. ma nessuna possibilità di lavorare..
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Io sono laureata solo da 2 mesi circa e già mi sento una nullità… stare a casa aspettando la carità di qualcuno!! tutti si lamentano della sanità ma nessuno agisce!!!
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sono laureata da aprile ed ora faccio la segretaria per non stare a casa…nel pubblico nessun concorso e nel privato senza raccomandazione aimè non si fa nulla…questa è l’Italia…
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Laureata da Tre mesi e devo dire di essere stata “fortunata”..ho trovato non so come un Part time a chiamata in un centro prelievi. Vado a fare prelievi a domicilio (nelle varie zone della città, solitamente NON VICINE tra loro). Vista la crisi economica che c’è mi faccio andar bene anxche questo. Perchè? Perchè sei sottopagata, perchè ti chiamano il giorno prima per il giorno dopo con evidente conseguenza del non poterti organizzare, senza ferie pagate e senza malattia….Ma sono comunque stata fortunata….
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io faccio 3 lavori per portare a casa uno stipendio minimo (700 euro) e dove abito faranno sì un cocncorsa ma solo per incarichi, a ruolo non esce da anni ormai. ci arrangiamo come possiamo a causa di un sistema che non sa sfruttare le risorse
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Io sono un infermiere disoccupato, come Simone… ai concorsi pubblici siamo in migliaia per pochissimi posti. Questa è l’Italia della vergogna dove c’è chi spreca milioni di euro o chi non lavora e cc’è chi sta a casa vivendo a spese dei poveri genitori, ormai allo stremo.
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sono un’infermiera laureata nel 2009, rispetto agli altri sono fortunata perchè ho trovato lavoro in un ospedale classificato della provincia di venezia…..la nostra situazione attuale è che da dicembre riceviamo lo stipendio in ritardo di un mese, e la situazione non dà cenni di migliorare perchè ad oggi la regione deve ancora stanziare i soldi che ha promesso e di cui è debitrice. poi si aggiunge il nuovo piano sanitario per il 2013 dove probabilmente (o sicuramente) ci saranno dei tagli di posti letto (in teoria circa 130 dipendenti da “tagliare” nella mia struttura). noi intanto continuiamo a lavorare con dedizione e senza far mancare nulla ai nostri pazienti.
mq dove siamo finiti! noi abbiamo bisogno di lavorare ma in primis la gente ha bisogno di essere curata! -
Sono un’infermiera slovacca e da 1996 sono sposata con un italiano .Non sono riuscita per i motivi burocratici richiedere equipolenza e dopo 13 anni mi sono iscritta all’università italiana per insistenza dei amici e conoscenti.Dopo 3 anni ho preso la laurea sudata faticosamente a fianco della mia famiglia con 2 figli da crescere.Dal novembre 2010 ho mandato CV e lettere da presentazione da tutte le parti,ho avuto fortuna di incarico presso la Asl di Avezzano per 7 mesi e poi niente di più.Sono più che delusa,ho sempre vissuto nelle realtà dove le persone che valgono per quello che fanno,sono sempre ben accettate. E invece qui non ho filo di speranza……nè come straniera,nè come italiana.Mi chiedo che futuro stiamo costruendo per nostri figli,quelli non raccomandati ????? ??????????????????????????????????????????????????????????????????????????
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Sono tedesco e vivo
in Italia. Mia moglie è infermiera professionale ma non ha trovato
nessun lavoro in Italia. Per questo va a lavorare come libera
professionista in Germania per due a tre settimane ogni mese. Ora c’e
una grande necessità in Germania, si mancano gli infermieri e i
medici. Questa situazione offra buone opportunità e dà alle
infermiere e ai medici nuove possibilità di inserimento o di
reinserimento nella vita professionale. Io sto imbastendo un progetto
d’intermediazione insieme con gli ospedali tedeschi. A questo punto
non c’è niente di preciso, ma per dare una idea: Ci saranno
contratti di lavoro indeterminato con un corso intensivo di tedesco
all inizio, e dopo delle buone possibilità della formazione
permanente.
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