Nasce la prima “Carta mondiale dei migranti” per abbattere le frontiere - Diritto di critica
“Ogni individuo deve poter circolare e stabilirsi ovunque desideri”. Si apre così, la “Carta mondiale dei migranti”: un documento che, per la prima volta, “nasce dal basso, perché tutti siamo potenziali migranti”, sottolinea Cécile Kashetu Kyenge, coordinatrice nazionale e portavoce del movimento “Primo Marzo”, intervistata da Diritto di Critica. L’obiettivo del documento, redatto da associazioni e immigrati, è quello di “creare un mondo senza frontiere, con meno controlli e vincoli burocratici”. Non solo. Favorire “la partecipazione politica” e un’accoglienza intesa come condivisione, in cui lo straniero possa “mantenere la propria lingua e la propria identità”.
Lo spunto è nato dall’intuizione di un gruppo di “sans papiers” di Marsiglia, che nel 2006 hanno sfilato per dire no alle espulsioni: nell’arco di quattro anni, oltre 5mila persone hanno redatto un testo che mira ad abbattere i pregiudizi e promuovere la diversità come un valore.
Il documento ufficiale verrà concordato nell’Isola di Gorée (in Senegal) e presentato a Dakar, in occasione del Forum sociale internazionale (6-11 febbraio): il primo è certamente un luogo simbolico, in cui “si trova la Maison des Esclaves, dove venivano stoccati i prigionieri neri in partenza per le Americhe”, come ha spiegato, nei giorni scorsi, il coordinatore Jelloul Ben Hamida. Da qui, dunque, si riparte per voltare pagina. Quattordici articoli fissano le linee guida che poi dovranno essere applicate dai singoli stati. Una carta “di principi, non rivendicativa”, che definisce il migrante come “colui che ha cambiato la sua residenza”, spiega Cécile Kashetu Kyenge: ecco che allora questa “diventa una condizione che ci accomuna, perché tutti potremmo emigrare durante la nostra vita”.
Il documento si rivolge soprattutto alle istituzioni, affinché supportino gli immigrati nella loro quotidianità, partendo “dall’agevolazione sull’invio delle rimesse nei paesi d’origine, che oggi subiscono percentuali altissime”, continua la Kashetu Kyenge. Inoltre bisognerebbe favorire “la partecipazione politica attraverso il voto”, e un welfare che “punti al riconoscimento delle persone e dei diritti umani”, grazie a “un accesso più ugualitario agli aiuti per le abitazioni”.
La politica sociale e culturale dovrebbe “riconoscere la diversità come valore”, attraverso iniziative e incontri che possano permettere la conoscenza reciproca. Solo così la convivenza può diventare arricchimento: “Portare il bambino sulla schiena aiuterebbe tutte le madri, perché è un’usanza che trasmette tranquillità e affetto”. Oltre ad avere vantaggi medico-sanitari, dato che “la posizione a gambe divaricate aiuta a prevenire la lussazione congenita dell’anca”.
Dopo il Forum di Dakar, si proseguirà con la sensibilizzazione nei singoli paesi: “Si tratta di principi nuovi, le persone devono capirne il potenziale ed essere pronte ad accettarli”. Soprattutto in quei paesi, come l’Italia, “dove la legislazione alimenta la caccia al clandestino, perché la mancanza di lavoro è vista come una colpa”.
La Carta, oltre che alle istituzioni, sarà presentata anche “all’Onu, in modo che possa essere riconosciuta in una sorta di assemblea dei Popoli, a livello mondiale”.
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