Parità dei diritti, le Corti costituzionali dicono no (per ora) - Diritto di critica
Italia, Francia, Germania. Tre paesi e tre punti di partenza diversi, un unico percorso e un unico obiettivo. Partendo dal vuoto legislativo italiano, dai Pacs francesi e dalle convivenze registrare tedesche, diverse coppie hanno fatto ricorso ai tribunali convinte che le rispettive legislazioni non garantiscano la parità dei diritti rispetto alle coppie eterosessuali. Tutti i ricorsi sono poi finiti alle tre corti costituzionali; e due, quella italiana e quella francese, si sono già espresse con sentenze “allineate”.
Così come anche Paesi più progrediti in tema di diritti civili per le persone e per le coppie omosessuali si sono allineati alla strategia italiana di fare pressione sulla politica sentenze alla mano.
Sia la Consulta italiana che quella francese, pur stabilendo che le costituzioni prevedono solo il matrimonio tra un uomo ed una donna, hanno invitato i parlamentari a legiferare in materia (Italia) o comunque non hanno escluso la possibilità che la legislazione preveda la piena equiparazione (Francia).
Punti comuni sono le valutazioni delle due Supreme corti: non consentire alle coppie delle stesso sesso di sposarsi, riconoscendo pari diritti e conseguenti pari doveri rispetto alle coppie eterosessuali, non rappresenta una discriminazione anticostituzionale. Da questo punto di vista Robert Wintemute, professore di Diritto dei diritti umani al King’s College London, ripercorrendo una serie di “no”, a partire da quello della Corte suprema danese (1990), ritiene che l’insuccesso di questi ricorsi sia da imputare all’assenza in Europa, sin dal 1945, di legislazioni o norme espressamente discriminatorie sulla base razziale, nazionale o etnica. Al contrario, nei Paesi dove vige il modello common law, “l’esperienza statunitense di corti che hanno abolito leggi discriminatorie nei confronti di una minoranza razziale ha influenzato le corti del vicino Canada nel Sud Africa post-apartheid”. “Le corti costituzionali e supreme europee invece non sembrano intravedere nella minoranza gay e lesbica similitudini con minoranze religiose o razziali, o non considerano come loro compito quello di proteggere la minoranza gay e lesbica dalle decisioni discriminatorie, a livello legislativo, della maggioranza eterosessuale” scrive Wintemute concludendo che “fortunatamente, sin dal 1999, la Corte europea dei diritti umani nella sua giurisprudenza ha spesso mostrato di voler offrire quella protezione che avrebbero dovuto dare le corti nazionali e i legislatori”.
Rispetto al caso italiano e a quello francese, diverso è quello tedesco, dove si discute di adozioni, ma uguale è l’approdo, la Corte costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht). In Germania per le coppie gay non è prevista l’adozione congiunta, ma uno dei due partner può adottare il figlio biologico dell’altro; al contrario delle coppie eterosessuali che non hanno restrizioni. L’alta corte regionale di Amburgo, in una sentenza del dicembre scorso, di cui il 28 gennaio sono uscite le motivazioni, ritiene che ci sia “nella legge sulle adozioni ci sia una disparità di trattamento tra matrimoni e unioni civili”, che non è – secondo la corte – né costituzionale né nell’interesse dei bambini.
La parola spetta ora alla Corte costituzionale federale tedesca, ma non è stata ancora fissata nessuna data per l’udienza. Senza aspettare la sentenza, i Verdi tedeschi hanno invitato il governo a eliminare questa discriminazione tra coppie gay e coppie eterosessuali, figli biologici e figli non biologici.
Per il benessere dei figli. Figli di cui in Italia nessuno si preoccupa: oltre ad ignorare una realtà come le coppie tra persone dello stesso sesso, si ignorano i circa centomila bambini figli di coppie gay o nati da precedenti unioni eterosessuali di uno dei due genitori. Attualmente sono riconosciuti come figli di uno solo dei due genitori e nessuno si preoccupa di assicurargli pari diritti rispetto agli altri figli.
Nel frattempo il premier spagnolo Zapatero, intervistato lunedì da RTVE, ha citato la legge sui matrimoni gay come esempio delle cose migliori che ha fatto il suo governo.
E uno dei giudici dell’Audencia nacional (Alta corte nazionale), Fernando Grande-Marlaska, ha difeso con impeto e argomenti giuridici il matrimonio tra persone dello stesso sesso in un’intervista al vicedirettore di El Mundo, Casimiro García-Abadillo, all’interno del programma “En Confianza”. Per Grande-Marlaska il matrimonio gay è una logica evoluzione dell’istituto matrimoniale stesso.