Legittimo impedimento e referendum, al via l'udienza della Corte Costituzionale - Diritto di critica
I guai giudiziari del premier ancora in prima pagina, ancora all’attenzione degli italiani. Sotto la lente d’ingrandimento, il “legittimo impedimento” che – ancor prima del Federalismo – potrebbe condizionare o meno il ricorso alle urne da parte della maggioranza. Sbandierando una presunta “libertà” di governare, lontano dalle aule giudiziarie, il premier Silvio Berlusconi cerca di evitare ben tre processi: il caso Mills, il processo Mediaset e Mediatrade. Procedimenti già congelati all’aprile 2010, quando la legge è stata licenziata dall’Esecutivo.
Se la Corte Costituzionale dovesse rinvenire “profili di incostituzionalità” nell’assunto del testo legislativo, da venerdì Silvio Berlusconi tornerebbe a tutti gli effetti ad essere processabile. Tre, ad oggi, gli incerti tra i giudici chiamati ad esprimersi sul futuro giudiziario del nostro premier. A chiedere il ricorso alla Corte, i magistrati di Milano che hanno lamentato la violazione dell’art.138 della Costituzione (necessità di una legge costituzionale) e dell’articolo 3 (irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione). Giovedì prossimo il verdetto. A fare da ago della bilancia in caso di pareggio, il voto del presidente della Corte, Ugo De Siervo, di fresca nomina su indicazione del centro sinistra, eletto appena un mese fa. Il suo vice, Paolo Maddalena, è stato capo di Gabinetto dell’Istruzione durante la prima Repubblica. I giudici della Corte Costituzionale sono 15 e vengono eletti per un terzo dalla magistratura, un terzo dal Capo dello Stato e un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune.
La Corte, inoltre, si pronuncerà domani sull’ammissibilità di sei importanti referendum che inciderebbero – se approvati – su altrettanti provvedimenti presi dal governo. Quattro riguardano la privatizzazione dell’acqua, uno il “no” al nucleare e un ultimo proprio sul legittimo impedimento. Quest’ultimo ovviamente, si svolgerebbe solo nel caso in cui i giudici dovessero dichiararlo – e perdonate il gioco di parole – “legittimo”.
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