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Diritto di critica | November 22, 2024

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Rifugiati, diminuiscono gli arrivi ma l’accoglienza resta insufficiente - Diritto di critica

Rifugiati, diminuiscono gli arrivi ma l’accoglienza resta insufficiente

Si dimezzano le domande d’asilo ma non si ferma la richiesta di accoglienza. Sono oltre settemila le persone beneficiarie dello Sprar (Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati) nel 2009 (più del doppio dei posti disponibili), oltre 4mila nei primi quattro mesi del 2010. Nonostante il crollo degli sbarchi (-74% rispetto al 2008) e delle richieste d’asilo (- 43%), l’accoglienza resta difficile: posti insufficienti e liste d’attesa lunghissime (almeno un migliaio di persone alla fine del 2009), aumentano i casi di disagio mentale dovuti soprattutto ai viaggi più rischiosi, l’inserimento sociale diventa più lento e difficile a causa della crisi e del clima xenofobo.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto Sprar, sono 7845 le persone accolte (tra richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale) nell’ultimo anno, provengono soprattutto da Somalia, Eritrea, Afghanistan e Nigeria, continuano ad arrivare soprattutto via mare (più del 67% dei beneficiari Sprar), ma anche in aereo e via terra (attraverso il nord est o passando dalla Grecia). Aumentano i casi di disagio mentale (“dovuti alle rotte sempre più travagliate – sottolinea Daniela Di Capua, direttrice del Servizio centrale Sprar, intervistata da Diritto di Critica –  ma anche a una maggiore competenza degli operatori nell’individuare le vulnerabilità”) e i titolari di protezione sussidiaria (26%). Categorie più deboli, con meno diritti: “A differenza del rifugiato – spiega Fiorella Rathaus, responsabile settore sociale Cir a Diritto di Critica – i titolari di protezione sussidiaria non hanno diritto al ricongiungimento familiare automatico, ma devono dimostrare il possesso di alcuni prerequisiti. E la vicinanza della propria famiglia è fondamentale per l’integrazione”.

I percorsi di “accompagnamento” sono troppo brevi soprattutto per i soggetti più vulnerabili (in particolare donne con bambini): così spesso viene chiesto un prolungamento dell’accoglienza e i progetti di formazione vengono rallentati. Inoltre, più di 1600 degli accolti  proviene dai Cara: ciò significa che arrivano ai centri Sprar già con qualche forma di protezione e possono usufruire di un’accoglienza di sei mesi al massimo, senza possibilità di prolungamento (a differenza dei richiedenti asilo). Per questo “necessitano – spiega Daniela Di Capua – di percorsi individuali più rapidi e ancora più orientati all’integrazione”.

Obiettivo dello Sprar, un’accoglienza “integrata”, finalizzata al raggiungimento dell’autonomia, resa ancora più difficile dalla crisi economica: “Gli stessi rifugiati di lunga data – spiega Daniela Di Capua –  tornano a chiedere aiuto, perché hanno perso il lavoro o la casa”.

Ecco che allora alla conclusione del percorso non sempre corrisponde una capacità di inserimento nel tessuto sociale. “Manca un monitoraggio successivo all’accoglienza – sottolinea Daniela Di Capua -. Ciò che facilita questo percorso sono le reti locali che comprendono altri soggetti, come aziende o provincia. Ci sono alcuni tentativi importanti, come in Emilia Romagna o nella provincia di Torino”. Un’integrazione ostacolata anche dalla “chiusura razzista – aggiunge Fiorella Rathaus -, dovuta all’equazione immigrazione e sicurezza, che viene percepita dagli stessi rifugiati”.