Accordo socialisti-Podemos, se la Spagna svolta a sinistra
Tra le misure decise anche l’aumento del salario minimo nel 2019. Una manovra da tenere d’occhio, in attesa del parere della Ue
Nel burrascoso clima politico europeo, la Spagna conquista le luci della ribalta e ricompatta il centrosinistra con un accordo fondamentale per la stabilità del Paese, rivolto concretamente ai lavoratori e alle necessità dei cittadini. Un patto, tra il governo socialista e il partito Podemos, pacifico e lungimirante, pura fantascienza ormai per noi italiani, disabituati da tempo ad avere sulla scena attori politici di un centrosinistra “reale”. E pensare che solo quattro mesi fa il Paese iberico era governato dai popolari del centrodestra.
I punti fondamentali Il documento di 50 pagine è stato firmato a Madrid dal premier Pedro Sánchez e da Pablo Iglesias, leader di quel partito di rottura nato (similmente ai Cinque Stelle in Italia) come catalizzatore del malcontento popolare, ma collocatosi da subito, a differenza dei grillini, chiaramente a sinistra. La svolta principale è nell’aumento del salario minimo, che passerà entro la fine del 2019 dagli attuali 736 euro (14 mensilità) a 900 euro, un incremento del 21 per cento, mai visto in Spagna. Con l’ambizioso progetto di portarlo a 1000 euro nel 2020, per un impatto in termini di spesa calcolato sui 340 milioni di euro. Non solo: nel patto si stabiliscono anche provvedimenti per limare le differenze tra i contratti a tempo indeterminato e quelli temporanei, una maggiore tutela per i precari e seri controlli sulle false partite Iva.
Interventi nel sociale L’accordo prevede poi una serie di misure per contrastare la povertà e a protezione delle categorie sociali più delicate e delle famiglie, con facilitazioni quali la parificazione tra permesso di maternità e quello di paternità (16 settimane), l’aumento del contributo per figli a carico, l’accesso al sussidio di disoccupazione fino a 52 anni. Sarà rivisto al rialzo, inoltre, il budget del piano per le case popolari e ci saranno maggiori tutele per gli inquilini in affitto, dando alle municipalità il potere provvisorio di regolare i prezzi in città come Madrid e Barcellona, diventate carissime.
La patrimoniale La stampa spagnola definisce l’accordo tra socialisti e Podemos come il «più a sinistra della nostra storia dal ritorno della democrazia», e a confermarlo troviamo nel documento anche una sorta di patrimoniale: chi possiede beni per più di 10 miliardi vedrà aumentare la tassa su questi dell’1 per cento.
Mesi di trattative Sánchez e Iglesias arrivano alla firma dopo mesi di trattative, durante i quali Podemos ha ottenuto di mettere nero su bianco, in particolare, le questioni del reddito minimo, della riforma di affitti e piano case popolari e della legge su disabili e persone non autosufficienti. Ora il premier cerca ulteriore consenso e difende a spada tratta l’accordo: «Vogliamo mettere le persone al centro della politica – ha scritto su Twitter – lavoriamo perché altri partiti sottoscrivano questo documento generale, che nel 2019 amplierà i diritti e migliorerà la vita della gente».
I dubbi dell’opposizione I popolari lamentano che i provvedimenti decisi porteranno ad un inevitabile aumento della spesa e ad un concreto rischio per il controllo del deficit, sebbene il ministro delle Finanze María Jesús Montero abbia assicurato (i dati, però, non sono presenti nel documento) che le entrate derivate dalla riforma fiscale e dalla crescita economica saranno di 5,678 miliardi di euro, mentre la spesa per attuare questa riforma progressista è calcolata in 2,082 miliardi. In effetti non dobbiamo dimenticare che le linee generali dell’accordo dovranno essere presentate e discusse con l’Unione Europea: il premier Sánchez è atteso a Bruxelles per lunedì 15 ottobre, e dovrà garantire sulla fattibilità della manovra. Manovra che, almeno sulla carta, può avere un’importanza storica.
Nel burrascoso clima politico europeo, la Spagna conquista le luci della ribalta e ricompatta il centrosinistra con un accordo fondamentale per la stabilità del Paese, rivolto concretamente ai lavoratori e alle necessità dei cittadini. Un patto, tra il governo socialista e il partito Podemos, pacifico e lungimirante, pura fantascienza ormai per noi italiani, disabituati da tempo ad avere sulla scena attori politici di un centrosinistra “reale”. E pensare che solo quattro mesi fa il Paese iberico era governato dai popolari del centrodestra.
I punti fondamentali Il documento di 50 pagine è stato firmato a Madrid dal premier Pedro Sánchez e da Pablo Iglesias, leader di quel partito di rottura nato (similmente ai Cinque Stelle in Italia) come catalizzatore del malcontento popolare, ma collocatosi da subito, a differenza dei grillini, chiaramente a sinistra. La svolta principale è nell’aumento del salario minimo, che passerà entro la fine del 2019 dagli attuali 736 euro (14 mensilità) a 900 euro, un incremento del 21 per cento, mai visto in Spagna. Con l’ambizioso progetto di portarlo a 1000 euro nel 2020, per un impatto in termini di spesa calcolato sui 340 milioni di euro. Non solo: nel patto si stabiliscono anche provvedimenti per limare le differenze tra i contratti a tempo indeterminato e quelli temporanei, una maggiore tutela per i precari e seri controlli sulle false partite Iva.
Interventi nel sociale L’accordo prevede poi una serie di misure per contrastare la povertà e a protezione delle categorie sociali più delicate e delle famiglie, con facilitazioni quali la parificazione tra permesso di maternità e quello di paternità (16 settimane), l’aumento del contributo per figli a carico, l’accesso al sussidio di disoccupazione fino a 52 anni. Sarà rivisto al rialzo, inoltre, il budget del piano per le case popolari e ci saranno maggiori tutele per gli inquilini in affitto, dando alle municipalità il potere provvisorio di regolare i prezzi in città come Madrid e Barcellona, diventate carissime.
La patrimoniale La stampa spagnola definisce l’accordo tra socialisti e Podemos come il «più a sinistra della nostra storia dal ritorno della democrazia», e a confermarlo troviamo nel documento anche una sorta di patrimoniale: chi possiede beni per più di 10 miliardi vedrà aumentare la tassa su questi dell’1 per cento.
Mesi di trattative Sánchez e Iglesias arrivano alla firma dopo mesi di trattative, durante i quali Podemos ha ottenuto di mettere nero su bianco, in particolare, le questioni del reddito minimo, della riforma di affitti e piano case popolari e della legge su disabili e persone non autosufficienti. Ora il premier cerca ulteriore consenso e difende a spada tratta l’accordo: «Vogliamo mettere le persone al centro della politica – ha scritto su Twitter – lavoriamo perché altri partiti sottoscrivano questo documento generale, che nel 2019 amplierà i diritti e migliorerà la vita della gente».
I dubbi dell’opposizione I popolari lamentano che i provvedimenti decisi porteranno ad un inevitabile aumento della spesa e ad un concreto rischio per il controllo del deficit, sebbene il ministro delle Finanze María Jesús Montero abbia assicurato (i dati, però, non sono presenti nel documento) che le entrate derivate dalla riforma fiscale e dalla crescita economica saranno di 5,678 miliardi di euro, mentre la spesa per attuare questa riforma progressista è calcolata in 2,082 miliardi. In effetti non dobbiamo dimenticare che le linee generali dell’accordo dovranno essere presentate e discusse con l’Unione Europea: il premier Sánchez è atteso a Bruxelles per lunedì 15 ottobre, e dovrà garantire sulla fattibilità della manovra. Manovra che, almeno sulla carta, può avere un’importanza storica.