Siria, Trump minaccia la Russia. È allerta per possibili raid
Un tweet del Presidente aumenta la tensione con Putin sul Medio Oriente. L’ennesimo contenzioso sulla pelle dei civili di un Paese distrutto
L’incursione di Israele e le accuse della Russia agli Stati Uniti. Poi Trump che promette di vendicare l’attacco chimico sulla zona di Douma, in mano ai ribelli. Il botta e risposta tra Washington e Mosca sulla guerra in Siria è sempre più preoccupante: il ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato che i suoi esperti militari non hanno rilevato tracce di sostanze che dimostrino l’uso di armi chimiche sui civili. Dal canto suo, il Presidente Usa promette un’azione forte, convinto della responsabilità di «Mosca, Damasco o Teheran, o tutti insieme»; e mentre un cacciatorpediniere è già in viaggio verso la Siria, dalla pagina Twitter del capo della Casa Bianca arriva la minaccia di raid statunitensi sul territorio siriano: «Attenta Russia, stanno arrivando nuovi missili intelligenti, non metterti dalla parte dell’animale Assad che uccide il suo popolo e ne prova piacere». Subito l’ironica risposta russa in una nota: «I missili sono in grado di colpire i terroristi, invece del legittimo governo di Assad?». Prima del tweet di Trump, l’ambasciatore russo in Libano aveva ventilato in un’intervista l’ipotesi di colpire le basi di lancio dei missili sulle navi Usa al largo della Siria e del Libano stesso.
L’evacuazione Per le prossime 72 ore l’esercito di Damasco ha proclamato la massima allerta per il rischio di raid missilistici: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (che parla di “fonti concordanti”), i militari hanno evacuato tutti gli aeroporti e le principali basi sotto il loro controllo. La tensione e le minacce degli Usa hanno messo in allarme anche la navigazione civile sul Mediterraneo orientale, mentre l’organizzazione europea per la sicurezza dei voli (Eurocontrol) invita a deviare le rotte nell’area dell’Est Mediterraneo, lasciando vuoto lo spazio aereo sulla Siria. Ridotti anche gli aerei su Libano e Cipro.
Il precedente Interpellando i suoi generali, Trump potrebbe decidere una rappresaglia militare nei confronti di Damasco colpendone alcune postazioni sensibili. Già nell’aprile dello scorso anno, in seguito ad un presunto attacco con gas nervino sulla città di Khan Sheihoun, un cacciatorpediniere americano lanciò 60 missili “Tomahawk” su una base navale siriana.
Una terribile escalation La crisi siriana ebbe inizio sette anni fa, con la ribellione al regime di Assad. In seguito la guerra civile si è trasformata, coinvolgendo altri attori, spinti chi dai giochi di potere, chi dalla necessità di controllare le frontiere e non solo. Ribelli contro esercito regolare. Stato islamico. Russia. Stati Uniti. Poi la Turchia sui curdi e Israele sospettata di aver bombardato una base aerea del regime siriano, ad est della città di Homs. La Siria è il centro del mondo e il teatro di un orrore continuo e quasi non ce ne accorgiamo. Una terra lontana, ma più vicina di quanto ci sembra, in cui un popolo, o quel che ne resta, è l’unico a perdere. Non abbiamo dati aggiornati e cifre sicure, ma le vittime del conflitto già un anno fa si aggiravano al mezzo milione, e il numero è tristemente in continuo aggiornamento. Secondo le stime dell’Unhcr, l’agenzia Onu che si occupa dei rifugiati, i siriani che hanno abbandonato il Paese sono più di 5,6 milioni. Gli sfollati interni sono invece 6 milioni e mezzo.
L’incursione di Israele e le accuse della Russia agli Stati Uniti. Poi Trump che promette di vendicare l’attacco chimico sulla zona di Douma, in mano ai ribelli. Il botta e risposta tra Washington e Mosca sulla guerra in Siria è sempre più preoccupante: il ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato che i suoi esperti militari non hanno rilevato tracce di sostanze che dimostrino l’uso di armi chimiche sui civili. Dal canto suo, il Presidente Usa promette un’azione forte, convinto della responsabilità di «Mosca, Damasco o Teheran, o tutti insieme»; e mentre un cacciatorpediniere è già in viaggio verso la Siria, dalla pagina Twitter del capo della Casa Bianca arriva la minaccia di raid statunitensi sul territorio siriano: «Attenta Russia, stanno arrivando nuovi missili intelligenti, non metterti dalla parte dell’animale Assad che uccide il suo popolo e ne prova piacere». Subito l’ironica risposta russa in una nota: «I missili sono in grado di colpire i terroristi, invece del legittimo governo di Assad?». Prima del tweet di Trump, l’ambasciatore russo in Libano aveva ventilato in un’intervista l’ipotesi di colpire le basi di lancio dei missili sulle navi Usa al largo della Siria e del Libano stesso.
L’evacuazione Per le prossime 72 ore l’esercito di Damasco ha proclamato la massima allerta per il rischio di raid missilistici: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (che parla di “fonti concordanti”), i militari hanno evacuato tutti gli aeroporti e le principali basi sotto il loro controllo. La tensione e le minacce degli Usa hanno messo in allarme anche la navigazione civile sul Mediterraneo orientale, mentre l’organizzazione europea per la sicurezza dei voli (Eurocontrol) invita a deviare le rotte nell’area dell’Est Mediterraneo, lasciando vuoto lo spazio aereo sulla Siria. Ridotti anche gli aerei su Libano e Cipro.
Il precedente Interpellando i suoi generali, Trump potrebbe decidere una rappresaglia militare nei confronti di Damasco colpendone alcune postazioni sensibili. Già nell’aprile dello scorso anno, in seguito ad un presunto attacco con gas nervino sulla città di Khan Sheihoun, un cacciatorpediniere americano lanciò 60 missili “Tomahawk” su una base navale siriana.
Una terribile escalation La crisi siriana ebbe inizio sette anni fa, con la ribellione al regime di Assad. In seguito la guerra civile si è trasformata, coinvolgendo altri attori, spinti chi dai giochi di potere, chi dalla necessità di controllare le frontiere e non solo. Ribelli contro esercito regolare. Stato islamico. Russia. Stati Uniti. Poi la Turchia sui curdi e Israele sospettata di aver bombardato una base aerea del regime siriano, ad est della città di Homs. La Siria è il centro del mondo e il teatro di un orrore continuo e quasi non ce ne accorgiamo. Una terra lontana, ma più vicina di quanto ci sembra, in cui un popolo, o quel che ne resta, è l’unico a perdere. Non abbiamo dati aggiornati e cifre sicure, ma le vittime del conflitto già un anno fa si aggiravano al mezzo milione, e il numero è tristemente in continuo aggiornamento. Secondo le stime dell’Unhcr, l’agenzia Onu che si occupa dei rifugiati, i siriani che hanno abbandonato il Paese sono più di 5,6 milioni. Gli sfollati interni sono invece 6 milioni e mezzo.