Canone Rai, gli spot che piacciono tanto agli italiani
La proposta del Pd è un'ottima mossa elettorale per recuperare terreno. Una mossa che non risolve i problemi strutturali di questo paese
Una volta fu l’Ici. Poi cambiò nome e divenne Imu. Nonostante quest’operazione di plastica facciale, per gli italiani rimase la tassa più odiosa, per quanto una delle più giuste. Tassare le proprietà piuttosto che il lavoro. Ma il canone Rai è sempre stato il balzello per eccellenza, anche di fronte a un servizio pubblico che ha più volte dimostrato di essere poco pubblico e tanto “politico”. Eppure faceva poco clamore; in fondo il modo per non pagarlo si trovava sempre. Oggi, però, non si sfugge: viene inserito direttamente nella bolletta della luce.
Il walzer del canone. Ora il Partito Democratico propone la sua abolizione. Certo, dopo averlo inserito in bolletta e aver (giustamente) costretto tutte le famiglie italiane a pagarlo. Incoerenza pre-elettorale? In parte sì. Ma, a onor del vero, dobbiamo anche ricordare che l’inserimento in bolletta è coinciso con una riduzione di circa il 20% della quota dovuta. E dobbiamo anche ricordare che il Pd con alcuni emendamenti ha cercato di ridurre ulteriormente il canone in questi ultimi due anni. Poi i soldi non c’erano e gli emendamenti si sono dissolti come neve al sole.
Una piccola redistribuzione. Oggi il canone Rai è una tassa patrimoniale di 90 euro all’anno che viene applicata a tutte le famiglie anagrafiche che posseggono almeno un televisore. È una tassa non progressiva che pagano tutti, senza distinzione di reddito. Abolirla significa fare una piccola redistribuzione a favore dei più poveri. Con un meccanismo simile ai famosi 80 euro di Matteo Renzi. Un piccolo aiuto alle famiglie in difficoltà, ma che rimane uno spot, o poco più.
Quel jolly da giocare. Renzi questo lo sa bene. Non c’era bisogno che il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda glielo dovesse ricordare. Ma se il Pd vuole tentare di vincere o almeno di recuperare in questa campagna elettorale ha bisogno di un jolly da giocare. Perché gli italiani sono così: apprezzano solo ciò che vedono. Poco importa che le misure per rilanciare seriamente l’economia siano altre. Spiegare che cos’è il cuneo fiscale è una battaglia persa. Meglio cose semplici ed elementari. Carlo Calenda se ne faccia una ragione. Vada a spiegare agli italiani che questo governo ha rilanciato l’economia con misure serie e soprattutto responsabili nei confronti del debito pubblico. Vero o meno, prevale su ogni aspetto la sfiducia.
Il messaggio a Silvio. Inoltre, è un messaggio politico a Silvio Berlusconi. Infatti, una riduzione o un’abolizione del canone comporterebbe una revisione dei tetti pubblicitari televisivi, a danno di Mediaset che rischierebbe di raccogliere meno pubblicità. Il prezzo che l’ex cavaliere potrebbe pagare per l’alleanza quasi certa con la Lega di Matteo Salvini.
La sfiducia nell’aria. Se oggi il Pd è alla ricerca di una carta da giocare, di uno spot da dare in pasto agli elettori-consumatori (Berlusconi in questo è stato un grande maestro) è perché Renzi ha deluso le aspettative, aspettative probabilmente al di sopra delle capacità di questo Paese che versa in una situazione socio-economica più grave di quanto si pensi. Una crisi non solo economica ma, oggi, soprattutto sociale e culturale, con l’aumento delle diseguaglianze, con un’alta disoccupazione giovanile, con l’analfabetismo di ritorno, con un’economia ancora ingessata da norme e balzelli. Lacrime e sangue. È questa l’unica vera cura per questo paese. Ma nessuno andrà in tv o sul web a dirlo. Perché agli italiani la verità non interessa. Vogliono continuare a vivere nell’illusione che in fondo così si sopravvive bene e che un leader – magicamente – li salverà. E i 90 euro del canone faranno la differenza.
Una volta fu l’Ici. Poi cambiò nome e divenne Imu. Nonostante quest’operazione di plastica facciale, per gli italiani rimase la tassa più odiosa, per quanto una delle più giuste. Tassare le proprietà piuttosto che il lavoro. Ma il canone Rai è sempre stato il balzello per eccellenza, anche di fronte a un servizio pubblico che ha più volte dimostrato di essere poco pubblico e tanto “politico”. Eppure faceva poco clamore; in fondo il modo per non pagarlo si trovava sempre. Oggi, però, non si sfugge: viene inserito direttamente nella bolletta della luce.
Il walzer del canone. Ora il Partito Democratico propone la sua abolizione. Certo, dopo averlo inserito in bolletta e aver (giustamente) costretto tutte le famiglie italiane a pagarlo. Incoerenza pre-elettorale? In parte sì. Ma, a onor del vero, dobbiamo anche ricordare che l’inserimento in bolletta è coinciso con una riduzione di circa il 20% della quota dovuta. E dobbiamo anche ricordare che il Pd con alcuni emendamenti ha cercato di ridurre ulteriormente il canone in questi ultimi due anni. Poi i soldi non c’erano e gli emendamenti si sono dissolti come neve al sole.
Una piccola redistribuzione. Oggi il canone Rai è una tassa patrimoniale di 90 euro all’anno che viene applicata a tutte le famiglie anagrafiche che posseggono almeno un televisore. È una tassa non progressiva che pagano tutti, senza distinzione di reddito. Abolirla significa fare una piccola redistribuzione a favore dei più poveri. Con un meccanismo simile ai famosi 80 euro di Matteo Renzi. Un piccolo aiuto alle famiglie in difficoltà, ma che rimane uno spot, o poco più.
Quel jolly da giocare. Renzi questo lo sa bene. Non c’era bisogno che il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda glielo dovesse ricordare. Ma se il Pd vuole tentare di vincere o almeno di recuperare in questa campagna elettorale ha bisogno di un jolly da giocare. Perché gli italiani sono così: apprezzano solo ciò che vedono. Poco importa che le misure per rilanciare seriamente l’economia siano altre. Spiegare che cos’è il cuneo fiscale è una battaglia persa. Meglio cose semplici ed elementari. Carlo Calenda se ne faccia una ragione. Vada a spiegare agli italiani che questo governo ha rilanciato l’economia con misure serie e soprattutto responsabili nei confronti del debito pubblico. Vero o meno, prevale su ogni aspetto la sfiducia.
Il messaggio a Silvio. Inoltre, è un messaggio politico a Silvio Berlusconi. Infatti, una riduzione o un’abolizione del canone comporterebbe una revisione dei tetti pubblicitari televisivi, a danno di Mediaset che rischierebbe di raccogliere meno pubblicità. Il prezzo che l’ex cavaliere potrebbe pagare per l’alleanza quasi certa con la Lega di Matteo Salvini.
La sfiducia nell’aria. Se oggi il Pd è alla ricerca di una carta da giocare, di uno spot da dare in pasto agli elettori-consumatori (Berlusconi in questo è stato un grande maestro) è perché Renzi ha deluso le aspettative, aspettative probabilmente al di sopra delle capacità di questo Paese che versa in una situazione socio-economica più grave di quanto si pensi. Una crisi non solo economica ma, oggi, soprattutto sociale e culturale, con l’aumento delle diseguaglianze, con un’alta disoccupazione giovanile, con l’analfabetismo di ritorno, con un’economia ancora ingessata da norme e balzelli. Lacrime e sangue. È questa l’unica vera cura per questo paese. Ma nessuno andrà in tv o sul web a dirlo. Perché agli italiani la verità non interessa. Vogliono continuare a vivere nell’illusione che in fondo così si sopravvive bene e che un leader – magicamente – li salverà. E i 90 euro del canone faranno la differenza.