Buste di plastica e complotti. Così gli italiani si preparano al voto
Il 2018 inizia nel peggiore dei modi: le inutili polemiche per gli shopper bio a pagamento per frutta e verdura
Il 2018 inizia sotto i peggiori auspici. Nessuna crisi economica alle porte, nessuna calamità naturale. E anche una guerra nucleare sembra al momento poco probabile. In compenso aumentano le bollette di luce e gas e buona parte dei pedaggi autostradali. Eppure nessuno se ne è accorto. In tanti, invece, si sono accorti che dal 1° gennaio si paga la busta biodegradabile dove si mette la frutta sfusa acquistata al supermercato. Prezzo stratosferico: 1 o al massimo 2 centesimi l’una. Tutti pronti a indignarsi per questo gravosissimo balzello che inciderà sulle tasche degli italiani tra i 4 e i 10 euro a famiglia in un anno.
“Questa è una dittatura”. Così, sui social va in onda l’indignazione, condita da fake news di vario genere. “È un regalo che Renzi ha fatto a una sua amica che è l’unica imprenditrice che produce queste buste”, dicono i Perry Mason de noantri. Peccato che questi arguti scopritori di complotti assomiglino più a uno stonato Ispettore Gadget che al bravissimo investigatore protagonista di gialli e film. Le buste di plastica sono sempre state pagate nel prezzo finale della spesa fatta nel supermercato. Un costo spalmato sul prezzo dei prodotti. Questo perché anche per i supermercati quei sacchetti, finora, rappresentavano una voce di spesa.
“Perché farli pagare?”. Il motivo per il quale il prezzo dei sacchetti oggi è reso esplicito è per rendere le persone coscienti che la plastica inquina e questo inquinamento ha un costo. Così pagherà di più colui che userà il maggior numero di sacchetti di plastica (per esempio con una spesa quotidiana e ridotta ad un ortaggio o frutto per ogni busta).
“Non puoi usare una tua busta”. È vero. Per motivi di organizzazione o per questioni igieniche i supermercati non permettono di utilizzare buste usate o di altra tipologia. Resta la libertà di scegliere di acquistare la frutta e la verdura ai mercati rionali dove i commercianti vi consegneranno “gratuitamente” la famosa busta di carta.
“E l’amica di Renzi?”. Sono 150 le aziende che producono in Italia sacchetti biodegradabili leggeri e che danno lavoro a circa 4mila persone. Sicuramente tutti amici del segretario del Partito Democratico.
“Sì, ma questi guadagneranno milioni di euro”. Vero. Anzi, giustissimo. Chi produce materiale meno inquinante deve essere incentivato, anche nel mercato delle buste di plastica. Chi guadagnerà di meno saranno le aziende che non hanno innovato il proprio sistema di produzione. Un gioco a somma zero, anche in ambito occupazionale.
I giornali, che tristezza. I giornali di opposizione, su questo tema, sono la raccolta dei più insulsi luoghi comuni, scritti da giornalisti con lo spirito da blogger e con una vena da hater. Insomma, pur di attaccare Renzi e il governo, addio alla verità e alla continenza, parole chiave della deontologia professionale. Segno che la stampa in Italia soffre di due mali gravi: la partigianeria e l’incompetenza. Un serio danno per un paese che tra due mesi andrà al voto, con le idee sempre più confuse e in preda all’ignoranza.
Il 2018 inizia sotto i peggiori auspici. Nessuna crisi economica alle porte, nessuna calamità naturale. E anche una guerra nucleare sembra al momento poco probabile. In compenso aumentano le bollette di luce e gas e buona parte dei pedaggi autostradali. Eppure nessuno se ne è accorto. In tanti, invece, si sono accorti che dal 1° gennaio si paga la busta biodegradabile dove si mette la frutta sfusa acquistata al supermercato. Prezzo stratosferico: 1 o al massimo 2 centesimi l’una. Tutti pronti a indignarsi per questo gravosissimo balzello che inciderà sulle tasche degli italiani tra i 4 e i 10 euro a famiglia in un anno.
“Questa è una dittatura”. Così, sui social va in onda l’indignazione, condita da fake news di vario genere. “È un regalo che Renzi ha fatto a una sua amica che è l’unica imprenditrice che produce queste buste”, dicono i Perry Mason de noantri. Peccato che questi arguti scopritori di complotti assomiglino più a uno stonato Ispettore Gadget che al bravissimo investigatore protagonista di gialli e film. Le buste di plastica sono sempre state pagate nel prezzo finale della spesa fatta nel supermercato. Un costo spalmato sul prezzo dei prodotti. Questo perché anche per i supermercati quei sacchetti, finora, rappresentavano una voce di spesa.
“Perché farli pagare?”. Il motivo per il quale il prezzo dei sacchetti oggi è reso esplicito è per rendere le persone coscienti che la plastica inquina e questo inquinamento ha un costo. Così pagherà di più colui che userà il maggior numero di sacchetti di plastica (per esempio con una spesa quotidiana e ridotta ad un ortaggio o frutto per ogni busta).
“Non puoi usare una tua busta”. È vero. Per motivi di organizzazione o per questioni igieniche i supermercati non permettono di utilizzare buste usate o di altra tipologia. Resta la libertà di scegliere di acquistare la frutta e la verdura ai mercati rionali dove i commercianti vi consegneranno “gratuitamente” la famosa busta di carta.
“E l’amica di Renzi?”. Sono 150 le aziende che producono in Italia sacchetti biodegradabili leggeri e che danno lavoro a circa 4mila persone. Sicuramente tutti amici del segretario del Partito Democratico.
“Sì, ma questi guadagneranno milioni di euro”. Vero. Anzi, giustissimo. Chi produce materiale meno inquinante deve essere incentivato, anche nel mercato delle buste di plastica. Chi guadagnerà di meno saranno le aziende che non hanno innovato il proprio sistema di produzione. Un gioco a somma zero, anche in ambito occupazionale.
I giornali, che tristezza. I giornali di opposizione, su questo tema, sono la raccolta dei più insulsi luoghi comuni, scritti da giornalisti con lo spirito da blogger e con una vena da hater. Insomma, pur di attaccare Renzi e il governo, addio alla verità e alla continenza, parole chiave della deontologia professionale. Segno che la stampa in Italia soffre di due mali gravi: la partigianeria e l’incompetenza. Un serio danno per un paese che tra due mesi andrà al voto, con le idee sempre più confuse e in preda all’ignoranza.