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Diritto di critica | November 8, 2024

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Catalogna al voto per il dopo-Puigdemont

Più di cinque milioni di cittadini per le elezioni che rinnoveranno Parlamento regionale, governo e Presidente. Ma i due poli difficilmente raggiungeranno la maggioranza senza alleanze.

Costituzionalisti contro indipendentisti. Campagna elettorale serrata e il contributo a distanza dell’esiliato Puigdemont per la tornata elettorale catalana piena di incertezze e dubbi sul futuro. Tra poche ore sapremo chi governerà la Catalogna, ma dopo mesi di scontri e rivendicazioni, l’arresto dei collaboratori del leader e la sua fuga a Bruxelles, non sarà facile proseguire la “battaglia” per la secessione e scartare ancora una volta l’opzione dell’accordo e del dialogo. Anche perché la maggioranza per governare, da una parte o dall’altra, non è affatto scontata. Tra i partiti unitari, i liberali di “Ciudadanos” sono dati poco sopra al 20 per cento, i socialisti sotto il 15 e i popolari del premier Rajoy appena al 5 per cento. Sul versante opposto, sembrerebbe in calo JxCat di Puigdemont, comunque sempre intorno al 20 per cento, mentre il partito Erc (Sinistra Repubblicana di Catalogna) dell’ex vicepresidente Junqueras, che si trova ancora in carcere, è dato a qualche punto in più. In ogni caso, alleanze ibride o meno, la parte più difficile sarà quella di non deludere gli elettori: la situazione catalana è ad un punto di non ritorno, sbloccarla porterà rischi in un senso o nell’altro.

I sondaggi sul “País” Secondo il quotidiano spagnolo, i sondaggi dicono che il 20 per cento dei catalani voterà diversamente rispetto alla tornata del 2015; a beneficiarne saranno soprattutto Erc e Ciudadanos. Ma, di fatto, l’elettorato che si sposterà da un partito all’altro lo farà all’interno dello stesso “blocco”, vista la frattura ormai consolidata tra chi vuole l’indipendenza e chi difende l’unità nazionale. Gli indipendentisti sarebbero intorno al 49 per cento.

Una difficile previsione Molto del futuro della Catalogna (e quindi della Spagna e della Ue) dipenderà quindi dalle elezioni di queste ore, che prospettano almeno tre possibili scenari: una maggioranza netta degli indipendentisti significherebbe una sconfitta per il governo centrale e una secessione più che ipotizzabile; una percentuale superiore al 40 per cento si tradurrebbe probabilmente in una fase di ardui e lunghi negoziati; al di sotto del 30 per cento, infine, la causa catalana sarà rinviata e messa nuovamente a tacere. Di fatto, però, la spaccatura non si può più ignorare: l’ex vice Presidente Junqueras e altri tre dirigenti secessionisti sono ancora detenuti in attesa di giudizio per ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici in seguito al referendum e alla proclamazione illegale della Repubblica catalana, lo scorso 27 ottobre. Dal suo esilio in Belgio, assieme a quattro ex ministri, Puigdemont ha parlato attraverso Twitter: «Oggi dimostreremo di nuovo la forza di un popolo indomabile, che lo spirito del primo ottobre ci guidi sempre».