Val d'Arán, la Catalogna “francese” che vuole Madrid
Riconosciuta “unica” e autonoma da due anni, il piccolo avamposto al confine con la Francia conferma fedeltà al governo centrale. Ecco un angolo di Spagna inedito e poco conosciuto.
Anche la Catalogna ha una Catalogna al suo interno. Che preferisce un’autonomia sotto l’egida spagnola. La Valle de Arán è un’esigua regione che si estende oltre la linea naturale dei Pirenei, a pochi passi dal suolo francese. È una delle 13 comarche (insieme di Comuni) della provincia catalana di Lleida, e i suoi novemila abitanti sono gli unici, all’interno della Comunità Autonoma e in tutta la Spagna, ad avere ben tre lingue ufficiali (oltre a spagnolo e catalano, l’aranese, un dialetto antico derivante dall’occitano) e a poter decidere, grazie ad una normativa apposita, in maniera libera del loro futuro. Che sarà, come oggi, con Madrid. Se la Catalogna dovesse essere mai riconosciuta indipendente, la valle chiederebbe infatti di uscire dal nuovo ordinamento: «Potremmo scegliere con un referendum di andare sotto la giurisdizione dell’Aragona», hanno detto volti noti della zona ai media spagnoli; e ancora: «Ci sentiamo socialmente e culturalmente, anche per la nostra posizione pirenaica, più vicini ai baschi che ai catalani. Noi non vogliamo rompere né con la Spagna né con la Catalogna. Ma sicuramente non saremo mai catalani».
Una legge speciale Contesa nei secoli da spagnoli e francesi, la Valle de Arán ha una lunga storia di autogestione, anche a causa di un territorio montano che in passato è rimasto isolato per lunghi periodi (il 30 per cento di esso si trova a più di duemila metri di altitudine). Dopo alcune concessioni nel 1990, dal 2015 la valle ha ottenuto la “Ley de Régimen Especial de Arán”, uno Statuto di libertà di autodeterminazione approvato dal governo centrale e da quello di Barcellona, che hanno accettato le condizioni del sindaco locale con un’udienza in videoconferenza: Madrid ha riconosciuto la peculiarità geografica e culturale della regione e la scelta dell’aranese come prima lingua, e ha confermato la costituzionalità della legge. Il documento ha dotato l’Arán di una propria suddivisione territoriale, bandiera, inno e festa nazionale. Il Parlamento catalano, da parte sua, non si è opposto al “diritto di decidere del popolo aranese, che è parte della realtà nazionale occitana”.
No alla secessione Da allora il territorio si è allontanato simbolicamente sempre di più da Barcellona, valorizzando il patrimonio linguistico e culturale con le proprie forze. Anzi, secondo Francisco Boya, leader del partito Unidad de Arán–Partido Nacionalista Aranés, il governo catalano si è quasi “dimenticato” della valle: «Abbiamo poche sovvenzioni, e normative approvate ferme in un cassetto dal 2011. Il nostro budget si è ridotto negli anni e Barcellona ci deve ancora 8 milioni di euro in finanziamenti. Sicuramente non siamo soddisfatti». Non è un caso, del resto, che alla consultazione sull’indipendenza della Catalogna del novembre 2014 qui sia stata registrata la più bassa percentuale di “sì”. L’indipendenza, come dicono da quelle parti, porterebbe solo isolamento e perdita economica, per una regione che ha trovato il suo equilibrio vivendo di allevamento e soprattutto turismo: «La realtà della valle è diversa – ha dichiarato il politico – qui la spinta indipendentista è minoritaria. I nostri commerci e la nostra economia ottengono solo benefici dall’unità nazionale e dalla permanenza nella Ue».
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No alla secessione Da allora il territorio si è allontanato simbolicamente sempre di più da Barcellona, valorizzando il patrimonio linguistico e culturale con le proprie forze. Anzi, secondo Francisco Boya, leader del partito Unidad de Arán–Partido Nacionalista Aranés, il governo catalano si è quasi “dimenticato” della valle: «Abbiamo poche sovvenzioni, e normative approvate ferme in un cassetto dal 2011. Il nostro budget si è ridotto negli anni e Barcellona ci deve ancora 8 milioni di euro in finanziamenti. Sicuramente non siamo soddisfatti». Non è un caso, del resto, che alla consultazione sull’indipendenza della Catalogna del novembre 2014 qui sia stata registrata la più bassa percentuale di “sì”. L’indipendenza, come dicono da quelle parti, porterebbe solo isolamento e perdita economica, per una regione che ha trovato il suo equilibrio vivendo di allevamento e soprattutto turismo: «La realtà della valle è diversa – ha dichiarato il politico – qui la spinta indipendentista è minoritaria. I nostri commerci e la nostra economia ottengono solo benefici dall’unità nazionale e dalla permanenza nella Ue».
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