L'Europa al bivio tra Trump, Brexit e Putin - Diritto di critica
Il Vecchio continente è oggi più solo e rischia di lacerarsi. La situazione ideale per Mosca che vuole riaffermare la sua egemonia
Tra Brexit, Trump e Putin. Così l’Europa è al bivio. O cresce, o muore. O si dota di una vera politica estera e di difesa comune o soccomberà, schiacciata dall’ingombrante e pericoloso vicino russo e ignorata dall’oramai ex amico americano. Perché oggi, più che mai, a mettere in pericolo il progetto europeo sono, prima ancora degli elementi socio-economici interni, gli equilibri geopolitici mondiali.
Brexit e Trump, i guai dell’Europa. Nel 2016 il mondo occidentale ha vissuto due fenomeni che hanno radicalmente cambiato i suoi equilibri: il voto sulla Brexit e l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Da un lato l’Europa ha perduto un suo importante tassello, la Gran Bretagna (anche se il percorso di distacco è solo iniziato). Dall’altro il Vecchio Continente ha subito l’elezione inaspettata di un uomo che ha imposto una brusca virata alla politica estera degli Stati Uniti, andando al di là del perimetro che lo stesso Partito repubblicano si era dato dal dopoguerra fino ad oggi.
La “chiusura” del Tycoon. “Chiudere le frontiere e farlo il prima possibile”. È questo il mantra che il presidente statunitense sembra ripetere continuamente. “Americans first”, prima gli americani. Così erge il muro fisico lungo il confine con il Messico (anche se bisogna ricordare che una barriera c’era già) e innalza un muro virtuale nei confronti dell’Europa. Dazi e addio a qualsiasi accordo di libero scambio. Basta con la Vespa e con l’Acqua San Pellegrino, perché “American first”. Ed è subito scontro con il governo messicano e con l’Europa. Prima Trump paventa un fantomatico intervento militare al confine meridionale degli Stati Uniti, poi litiga con gli europei sulla Nato, per bocca di Rex Tillerson, nuovo segretario di Stato, il quale definisce l’Alleanza atlantica obsoleta, e poi minaccia i propri alleati: «Il nostro obiettivo deve essere quello di avere al prossimo vertice di maggio l’accordo che entro la fine dell’anno tutti gli alleati o rispettano la promessa fatta o presentino piani che articolino chiaramente come sarà rispettata». Ovviamente la promessa riguarda l’innalzamento delle spese militari che entro il 2024, per volere di Washington, dovranno ammontare al 2% del Pil di ciascun paese. “Ognuno ci metta del suo perché gli Usa sono stanchi di coprire le mancanze europee”, sembrano voler dire dalla Casa Bianca. Ma non sarà facile per l’Europa incrementare le spese militari. Perché esiste un’opinione pubblica fortemente contraria e perché molti governi sarebbero costretti a togliere soldi a sanità e scuola per raggiungere l’obiettivo del 2%.
Brexit, primo tassello. Così, mentre Trump lascia l’Europa un po’ più sola, dall’altra parte Putin è sempre più aggressivo, rinvigorito dalla vittoria del Tycoon e dal rafforzarsi delle forze politiche europee populiste. Così, mentre l’appoggio di Trump ai paesi dell’Unione più esposti alla minaccia russa non più così scontato rispetto all’amministrazione Obama (non a caso Mosca appoggiava apertamente la candidatura del neo presidente), Putin – fiaccato dalle sanzioni internazionali – rialza la testa. Lo fa in Ucraina e lo fa con i paesi baltici, ad iniziare dalla Lituania, ex repubblica dell’impero sovietico. Nel contempo la Finlandia innalza il suo livello di sicurezza di fronte ad una possibile invasione russa, e la Svezia annuncia di voler ripristinare il servizio di leva obbligatorio. Ma Putin, prima di muoversi, attenderà che l’Unione europea imploda. La Brexit è solo il primo tassello. Il Regno Unito, portabandiera degli anti-Putin europei, si ritrova più solo e rischia di perdere la Scozia e di arrivare ai ferri corti con la Spagna per la questione di Gibilterra. Ma la Brexit non è solo un problema economico e finanziario: la Ue rischia di perdere anche un fondamentale alleato sotto il profilo militare.
I populismi d’Europa. Al di là delle scelte di Londra, anche a Parigi e Roma qualche preoccupazione c’è. La Francia convive con lo spettro di Marine Le Pen, mentre in Italia le forze anti-europee avrebbero, secondo i sondaggi, la maggioranza assoluta se si votasse oggi con la legge elettorale uscita dalla Consulta. Così, Movimento 5 Stelle e Lega Nord potrebbero arrivare al governo e dare il via all’Italexit. Non è forse un caso, secondo fonti dell’amministrazione americana, che «M5S e Lega hanno intensi legami con Mosca». Un’Europa a pezzi è lo scenario migliore per Putin per occupare (o rioccupare) i territori che un tempo facevano parte della sfera di influenza russa, come parte dell’Ucraina, la Transnistria e le repubbliche baltiche, e per ergersi a ruolo di guida di un nuovo sistema euro-asiatico, dove Washington non sarà contemplata.
Gli amici di Putin, il dittatore. «In Russia non tutti i diritti vengono rispettati, lo sappiamo. Ma sappiamo che anche negli Usa e in Italia non vengono rispettati. Quindi chi siamo noi per giudicare?». Con queste parole Alessandro Di Battista, esponente di punta del Movimento, cerca di spegnere le polemiche sui rapporti tra M5S e il Cremlino. Ma sta proprio qui il punto. In Russia il dissenso viene soffocato con il pugno duro. Gli omosessuali vengono discriminati e i giornalisti vengono fatti sparire. Possiamo dire lo stesso degli Stati Uniti e del governo italiano? È questo il modello che vogliamo seguire come europei e italiani? Perché questo modello, se non lo vogliamo, qualcuno – in un futuro non troppo lontano – ce lo potrebbe comunque imporre. Perché se l’Europa non rilancia se stessa, senza gli Usa soccomberà.
Tra Brexit, Trump e Putin. Così l’Europa è al bivio. O cresce, o muore. O si dota di una vera politica estera e di difesa comune o soccomberà, schiacciata dall’ingombrante e pericoloso vicino russo e ignorata dall’oramai ex amico americano. Perché oggi, più che mai, a mettere in pericolo il progetto europeo sono, prima ancora degli elementi socio-economici interni, gli equilibri geopolitici mondiali.
Brexit e Trump, i guai dell’Europa. Nel 2016 il mondo occidentale ha vissuto due fenomeni che hanno radicalmente cambiato i suoi equilibri: il voto sulla Brexit e l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Da un lato l’Europa ha perduto un suo importante tassello, la Gran Bretagna (anche se il percorso di distacco è solo iniziato). Dall’altro il Vecchio Continente ha subito l’elezione inaspettata di un uomo che ha imposto una brusca virata alla politica estera degli Stati Uniti, andando al di là del perimetro che lo stesso Partito repubblicano si era dato dal dopoguerra fino ad oggi.
La “chiusura” del Tycoon. “Chiudere le frontiere e farlo il prima possibile”. È questo il mantra che il presidente statunitense sembra ripetere continuamente. “Americans first”, prima gli americani. Così erge il muro fisico lungo il confine con il Messico (anche se bisogna ricordare che una barriera c’era già) e innalza un muro virtuale nei confronti dell’Europa. Dazi e addio a qualsiasi accordo di libero scambio. Basta con la Vespa e con l’Acqua San Pellegrino, perché “American first”. Ed è subito scontro con il governo messicano e con l’Europa. Prima Trump paventa un fantomatico intervento militare al confine meridionale degli Stati Uniti, poi litiga con gli europei sulla Nato, per bocca di Rex Tillerson, nuovo segretario di Stato, il quale definisce l’Alleanza atlantica obsoleta, e poi minaccia i propri alleati: «Il nostro obiettivo deve essere quello di avere al prossimo vertice di maggio l’accordo che entro la fine dell’anno tutti gli alleati o rispettano la promessa fatta o presentino piani che articolino chiaramente come sarà rispettata». Ovviamente la promessa riguarda l’innalzamento delle spese militari che entro il 2024, per volere di Washington, dovranno ammontare al 2% del Pil di ciascun paese. “Ognuno ci metta del suo perché gli Usa sono stanchi di coprire le mancanze europee”, sembrano voler dire dalla Casa Bianca. Ma non sarà facile per l’Europa incrementare le spese militari. Perché esiste un’opinione pubblica fortemente contraria e perché molti governi sarebbero costretti a togliere soldi a sanità e scuola per raggiungere l’obiettivo del 2%.
Brexit, primo tassello. Così, mentre Trump lascia l’Europa un po’ più sola, dall’altra parte Putin è sempre più aggressivo, rinvigorito dalla vittoria del Tycoon e dal rafforzarsi delle forze politiche europee populiste. Così, mentre l’appoggio di Trump ai paesi dell’Unione più esposti alla minaccia russa non più così scontato rispetto all’amministrazione Obama (non a caso Mosca appoggiava apertamente la candidatura del neo presidente), Putin – fiaccato dalle sanzioni internazionali – rialza la testa. Lo fa in Ucraina e lo fa con i paesi baltici, ad iniziare dalla Lituania, ex repubblica dell’impero sovietico. Nel contempo la Finlandia innalza il suo livello di sicurezza di fronte ad una possibile invasione russa, e la Svezia annuncia di voler ripristinare il servizio di leva obbligatorio. Ma Putin, prima di muoversi, attenderà che l’Unione europea imploda. La Brexit è solo il primo tassello. Il Regno Unito, portabandiera degli anti-Putin europei, si ritrova più solo e rischia di perdere la Scozia e di arrivare ai ferri corti con la Spagna per la questione di Gibilterra. Ma la Brexit non è solo un problema economico e finanziario: la Ue rischia di perdere anche un fondamentale alleato sotto il profilo militare.
I populismi d’Europa. Al di là delle scelte di Londra, anche a Parigi e Roma qualche preoccupazione c’è. La Francia convive con lo spettro di Marine Le Pen, mentre in Italia le forze anti-europee avrebbero, secondo i sondaggi, la maggioranza assoluta se si votasse oggi con la legge elettorale uscita dalla Consulta. Così, Movimento 5 Stelle e Lega Nord potrebbero arrivare al governo e dare il via all’Italexit. Non è forse un caso, secondo fonti dell’amministrazione americana, che «M5S e Lega hanno intensi legami con Mosca». Un’Europa a pezzi è lo scenario migliore per Putin per occupare (o rioccupare) i territori che un tempo facevano parte della sfera di influenza russa, come parte dell’Ucraina, la Transnistria e le repubbliche baltiche, e per ergersi a ruolo di guida di un nuovo sistema euro-asiatico, dove Washington non sarà contemplata.
Gli amici di Putin, il dittatore. «In Russia non tutti i diritti vengono rispettati, lo sappiamo. Ma sappiamo che anche negli Usa e in Italia non vengono rispettati. Quindi chi siamo noi per giudicare?». Con queste parole Alessandro Di Battista, esponente di punta del Movimento, cerca di spegnere le polemiche sui rapporti tra M5S e il Cremlino. Ma sta proprio qui il punto. In Russia il dissenso viene soffocato con il pugno duro. Gli omosessuali vengono discriminati e i giornalisti vengono fatti sparire. Possiamo dire lo stesso degli Stati Uniti e del governo italiano? È questo il modello che vogliamo seguire come europei e italiani? Perché questo modello, se non lo vogliamo, qualcuno – in un futuro non troppo lontano – ce lo potrebbe comunque imporre. Perché se l’Europa non rilancia se stessa, senza gli Usa soccomberà.
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atlantisti d’ accatto. Pietosi e patetici.
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atlantisti d’ accatto. Pietosi e patetici.
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Ci farebbe piacere se argomentasse. O è capace solo ad insultare?
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