E adesso? - Diritto di critica
Matteo Renzi, pur nella sconfitta, ha giocato in contropiede. Le sua decisione di dimettersi, a un’ora e mezza dalla chiusura dei seggi dopo il voto sulla riforma costituzionale, ha consegnato “onore e oneri” della vittoria al fantomatico fronte del NO, un’armata Brancaleone formata a vario titolo dai soliti Matteo Salvini, Renato Brunetta, Alessandro Di Battista e compagnia, che poco dopo il primo Exit Poll già inondavano studi e “maratone televisive” con roboanti dichiarazioni di trionfo. Da Forza Italia, che con Brunetta chiedeva alla maggioranza di andare avanti e continuare a governare, al Movimento 5 Stelle che ha chiesto elezioni subito e proprio con quella legge che per mesi ha bistrattato (“crea un Parlamento di nominati!”, andavano raccontando a tutti), alla Lega Nord di Matteo Salvini che ha fatto prontamente sapere: “Noi siamo pronti”. Non si sa bene a cosa, però. Già perché – a ben guardare lo schieramento che si è opposto a Renzi – il Movimento 5 Stelle non ha ancora la forza (ma soprattutto ogni giorno di più dimostra di mancare di competenze) per governare, Forza Italia è in crisi ormai da anni, la Lega Nord arranca nonostante i proclama sempre uguali di Matteo Salvini, mentre la Sinistra “a sinistra” del Pd è inchiodata ben al di sotto del 4%.
Dal canto suo, stanotte Renzi è stato perfetto: ha ammesso la sconfitta, ha bypassato le accuse di volersi tenere la poltrona che già più di qualcuno aveva in tasca, e si è dimesso con un atteggiamento di visibile commozione. Mentre la moglie lo osservava partecipe, con un maglioncino bianco che trasmetteva l’atmosfera di casa, vicinanza e famiglia. La strategia non ha lasciato nulla al caso.
Eppure, l’unica speranza, sia per il partito di Renzi che per le opposizioni, è adesso quella di trovare un leader capace di convincere e rappresentare la novità per gli italiani, ma senza bruciarlo nel governicchio claudicante che sarà messo in piedi adesso. Tra le figure che si stanno affermando “a sinistra” di Renzi, c’è certamente Anna Falcone, 44 anni, avvocato e vicepresidente del Comitato del NO: ha dimostrato di avere le competenze ed è da molti definita l’anti-Boschi. Unico neo: si candidò con Antonio Ingroia in quel fallimentare progetto quale fu Rivoluzione Civile.
Di certo, se è uno solo ad aver perso – come ha ricordato ieri Matteo Renzi – il carro dei vincitori è invece molto affollato: dai Cinque stelle al riottoso centrodestra, tutti si intestano la vittoria e la proposta per una nuova Italia adesso è in mano a una non-maggioranza, una sorta di non-coalizione, una non-alternativa che ha formalmente “vinto” il referendum, ma non sembra avere una direzione. Tutti esultano, nessuno guida. Ciascuno si trincera dietro alla retorica del “il referendum è stata una vittoria dei cittadini”. Viene quindi da chiedersi cosa proporranno adesso di concreto i vari D’Alema, De Mita, Di Battista, Brunetta, il gruppo che ha spinto e fomentato in ogni dove perché il referendum fallisse. L’impressione è che siano rimasti un po’ tutti con il cerino in mano.