Taranto, boom di bambini ammalati. Impugnato il decreto salva-Ilva
Mentre continua il braccio di ferro tra Regione e Governo, polveri sottili e anidride solforosa uccidono in silenzio. In aumento fino al 50 per cento i ricoveri fra i minori da 0 a 14 anni
Se mai ce ne fosse ancora bisogno, arriva l’ennesimo studio epidemiologico che conferma ciò che era già tristemente noto: a Taranto, attorno all’Ilva, ci si ammala, e a subire le conseguenze nefande dell’esposizione ai fumi dell’acciaieria sono anche i bambini. Un orribile più 30 per cento, rispetto alla media nazionale, di incidenza di malattie oncologiche a carico dei più piccoli, come dimostrato dalla recentissima statistica commissionata e redatta dal Centro Salute e Ambiente della Regione Puglia (con cui hanno collaborato le Asl e le Arpa locali). Le conclusioni sono inequivocabili: «L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera, emessi dall’impianto siderurgico, ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano, che si traducono in eventi di malattia e morte». Una macabra sentenza, che i tempi lunghi della contrattazione e della riconversione non riescono a sospendere. In termini spiccioli, più l’Ilva produce, più ci si ammala. E i vicini stabilimenti Eni e Cementir contribuiscono a rendere l’aria irrespirabile.
I numeri Il gruppo di ricerca, guidato dall’epidemiologo Francesco Forastiere, ha raccolto dati fino al 2014 a Taranto e nei vicini comuni di Statte e Massafra: tra le oltre 300mila persone coinvolte nelle rilevazioni (e residenti in zona tra il 1998 e il 2010) si sono registrati aumenti di casi di tumori, infarti e infezioni respiratorie nei quartieri in prossimità dell’Ilva, come Paolo VI, Tamburi e Borgo. Ed è stato stabilito un nesso tra esposizione ambientale e casi di aborti. Nel comune di Statte è incrementata del 43 per cento la mortalità per patologie a bronchi e polmoni. Gli scienziati hanno rilevato inoltre una diversificazione di carattere socio-economico: «Dove sono presenti quadri sociali variegati, con presenza contemporanea di aree ad elevata emarginazione e povertà ed aree abbienti, le classi sociali più basse hanno tassi di mortalità e di ricorso al ricovero ospedaliero più alte di circa il venti per cento rispetto alle classi sociali più abbienti». Le sostanze killer sono principalmente due: le polveri sottili industriali (Pm10), responsabili di un aumento del 4% del rischio di mortalità, in particolare del 5% per tumore polmonare, oltre che del 10% per infarto del miocardio; e l’anidride solforosa, che provoca un aumento del 9% della mortalità, con eccessi più marcati per tumore polmonare (+17%) e infarto (+29%). Dati impressionanti, frutto di esposizione risalente fino a 30 anni fa, che potrebbero cominciare ad essere invertiti sin da subito: «Riducendo l’inquinamento – hanno confermato i ricercatori, infatti – si otterrebbero subito miglioramenti sulla salute e la mortalità a breve termine».
Lo stallo e lo scontro Regione-Stato Il Governatore della Puglia, Michele Emiliano, chiede da tempo una svolta: la situazione dell’impianto siderurgico è bloccata, dopo l’ennesimo decreto salva-Ilva e in mancanza di un accordo su chi diventerà proprietario del sito. La Giunta regionale ha deciso di impugnare la legge “salva-acciaio” davanti alla Corte Costituzionale. Di tempo non ce n’è più: «Vogliamo che le modalità di produzione a Taranto siano compatibili con la salute e la vita umana. È necessario un intervento immediato del Governo». Emiliano ha stabilito intanto la conversione di un ospedale in polo oncologico, per garantire assistenza e cure adeguate e snellire il lavoro delle strutture locali. Un progetto che a Taranto è ormai indispensabile, ma del quale sicuramente i cittadini non avrebbero voluto aver bisogno.
Se mai ce ne fosse ancora bisogno, arriva l’ennesimo studio epidemiologico che conferma ciò che era già tristemente noto: a Taranto, attorno all’Ilva, ci si ammala, e a subire le conseguenze nefande dell’esposizione ai fumi dell’acciaieria sono anche i bambini. Un orribile più 30 per cento, rispetto alla media nazionale, di incidenza di malattie oncologiche a carico dei più piccoli, come dimostrato dalla recentissima statistica commissionata e redatta dal Centro Salute e Ambiente della Regione Puglia (con cui hanno collaborato le Asl e le Arpa locali). Le conclusioni sono inequivocabili: «L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera, emessi dall’impianto siderurgico, ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano, che si traducono in eventi di malattia e morte». Una macabra sentenza, che i tempi lunghi della contrattazione e della riconversione non riescono a sospendere. In termini spiccioli, più l’Ilva produce, più ci si ammala. E i vicini stabilimenti Eni e Cementir contribuiscono a rendere l’aria irrespirabile.
I numeri Il gruppo di ricerca, guidato dall’epidemiologo Francesco Forastiere, ha raccolto dati fino al 2014 a Taranto e nei vicini comuni di Statte e Massafra: tra le oltre 300mila persone coinvolte nelle rilevazioni (e residenti in zona tra il 1998 e il 2010) si sono registrati aumenti di casi di tumori, infarti e infezioni respiratorie nei quartieri in prossimità dell’Ilva, come Paolo VI, Tamburi e Borgo. Ed è stato stabilito un nesso tra esposizione ambientale e casi di aborti. Nel comune di Statte è incrementata del 43 per cento la mortalità per patologie a bronchi e polmoni. Gli scienziati hanno rilevato inoltre una diversificazione di carattere socio-economico: «Dove sono presenti quadri sociali variegati, con presenza contemporanea di aree ad elevata emarginazione e povertà ed aree abbienti, le classi sociali più basse hanno tassi di mortalità e di ricorso al ricovero ospedaliero più alte di circa il venti per cento rispetto alle classi sociali più abbienti». Le sostanze killer sono principalmente due: le polveri sottili industriali (Pm10), responsabili di un aumento del 4% del rischio di mortalità, in particolare del 5% per tumore polmonare, oltre che del 10% per infarto del miocardio; e l’anidride solforosa, che provoca un aumento del 9% della mortalità, con eccessi più marcati per tumore polmonare (+17%) e infarto (+29%). Dati impressionanti, frutto di esposizione risalente fino a 30 anni fa, che potrebbero cominciare ad essere invertiti sin da subito: «Riducendo l’inquinamento – hanno confermato i ricercatori, infatti – si otterrebbero subito miglioramenti sulla salute e la mortalità a breve termine».
Lo stallo e lo scontro Regione-Stato Il Governatore della Puglia, Michele Emiliano, chiede da tempo una svolta: la situazione dell’impianto siderurgico è bloccata, dopo l’ennesimo decreto salva-Ilva e in mancanza di un accordo su chi diventerà proprietario del sito. La Giunta regionale ha deciso di impugnare la legge “salva-acciaio” davanti alla Corte Costituzionale. Di tempo non ce n’è più: «Vogliamo che le modalità di produzione a Taranto siano compatibili con la salute e la vita umana. È necessario un intervento immediato del Governo». Emiliano ha stabilito intanto la conversione di un ospedale in polo oncologico, per garantire assistenza e cure adeguate e snellire il lavoro delle strutture locali. Un progetto che a Taranto è ormai indispensabile, ma del quale sicuramente i cittadini non avrebbero voluto aver bisogno.