La fase 2 del MoVimento 5 Stelle. Ovvero: «apriremo gli armadi» - Diritto di critica
L’esito del voto a Roma era scontato. L’offerta politica alternativa ai 5Stelle nella Capitale – dalle dimissioni di Marino in poi – è stata insignificante, goffa, poco più di una facciata. A volo d’angelo:
Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni non potevano andare oltre una certa percentuale. Per quanto ben radicati sul territorio e nelle periferie, i romani hanno ancora nelle orecchie l’esperienza di Alemanno e l’inchiesta su mafia Capitale.
Alfio Marchini avrebbe avuto invece più di qualche possibilità contro i 5Stelle. Al pari degli adepti del comico genovese, a Roma rappresentava una novità e già nelle precedenti amministrative si era fatto notare con una corsa in solitaria che lo aveva portato al 9%, percentuale difficile da raggiungere in una città compartimentata “per partiti” come Roma. Per lui tutto è finito quando si è alleato con Silvio Berlusconi, personaggio ormai poco credibile e politicamente insignificante. Ma soprattutto espressione per molti italiani e romani di promesse non mantenute e di un Paese trascinato sull’orlo del baratro. Ed era lo stesso Berlusconi che — occhiali da sole come nei peggiori film holliwoodiani — si era fatto ritrarre accanto a un Guido Bertolaso improponibile in qualsiasi contesto politico. Per Bertolaso vale lo stesso discorso fatto per Alemanno: il suo nome richiama ancora inchieste come quella sul terremoto dell’Aquila e non solo. Marchini ha prima elogiato Berlusconi e poi lodato Bertolaso: la sua campagna elettorale nei fatti era già finita.
Roberto Giachetti avrebbe avuto più di una chance se la città non avesse subìto l’incapacità di Ignazio Marino, personalità sincera ma non adatta a fare il sindaco di Roma. Giachetti ha fatto quel che ha potuto mentre, in parallelo, cresceva lo scontento nei confronti di Matteo Renzi e del governo nazionale. E non ci sono dubbi che questo sia stato anche un voto “contro” il premier che adesso vede in forse anche quel referendum di ottobre personalizzato all’inverosimile: “Se perdo, vado a casa”.
Restavano quindi i 5Stelle. Virginia Raggi porta con sé quell’aria da maestrina bacchettona che forse tanto è piaciuta ai romani e — al netto di qualche uscita bislacca sul programma per la città — ha saputo “bucare lo schermo”. Il fulcro di questo voto, insomma, più che la proposta era l’alternativa. E una volta messo fuori gioco Marchini, restavano solo i 5Stelle.
La fase 2 del MoVimento
Da questi ballottaggi però può partire a tutti gli effetti la fase due della scalata dei Cinque Stelle al governo. E non solo grazie alle prossime tornate elettorali che li potrebbero veder trionfare a livello nazionale, ma anche e soprattutto grazie agli “armadi”. Già perché in una città come Roma, dopo vent’anni di “partitocrazia”, con un proliferare sconsiderato di municipalizzate, consulenze e accordi, il MoVimento di Grillo potrebbe pubblicare online decine e decine di documenti comprovanti proprio quel gioco delle parti che è tanta parte della politica nostrana.
E già ieri sera a Torino alcuni esponenti del M5S davanti alle telecamere di Mentana avanzavano questa ipotesi: “adesso controlleremo i bilanci, apriremo gli armadi”. Questo proposito, nel breve termine, potrebbe far vacillare il governo Renzi e minare le basi dell’attuale maggioranza. E lo stillicidio degli armadi potrebbe proseguire fino al referendum di ottobre, al cui appuntamento l’attuale premier arriverebbe fortemente indebolito, a fronte di un M5S che avrebbe gioco facile nel tenere sotto scacco il governo e il sistema dei partiti.