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Diritto di critica | November 21, 2024

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Ue, ora a rischiare il crac è il Portogallo

Non solo Grecia. A camminare su un campo minato è la banca principale di Lisbona, e con lei un intero Paese

Instabilità, rischio terrorismo, problema migranti e le crisi bancarie che come variabili impazzite continuano a tenere l’Europa sospesa sopra un filo. Dopo un inizio 2016 disastroso, la banca più grande del Portogallo sta rischiando il fallimento, in un Paese già rallentato da anni di recessione, tagli e severa austerity voluta da Bruxelles per limitare un rapporto deficit/Pil che rimane, invece, sempre oltre il 3 per cento. La notizia è apparsa sul quotidiano spagnolo “El País” e ha trovato conferma nelle bigie previsioni degli economisti: Lisbona potrebbe essere la prossima realtà a fare il grande botto.

Un’iniezione da 4,5 mld di dollari La Caixa Geral de Depósitos (CGD), che conserva quasi un terzo dei depositi dell’intero Paese, dopo un 2015 con profitti per due milioni di euro, nei primi mesi di quest’anno ha perso ben 74 milioni, per un totale di quasi due miliardi di perdite in 5 anni. Il Primo Ministro portoghese, Antonio Costa, ha confermato che il governo approverà la ricapitalizzazione dell’istituto per ben quattro miliardi di euro, ovvero una cifra equivalente al 2,5 per cento del Pil del Portogallo. Cui seguiranno, probabilmente, una riduzione delle filiali e il licenziamento di parte dei dipendenti. Un’iniezione di denaro consistente, ma azzardatissima per le conseguenze che potrebbe scatenare sulle finanze dello Stato. Come hanno spiegato alcuni economisti della HSBC, infatti, anche se Lisbona riuscisse a rimpolpare le casse della banca più grande, senza violare le direttive Ue sugli aiuti di Stato e l’iniezione di fondi (cosa che appare molto complessa), altri ostacoli sarebbero all’orizzonte, scetticismo degli investitori e rischio declassamento compresi. Bruxelles potrebbe anche convincersi, ma il governo portoghese dovrà eludere le regolamentazioni europee che prevedono il bail-in per alcuni creditori (ovvero il salvataggio interno tramite la svalutazione e riconversione di azioni per assorbire le perdite), prima della ricapitalizzazione generale. E recuperare poi in qualche modo i soldi spesi per la banca, senza andare ad incidere ancora di più sui tagli alla spesa e sull’aumento delle tasse. Il debito pubblico potrebbe superare il 130 per cento. E c’è da considerare, in caso di sforamenti, un’eventuale sanzione proprio da parte della Ue, che già per Spagna e lo stesso Portogallo ha rimandato provvedimenti e multe per la mancata riduzione del deficit.

lisbona-protestaUn Paese strozzato I portoghesi da anni sono alle prese con la crisi economica e il fallimento di altre banche, come la famosa Banca Esprito Santo e la piccola Banif di Madeira, che hanno costretto lo Stato a sborsare circa 26 miliardi di euro. Nel 2015 il Portogallo aveva le bollette di gas e luce più care d’Europa; sono aumentati i prezzi di tabacco, alcolici e bollo auto e la disoccupazione continua ad essere oltre al 12 per cento (ma considerando tutte le categorie si salirebbe quasi al doppio). Solo pochi giorni fa l’orario settimanale dei lavoratori pubblici è sceso a 35 ore, mentre l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita, dall’1,6 all’1,2 per cento: «Le misure prese dal Paese per incentivare i consumi interni non hanno funzionato», hanno fatto sapere, sottolineando il costante taglio dei salari degli statali. Secondo l’Ocse la ricetta per migliorare l’economia sarebbe quella di riformare la pubblica amministrazione e il sistema giudiziario, e incentivare i settori potenziali, come quello portuale.