Il lavoro? Lo trovi grazie ad amici e parenti
Lo dice una ricerca pubblicata in questi giorni: familiari e conoscenti sono un vero e proprio canale di reclutamento
Il 60 per cento dei casi, tra interventi diretti ed indiretti. Tale è la percentuale in Italia di chi riesce a trovare un lavoro dopo l’intercessione di un parente o di un amico. Lo afferma l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (Isfol) – Plus, l’ente di ricerca che ha reso noti i risultati di uno studio partito nel 2014: un terzo dei nuovi assunti dichiara di aver ottenuto un impiego grazie ai cosiddetti “canali informali” diretti, ovvero familiari, conoscenti, ambiente professionale o autopromozione. Assai meno incisivo, invece, il contributo di centri per l’impiego, agenzie interinali, annunci o concorsi.
Una tendenza radicata Questi dati sottolineano, se ce ne fosse ancora bisogno, come i giovani, e non solo loro, abbiano più difficoltà a collocarsi e ricollocarsi, se privi degli “agganci” giusti: «L’Italia continua ad essere un Paese dove per trovare lavoro conta moltissimo la rete di conoscenze che un individuo può mettere in campo – ha spiegato Stefano Sacchi, commissario straordinario dell’Isfol – lo studio che abbiamo presentato dimostra come le chances occupazionali e di carriera delle persone siano fortemente condizionate dalla famiglia di origine, dall’appartenenza a determinati ambienti». A farne le spese, il merito: «Inevitabilmente si riducono le opportunità di ascesa delle fasce più deboli del mercato del lavoro, che solo in misura molto ridotta ottengono aiuto dai servizi per l’impiego, pubblici o privati che siano».
I Cpi non funzionano Secondo la ricerca solo il 3,4 per cento degli occupati ha ottenuto un posto attraverso i Centri per l’Impiego (Cpi), e il 5,6 per cento tramite le agenzie interinali, anche se i Centri si sono rivelati utili per le mediazioni indirette, ovvero di raccordo tra l’azienda e il disoccupato (33 per cento di utenza per i Cpi, 30 per le agenzie). Diversamente da quanto ci si aspetti, invece, il 58 per cento degli occupati che hanno utilizzato la formula dell’autocandidatura e dell’invio dei curriculum alle imprese, le hanno trovate d’aiuto nella fase di ricerca. Il 20 per cento di loro è stato assunto direttamente.
Altri dati I contatti nell’ambito lavorativo e la ricerca di offerte su stampa sono stati un canale di intermediazione indiretta rispettivamente per il 44 e il 36 per cento dei lavoratori, e un canale di intermediazione diretta per il 10 e il 2,6 per cento. Infine, il 9 per cento degli occupati sostiene di aver trovato un impiego avviando un’attività autonoma, e il 10 per cento partecipando ad un concorso pubblico.
Il 60 per cento dei casi, tra interventi diretti ed indiretti. Tale è la percentuale in Italia di chi riesce a trovare un lavoro dopo l’intercessione di un parente o di un amico. Lo afferma l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (Isfol) – Plus, l’ente di ricerca che ha reso noti i risultati di uno studio partito nel 2014: un terzo dei nuovi assunti dichiara di aver ottenuto un impiego grazie ai cosiddetti “canali informali” diretti, ovvero familiari, conoscenti, ambiente professionale o autopromozione. Assai meno incisivo, invece, il contributo di centri per l’impiego, agenzie interinali, annunci o concorsi.
Una tendenza radicata Questi dati sottolineano, se ce ne fosse ancora bisogno, come i giovani, e non solo loro, abbiano più difficoltà a collocarsi e ricollocarsi, se privi degli “agganci” giusti: «L’Italia continua ad essere un Paese dove per trovare lavoro conta moltissimo la rete di conoscenze che un individuo può mettere in campo – ha spiegato Stefano Sacchi, commissario straordinario dell’Isfol – lo studio che abbiamo presentato dimostra come le chances occupazionali e di carriera delle persone siano fortemente condizionate dalla famiglia di origine, dall’appartenenza a determinati ambienti». A farne le spese, il merito: «Inevitabilmente si riducono le opportunità di ascesa delle fasce più deboli del mercato del lavoro, che solo in misura molto ridotta ottengono aiuto dai servizi per l’impiego, pubblici o privati che siano».
I Cpi non funzionano Secondo la ricerca solo il 3,4 per cento degli occupati ha ottenuto un posto attraverso i Centri per l’Impiego (Cpi), e il 5,6 per cento tramite le agenzie interinali, anche se i Centri si sono rivelati utili per le mediazioni indirette, ovvero di raccordo tra l’azienda e il disoccupato (33 per cento di utenza per i Cpi, 30 per le agenzie). Diversamente da quanto ci si aspetti, invece, il 58 per cento degli occupati che hanno utilizzato la formula dell’autocandidatura e dell’invio dei curriculum alle imprese, le hanno trovate d’aiuto nella fase di ricerca. Il 20 per cento di loro è stato assunto direttamente.
Altri dati I contatti nell’ambito lavorativo e la ricerca di offerte su stampa sono stati un canale di intermediazione indiretta rispettivamente per il 44 e il 36 per cento dei lavoratori, e un canale di intermediazione diretta per il 10 e il 2,6 per cento. Infine, il 9 per cento degli occupati sostiene di aver trovato un impiego avviando un’attività autonoma, e il 10 per cento partecipando ad un concorso pubblico.