Referendum, 5 cose da sapere per un voto consapevole
Sfatiamo alcuni miti del referendum del 17 aprile. Ecco cosa cambierà se vince il Sì e cosa rimarrà come prima
Domenica prossima si terrà il referendum promosso da alcune regioni italiane sulle licenze di sfruttamento di giacimenti entro le 12 miglia dalle coste italiane. Lo chiamano “referendum no triv” ma cosa si vota in realtà? E che effetto avrà il voto sulla vita di tutti i giorni. Di seguito un piccolo vademecum per votare con un po’ di consapevolezza.
1. Le trivelle non c’entrano
Diciamolo subito. Questo referendum non ha nulla a che fare con le trivellazioni. Queste sono già vietate dalla legge entro le 12 miglia. Il referendum riguarda le concessioni esistenti, cioè dove ci sono già piattaforme per l’estrazione degli idrocarburi. Il quesito chiede l’inderogabilità dei tempi della concessione fino ad esaurimento del giacimento. In pratica, una volta che la concessione è scaduta, l’azienda che gestisce l’impianto deve interrompere l’estrazione anche se sotto il mare rimane ancora petrolio o gas.
2. Gli effetti sulla produzione di petrolio
Circa il 25% di petrolio estratto in Italia arriva dal mare. Quello che giunge dalle piattaforme entro le 12 miglia rappresenta 9,1% di tutto il petrolio “made in Italy”.
3. Gli effetti sulla produzione di gas
Circa l’80% di tutto il gas che viene estratto in Italia viene preso in mare (il 17,6% entro le 12 miglia). Quello “marino” rappresenta complessivamente il 10% del fabbisogno nazionale. Il gas, diversamente dal petrolio, rappresenta una fonte di energia a basso impatto ambientale.
4. Cosa succede se vince il sì?
Gli impianti interessati sono 92, pari a 21 concessioni delle 66 offerte dal governo italiano alle compagnie estrattive. Infatti, già da tempo gran parte delle autorizzazioni sono state date al di fuori delle 12 miglia. In caso di vittoria del sì, saranno disattivate nel giro di cinque anni tre piattaforme realizzate negli anni settanta, mentre le altre verranno fermate entro circa 15 anni. Le 45 concessioni al di là delle 12 miglia non subiranno alcuna limitazione. Ciò comporterà la necessità di diminuire l’uso di idrocarburi (come i suoi derivati come il gas per i riscaldamenti e la benzina per gli spostamenti automobilistici) o incrementare l’importazioni.
5. Le piattaforme inquinano?
In realtà non esistono dati di organizzazioni terze. Greenpeace ha mostrato alcuni valori sopra la norma di campioni d’acqua prelevati nei pressi degli impianti, valori comunque non particolarmente allarmanti. Dall’altra parte, osservano le compagnie estrattive, lungo le coste interessate dagli impianti, negli ultimi anni sono state assegnate molte bandiere blu.
Domenica prossima si terrà il referendum promosso da alcune regioni italiane sulle licenze di sfruttamento di giacimenti entro le 12 miglia dalle coste italiane. Lo chiamano “referendum no triv” ma cosa si vota in realtà? E che effetto avrà il voto sulla vita di tutti i giorni. Di seguito un piccolo vademecum per votare con un po’ di consapevolezza.
1. Le trivelle non c’entrano
Diciamolo subito. Questo referendum non ha nulla a che fare con le trivellazioni. Queste sono già vietate dalla legge entro le 12 miglia. Il referendum riguarda le concessioni esistenti, cioè dove ci sono già piattaforme per l’estrazione degli idrocarburi. Il quesito chiede l’inderogabilità dei tempi della concessione fino ad esaurimento del giacimento. In pratica, una volta che la concessione è scaduta, l’azienda che gestisce l’impianto deve interrompere l’estrazione anche se sotto il mare rimane ancora petrolio o gas.
2. Gli effetti sulla produzione di petrolio
Circa il 25% di petrolio estratto in Italia arriva dal mare. Quello che giunge dalle piattaforme entro le 12 miglia rappresenta 9,1% di tutto il petrolio “made in Italy”.
3. Gli effetti sulla produzione di gas
Circa l’80% di tutto il gas che viene estratto in Italia viene preso in mare (il 17,6% entro le 12 miglia). Quello “marino” rappresenta complessivamente il 10% del fabbisogno nazionale. Il gas, diversamente dal petrolio, rappresenta una fonte di energia a basso impatto ambientale.
4. Cosa succede se vince il sì?
Gli impianti interessati sono 92, pari a 21 concessioni delle 66 offerte dal governo italiano alle compagnie estrattive. Infatti, già da tempo gran parte delle autorizzazioni sono state date al di fuori delle 12 miglia. In caso di vittoria del sì, saranno disattivate nel giro di cinque anni tre piattaforme realizzate negli anni settanta, mentre le altre verranno fermate entro circa 15 anni. Le 45 concessioni al di là delle 12 miglia non subiranno alcuna limitazione. Ciò comporterà la necessità di diminuire l’uso di idrocarburi (come i suoi derivati come il gas per i riscaldamenti e la benzina per gli spostamenti automobilistici) o incrementare l’importazioni.
5. Le piattaforme inquinano?
In realtà non esistono dati di organizzazioni terze. Greenpeace ha mostrato alcuni valori sopra la norma di campioni d’acqua prelevati nei pressi degli impianti, valori comunque non particolarmente allarmanti. Dall’altra parte, osservano le compagnie estrattive, lungo le coste interessate dagli impianti, negli ultimi anni sono state assegnate molte bandiere blu.