Banca Etruria, al via le azioni legali. Ma rischiano decine di istituti - Diritto di critica
Forse si apre uno spiraglio per i risparmiatori truffati. Intanto l’Europa ci guarda: ricordiamo l’elenco delle banche che navigano in brutte acque
Il governo lo ha promesso, almeno sulla carta: i risparmiatori travolti dai guai di Banca Etruria «verranno risarciti, con calma, è un impegno morale». Inquietudine provocata da quel “con calma” a parte, pochi giorni fa a muoversi è stato il Tribunale fallimentare di Arezzo, che ha dichiarato l’insolvenza dell’istituto finito nella bufera negli ultimi mesi del 2015 assieme a Banca delle Marche, CariChieti e CariFerrara. Ovvero, i giudici hanno stabilito che la banca toscana non è in grado di saldare i propri debiti. Adesso la palla passa ai magistrati, che hanno aperto un’indagine a carico degli ex dirigenti per bancarotta fraudolenta. Gli amministratori di Banca Etruria si difendono rimbalzando le responsabilità: l’ex presidente Lorenzo Rosi accusa apertamente la Banca d’Italia, dichiarando che al momento del passaggio di Banca Etruria in mano ai commissari speciali del Ministero dell’Economia non c’erano tracce di debiti, anzi il capitale ammontava a 60 milioni di euro. Quale sia la verità, saranno le (probabilmente lunghe) indagini a stabilirlo; resta il fatto che il caso Banca Etruria è solo un esempio del dello stato del sistema bancario italiano, dissestato da prestiti enormi accordati senza garanzie, consulenze milionarie e obbligazioni “tossiche”. E il caos di questi giorni su unioni civili, tasse e pensioni ha fatto passare in secondo piano una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, nonostante gli escamotage e i vari salvataggi da parte del governo.
Ricapitalizzare per non fallire Per evitare nuovi casi Banca Etruria e problemi con l’Europa, gli altri istituti in crisi stanno cercando di correre ai ripari attraverso ricapitalizzazioni e riconversioni societarie: per esempio Veneto Banca, che nel dicembre scorso è stata trasformata in Spa, approdando in Borsa e ricevendo un aumento di capitale di un miliardo. Sebbene la situazione sia meno grave di quella in cui versava la banca toscana, anche qui i risparmiatori hanno subìto conseguenze economiche: la Regione ha aperto un fondo di solidarietà a loro sostegno, attraverso la finanziaria “Veneto Sviluppo”. Ma a rischiare il “bail-in” (il salvataggio dall’interno del sistema voluto dall’Europa, in vigore da gennaio), sono anche altri istituti italiani.
La lista nera Quasi tutte le banche in crisi hanno i vertici sotto inchiesta; alcune, come la Popolare di Vicenza, fanno parte della quarta fascia stilata dalla Bce, ovvero quella che comprende le casse ad alto rischio e per le quali è necessario un rafforzamento patrimoniale. Preoccupa anche Tercas (Teramo), già commissariata nel 2012 e poi salvata in parte dalla Popolare di Bari. Ricordiamo quali banche (tra popolari, commerciali e credito cooperativo) sono state commissariate da Bankitalia (senza contare le quattro dello scandalo, ovvero Etruria e Lazio, Marche, Chieti e Ferrara): sono attualmente in amministrazione straordinaria Credito Sportivo, Bcc Irpina, Popolare dell’Etna, Cassa di Risparmio di Loreto, Credito Trevigiano, Banca Romagna Cooperativa, Banca Padovana Credito Cooperativo, Cassa Rurale di Folgaria Bcc, Banca Popolare delle Province Calabre, Banca di Cascina Credito Cooperativo, Bcc Banca Brutia e Bcc di Terra d’Otranto. Dovranno ricapitalizzare entro giugno 2016 la Cassa di Risparmio di Rimini e quella di Cesena. Sotto osservazione infine la Banca Sviluppo Economico di Catania e la Banca del lavoro e piccolo risparmio, rilevata dalla Popolare Pugliese.
Il governo lo ha promesso, almeno sulla carta: i risparmiatori travolti dai guai di Banca Etruria «verranno risarciti, con calma, è un impegno morale». Inquietudine provocata da quel “con calma” a parte, pochi giorni fa a muoversi è stato il Tribunale fallimentare di Arezzo, che ha dichiarato l’insolvenza dell’istituto finito nella bufera negli ultimi mesi del 2015 assieme a Banca delle Marche, CariChieti e CariFerrara. Ovvero, i giudici hanno stabilito che la banca toscana non è in grado di saldare i propri debiti. Adesso la palla passa ai magistrati, che hanno aperto un’indagine a carico degli ex dirigenti per bancarotta fraudolenta. Gli amministratori di Banca Etruria si difendono rimbalzando le responsabilità: l’ex presidente Lorenzo Rosi accusa apertamente la Banca d’Italia, dichiarando che al momento del passaggio di Banca Etruria in mano ai commissari speciali del Ministero dell’Economia non c’erano tracce di debiti, anzi il capitale ammontava a 60 milioni di euro. Quale sia la verità, saranno le (probabilmente lunghe) indagini a stabilirlo; resta il fatto che il caso Banca Etruria è solo un esempio del dello stato del sistema bancario italiano, dissestato da prestiti enormi accordati senza garanzie, consulenze milionarie e obbligazioni “tossiche”. E il caos di questi giorni su unioni civili, tasse e pensioni ha fatto passare in secondo piano una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, nonostante gli escamotage e i vari salvataggi da parte del governo.
Ricapitalizzare per non fallire Per evitare nuovi casi Banca Etruria e problemi con l’Europa, gli altri istituti in crisi stanno cercando di correre ai ripari attraverso ricapitalizzazioni e riconversioni societarie: per esempio Veneto Banca, che nel dicembre scorso è stata trasformata in Spa, approdando in Borsa e ricevendo un aumento di capitale di un miliardo. Sebbene la situazione sia meno grave di quella in cui versava la banca toscana, anche qui i risparmiatori hanno subìto conseguenze economiche: la Regione ha aperto un fondo di solidarietà a loro sostegno, attraverso la finanziaria “Veneto Sviluppo”. Ma a rischiare il “bail-in” (il salvataggio dall’interno del sistema voluto dall’Europa, in vigore da gennaio), sono anche altri istituti italiani.
La lista nera Quasi tutte le banche in crisi hanno i vertici sotto inchiesta; alcune, come la Popolare di Vicenza, fanno parte della quarta fascia stilata dalla Bce, ovvero quella che comprende le casse ad alto rischio e per le quali è necessario un rafforzamento patrimoniale. Preoccupa anche Tercas (Teramo), già commissariata nel 2012 e poi salvata in parte dalla Popolare di Bari. Ricordiamo quali banche (tra popolari, commerciali e credito cooperativo) sono state commissariate da Bankitalia (senza contare le quattro dello scandalo, ovvero Etruria e Lazio, Marche, Chieti e Ferrara): sono attualmente in amministrazione straordinaria Credito Sportivo, Bcc Irpina, Popolare dell’Etna, Cassa di Risparmio di Loreto, Credito Trevigiano, Banca Romagna Cooperativa, Banca Padovana Credito Cooperativo, Cassa Rurale di Folgaria Bcc, Banca Popolare delle Province Calabre, Banca di Cascina Credito Cooperativo, Bcc Banca Brutia e Bcc di Terra d’Otranto. Dovranno ricapitalizzare entro giugno 2016 la Cassa di Risparmio di Rimini e quella di Cesena. Sotto osservazione infine la Banca Sviluppo Economico di Catania e la Banca del lavoro e piccolo risparmio, rilevata dalla Popolare Pugliese.