Ancora a casa con mamma e papà, quei ''giovani'' metafora di un Paese - Diritto di critica
Il rapporto Eurostat è impietoso: il 66% degli italiani tra i 18 e i 34 anni vivono ancora a casa con i genitori
Sei giovani su dieci – più precisamente il 66% di quelli tra i 18 e i 34 anni – vivono ancora a casa con i genitori. E si tratta di una percentuale superiore del 20% rispetto alla media di tutti i Paesi dell’Unione europea. “Peggio” di noi fa solo la Croazia. A certificarlo, Eurostat, che ha preso in esame i dati del 2014.
A non abbandonare sottane case e sottane sono soprattutto i maschi. Se si prende in considerazione la fascia di età 25-34, la percentuale “scende” al 49%, a fronte di appena il 3,7% dei coetanei svedesi, il 3% dei danesi e l’11,2% di quelli francesi. Per tacer della media europea: 29,2% dei giovani tra i 25 e i 25 anni vive ancora in famiglia. Per le ”ragazze” la percentuale scende al 40,6% (in crescita dal 36,1% del 2010) ma resta di molto superiore a quella danese (1,7%) e norvegese (2,5%) ma anche francese (7,1%) della stessa fascia di età. Restano invece a casa, anche a causa delle difficoltà nella ricerca del lavoro, le ragazze spagnole (33,4%) e quelle greche (42,3%).
La fotografia dunque è impietosa e certifica una crisi che va ben oltre l’essere “bamboccioni”. Anzi, i dati Eurostat raccontano una precarietà di vita e prospettive che, al di là dei proclama sulla fantomatica fine della crisi, indica un’Italia quasi immobile. Con una disoccupazione che sembra scendere solo sulla carta e un lavoro che – quando c’è – è avvertito come talmente precario da non indurre a cambiare vita. Al di là della retorica politica, dunque, l’Italia sembra timorosa di cambiare verso, non tanto per poca grinta quanto per oggettive condizioni sociali: quella percentuale del 20% è troppo clamorosa per essere solo un nutrito gruppo di bamboccioni pigri.
Sei giovani su dieci – più precisamente il 66% di quelli tra i 18 e i 34 anni – vivono ancora a casa con i genitori. E si tratta di una percentuale superiore del 20% rispetto alla media di tutti i Paesi dell’Unione europea. “Peggio” di noi fa solo la Croazia. A certificarlo, Eurostat, che ha preso in esame i dati del 2014.
A non abbandonare sottane case e sottane sono soprattutto i maschi. Se si prende in considerazione la fascia di età 25-34, la percentuale “scende” al 49%, a fronte di appena il 3,7% dei coetanei svedesi, il 3% dei danesi e l’11,2% di quelli francesi. Per tacer della media europea: 29,2% dei giovani tra i 25 e i 25 anni vive ancora in famiglia. Per le ”ragazze” la percentuale scende al 40,6% (in crescita dal 36,1% del 2010) ma resta di molto superiore a quella danese (1,7%) e norvegese (2,5%) ma anche francese (7,1%) della stessa fascia di età. Restano invece a casa, anche a causa delle difficoltà nella ricerca del lavoro, le ragazze spagnole (33,4%) e quelle greche (42,3%).
La fotografia dunque è impietosa e certifica una crisi che va ben oltre l’essere “bamboccioni”. Anzi, i dati Eurostat raccontano una precarietà di vita e prospettive che, al di là dei proclama sulla fantomatica fine della crisi, indica un’Italia quasi immobile. Con una disoccupazione che sembra scendere solo sulla carta e un lavoro che – quando c’è – è avvertito come talmente precario da non indurre a cambiare vita. Al di là della retorica politica, dunque, l’Italia sembra timorosa di cambiare verso, non tanto per poca grinta quanto per oggettive condizioni sociali: quella percentuale del 20% è troppo clamorosa per essere solo un nutrito gruppo di bamboccioni pigri.