La guerra “pulita” che piace agli Usa e Regno Unito
Robot e aerei senza pilota. Le guerre del futuro saranno combattute da un esercito di macchine. Non senza rischi
“Terminator in guerra pronti tra 50 anni”. La dichiarazione è forte, specie per gli appassionati di cinema. La prospettiva di un mondo dominato dalle macchine, che si sostituiscono all’uomo, non è poi così lontana dalla fantascienza. A rivelarlo sono esperti di intelligenza artificiale, avvocati e gruppi di attivisti che, in un meeting alle Nazioni Unite, hanno denunciato la crescente e ormai usuale dipendenza da droni a basso costo per diverse attività, comprese quelle di guerra.
Una tecnologia a basso costo. “È un pericolo – ha spiegato al Guardian Toby Walsh, professore di Intelligenza Artificiale presso l’Università del New South Wales –, che potrebbe indurre sempre più i governi a utilizzare i robot per i conflitti bellici, senza sapere quali saranno le conseguenze. Allo stato attuale – ha precisato il professor Walsh –, le tecnologie sono da perfezionare, ma nulla vieta che nei prossimi anni si possano sostituire all’uomo. Le risorse per creare robot killer e droni saranno sempre più economiche e a basso costo nel corso del tempo. Tuttora – ha concluso lo studioso –, con un drone comprato online, uno smartphone e il software giusto, chiunque sarebbe in grado di creare un piccolo robot killer”.
Un esercito di droni. Data la grande crescente disponibilità della robotica, e lo stato avanzato dell’intelligenza artificiale negli Stati Uniti e nel Regno Unito, gli esperti sostengono che i robot potrebbero avere molte più cose in comune con un fucile kalasnikov AK-47, rispetto alle bombe nucleari. “Stiamo visionando – ha spiegato al quotidiano britannico Steve Goose, direttore della sezione armi di Human Rights Watch, – come i droni sono utilizzati nelle attività di polizia, pattugliamento delle frontiere, controllo delle sommosse e non solo nei conflitti armati. Esistono già delle piattaforme fisiche, è un dato di fatto e non fantascienza. Rappresenta un nuovo modo di combattere, che rivoluziona il mondo attuale. Se in futuro – ha ammonito Goose – non fermeremo la corsa a questo tipo di armamenti le conseguenze per noi potrebbero essere devastanti”.
Meglio se c’è un controllo umano. Le problematiche, durante un conflitto bellico, potrebbero sorgere sulla distinzione tra obiettivo militare o civile, in quanto i robot non fanno differenza tra uno e l’altro. Molti sostengono che la sostituzione dell’uomo con le macchine porti a un margine di errore più elevato, anche a causa delle imprevedibilità dei conflitti e del campo di battaglia. Resterebbe, poi, l’aspetto etico di un impiego delle macchine per fini bellici. Paesi come Afghanistan e Pakistan, dove numerosi civili sono morti a causa di attacchi dei droni, sono contrari a un uso massiccio della tecnologia in guerra. Israele e Corea del Sud, per ora, hanno mantenuto un atteggiamento attendista sull’argomento, anche se sta destinando delle risorse per diversi programmi di intelligenza artificiale. I paesi concordano, comunque, su un controllo “umano” dei droni, anche se ciò non significhi che ci sia un operatore diretto o un supervisore.
“Terminator in guerra pronti tra 50 anni”. La dichiarazione è forte, specie per gli appassionati di cinema. La prospettiva di un mondo dominato dalle macchine, che si sostituiscono all’uomo, non è poi così lontana dalla fantascienza. A rivelarlo sono esperti di intelligenza artificiale, avvocati e gruppi di attivisti che, in un meeting alle Nazioni Unite, hanno denunciato la crescente e ormai usuale dipendenza da droni a basso costo per diverse attività, comprese quelle di guerra.
Una tecnologia a basso costo. “È un pericolo – ha spiegato al Guardian Toby Walsh, professore di Intelligenza Artificiale presso l’Università del New South Wales –, che potrebbe indurre sempre più i governi a utilizzare i robot per i conflitti bellici, senza sapere quali saranno le conseguenze. Allo stato attuale – ha precisato il professor Walsh –, le tecnologie sono da perfezionare, ma nulla vieta che nei prossimi anni si possano sostituire all’uomo. Le risorse per creare robot killer e droni saranno sempre più economiche e a basso costo nel corso del tempo. Tuttora – ha concluso lo studioso –, con un drone comprato online, uno smartphone e il software giusto, chiunque sarebbe in grado di creare un piccolo robot killer”.
Un esercito di droni. Data la grande crescente disponibilità della robotica, e lo stato avanzato dell’intelligenza artificiale negli Stati Uniti e nel Regno Unito, gli esperti sostengono che i robot potrebbero avere molte più cose in comune con un fucile kalasnikov AK-47, rispetto alle bombe nucleari. “Stiamo visionando – ha spiegato al quotidiano britannico Steve Goose, direttore della sezione armi di Human Rights Watch, – come i droni sono utilizzati nelle attività di polizia, pattugliamento delle frontiere, controllo delle sommosse e non solo nei conflitti armati. Esistono già delle piattaforme fisiche, è un dato di fatto e non fantascienza. Rappresenta un nuovo modo di combattere, che rivoluziona il mondo attuale. Se in futuro – ha ammonito Goose – non fermeremo la corsa a questo tipo di armamenti le conseguenze per noi potrebbero essere devastanti”.
Meglio se c’è un controllo umano. Le problematiche, durante un conflitto bellico, potrebbero sorgere sulla distinzione tra obiettivo militare o civile, in quanto i robot non fanno differenza tra uno e l’altro. Molti sostengono che la sostituzione dell’uomo con le macchine porti a un margine di errore più elevato, anche a causa delle imprevedibilità dei conflitti e del campo di battaglia. Resterebbe, poi, l’aspetto etico di un impiego delle macchine per fini bellici. Paesi come Afghanistan e Pakistan, dove numerosi civili sono morti a causa di attacchi dei droni, sono contrari a un uso massiccio della tecnologia in guerra. Israele e Corea del Sud, per ora, hanno mantenuto un atteggiamento attendista sull’argomento, anche se sta destinando delle risorse per diversi programmi di intelligenza artificiale. I paesi concordano, comunque, su un controllo “umano” dei droni, anche se ciò non significhi che ci sia un operatore diretto o un supervisore.