Lavoro, i primi dati danno ragione a Renzi
Nei primi due mesi del 2015 crescono i contratti a tempo indeterminato e calano quelli precari. Se il trend venisse confermato ci troveremo di fronte ad una rivoluzione (che richiede qualche aggiustamento)
I primi effetti sono sotto gli occhi di tutti. Anche se per il momento in pochi ne parlano, la decontribuzione e il Jobs Act stanno cambiando il mondo del lavoro. E lo fanno velocemente. È certo che non si può giudicare una riforma su due mesi e ovviamente serviranno anni per poter esprimere un parere completo, ma due dati parlano più di ogni altra cosa: il numero di contratti a tempo indeterminato e quello sui contratti precari, dati che riguardano, quasi esclusivamente l’effetto della decontribuzione.
Crescono i contratti a tempo indeterminato. Se è vero che l’occupazione in Italia da dicembre a marzo è rimasta praticamente invariata, a gennaio e febbraio vi è stata una sostanziale ed evidente crescita dei contratti a tempo indeterminato che sono aumentati del 12,3%, rispetto ad un anno fa. Allo stesso tempo, sono diminuiti i contratti a termine e quelli di apprendistato, rispettivamente -7% e -11,3% (confrontati con i dati di gennaio e febbraio 2014). Il saldo occupazionale è rimasto costante, ma ben 95.804 contratti a termine e quelli da apprendista sono stati trasformati in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche grazie alla defiscalizzazione sulle nuove assunzioni. I contratti a tempo indeterminato sul totale dei lavoratori è di nuovo salito dal 37,1% al 41,6% in un anno.
Una rivoluzione che necessita di correzioni. Se il trend verrà confermato per tutto il 2015, il Job Act, con tutti i suoi limiti, potrebbe in effetti cambiare il mercato del lavoro italiano in maniera definitiva, eliminando quella frattura che esiste tra lavoratori tutelati e coloro che non hanno alcuna garanzia. Il Jobs Act, tuttavia, contiene alcuni aspetti controversi che andrebbero prossimamente corretti. Al momento il nuovo sistema si applica solo sui contratti firmati da fine febbraio 2015 e non su quelli preesistenti. Quindi, le minori tutele riguardano quasi esclusivamente le fasce più giovani della popolazione. Tuttavia, nel giro di un decennio i futuri cinquantenni si potrebbero ritrovare senza lavoro e con un indennizzo non particolarmente generoso. Per questo l’economista Tito Boeri, oggi presidente dell’Inps, propone di elargire agli over 55 un reddito minimo garantito, per far fronte a licenziamenti in una fascia di età dove il reinserimento lavorativo è più difficile, a pochi anni dalla pensione. “Non ci sono le coperture”, ha risposto il governo. Ma è ragionevole pensare che in prospettiva sarà necessario considerare questi aspetti.
I primi effetti sono sotto gli occhi di tutti. Anche se per il momento in pochi ne parlano, la decontribuzione e il Jobs Act stanno cambiando il mondo del lavoro. E lo fanno velocemente. È certo che non si può giudicare una riforma su due mesi e ovviamente serviranno anni per poter esprimere un parere completo, ma due dati parlano più di ogni altra cosa: il numero di contratti a tempo indeterminato e quello sui contratti precari, dati che riguardano, quasi esclusivamente l’effetto della decontribuzione.
Crescono i contratti a tempo indeterminato. Se è vero che l’occupazione in Italia da dicembre a marzo è rimasta praticamente invariata, a gennaio e febbraio vi è stata una sostanziale ed evidente crescita dei contratti a tempo indeterminato che sono aumentati del 12,3%, rispetto ad un anno fa. Allo stesso tempo, sono diminuiti i contratti a termine e quelli di apprendistato, rispettivamente -7% e -11,3% (confrontati con i dati di gennaio e febbraio 2014). Il saldo occupazionale è rimasto costante, ma ben 95.804 contratti a termine e quelli da apprendista sono stati trasformati in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche grazie alla defiscalizzazione sulle nuove assunzioni. I contratti a tempo indeterminato sul totale dei lavoratori è di nuovo salito dal 37,1% al 41,6% in un anno.
Una rivoluzione che necessita di correzioni. Se il trend verrà confermato per tutto il 2015, il Job Act, con tutti i suoi limiti, potrebbe in effetti cambiare il mercato del lavoro italiano in maniera definitiva, eliminando quella frattura che esiste tra lavoratori tutelati e coloro che non hanno alcuna garanzia. Il Jobs Act, tuttavia, contiene alcuni aspetti controversi che andrebbero prossimamente corretti. Al momento il nuovo sistema si applica solo sui contratti firmati da fine febbraio 2015 e non su quelli preesistenti. Quindi, le minori tutele riguardano quasi esclusivamente le fasce più giovani della popolazione. Tuttavia, nel giro di un decennio i futuri cinquantenni si potrebbero ritrovare senza lavoro e con un indennizzo non particolarmente generoso. Per questo l’economista Tito Boeri, oggi presidente dell’Inps, propone di elargire agli over 55 un reddito minimo garantito, per far fronte a licenziamenti in una fascia di età dove il reinserimento lavorativo è più difficile, a pochi anni dalla pensione. “Non ci sono le coperture”, ha risposto il governo. Ma è ragionevole pensare che in prospettiva sarà necessario considerare questi aspetti.