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Diritto di critica | November 5, 2024

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Co.co.co addio. O forse no

Il governo sta per approvare un decreto contro le collaborazioni continuative “fittizie”. Le intenzioni sono nobili, ma chi controllerà il rispetto delle nuove norme?

Addio co.co.co. O quasi. Dal 1° gennaio 2016 le collaborazioni “fittizie” spariranno. O almeno è questa l’intenzione del governo che sta mettendo in cantiere l’ultimo dei tre decreti delegati per l’attuazione del Jobs Act. Il decreto, in realtà, è già pronto ma giace nelle commissioni per il parere. E nell’attesa, lo stesso governo sta pensando di escludere la “stabilizzazione” dei co.co.co. e contratti a progetto all’interno della pubblica amministrazione.

Dal 1° gennaio obbligatoria l’assunzione. Così, se tutto dovesse procedere come previsto, con il nuovo anno tutti i nuovi contratti di collaborazione continuativa e quelli in essere dovranno essere trasformati in rapporti di lavoro subordinato se questi prevedano mansioni ripetitive, esclusive di fatto e se organizzate dallo stesso committente. Dall’entrata in vigore del decreto fino al 31 dicembre 2015 i datori di lavoro dovranno assumere i propri collaboratori a progetto se questi rivestono mansioni non più compatibili con le nuove disposizioni.

I vantaggi per il datore di lavoro. L’assunzione sarà a tutele crescenti. Il datore di lavoro potrà beneficiare dell’esonero dei contributi previdenziali come stabilito dalla legge di Stabilità (legge 190/2014): fino a 8.060 euro l’anno, per tre anni, se l’operazione sarà completata entro il 31 dicembre del 2015 e se ricorrono le condizioni richieste. È necessario che il datore di lavoro non receda dal contratto per i 12 mesi successivi, ad eccezione di licenziamento per giusta causa. Con l’assunzione decadono tutte le eventuali pretese da parte del lavoratore relative ad una erronea contrattualizzazione rispetto alle mansioni svolte, incluse pretese di tipo contributivo.

Ma chi controlla? Il governo, quindi, sembra intenzionato a mantenere le forme contrattuali cosiddette parasubordinate solo quando queste rappresentino realmente un rapporto di lavoro non subordinato. Il principio appare più che corretto. Nei fatti, però, sarà difficile verificare il concreto rispetto delle nuove norme, con il concreto rischio che la riforma faccia solo un buco nell’acqua.

Le categorie escluse. Rimangono, inoltre, escluse dal decreto tutti i contratti di collaborazione continuativa per chi svolge mansioni nell’ambito delle professioni che richiedono l’iscrizione ad un albo. Esclusi anche alcune tipologie se stabilite da accordi sindacali per specifiche esigenze produttive. Esclusi anche i componenti di organi di amministrazione e coloro che ricoprono ruoli istituzionali in associazioni, comprese quelle sportive.