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Diritto di critica | November 5, 2024

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Di Battista, le bufale e quella comunicazione politica avvelenata

di Carol Verde

Ottobre 2014. Provarci, sempre: deve averla pensata così Alessandro Di Battista quando, alla manifestazione “Italia5Stelle” al Circo Massimo, ha dedicato il suo intervento alla politica estera. “Nigeria, vai su Wikipedia: 60% del territorio è in mano ai fondamentalisti islamici di Boko Haram” aveva detto, “la restante parte Ebola”. Numeri netti e affermazioni pesanti, che non vengono certo verificate sul momento con lo smartphone, e, nella folla, provocano anche un grande “ooohhh” di stupore. Peccato che, nella smania di factchecking – la stessa che i 5 Stelle hanno pesantemente contribuito a diffondere – le dichiarazioni in questione vengono passate al vaglio del sito Pagella Politica e bollate come “panzana pazzesca”. E non solo i numeri relativi al controllo del gruppo terrorista si riducono drasticamente (Boko Haram controllerebbe direttamente appena 25 insediamenti urbani), ma anche i casi di Ebola totali scendono a 20, di cui 8 decessi – tanto che, qualche giorno dopo l’intervento, l’OMS dichiarerà la Nigeria “Ebola-free”. Tra l’altro, manco a dirlo: la pagina di Wikipedia della Nigeria neanche lo citava, Boko Haram. Ed ecco che, con 679 voti e bacio accademico, Di Battista scala la classifica e si aggiudica senza troppa fatica il premio di Panzana 2014 sul sovracitato sito di factchecking.

Ma la Rete – libera e sovrana, sempre – non perdona, e le gesta del deputato grillino valicano i confini internazionali, arrivando fino alla stampa di serie A: a distanza di quattro mesi il New York Times ha regalato, infatti, la prima posizione in un articolo, che titola Lies heard round the world, proprio alle affermazioni sulla Nigeria. Affermazioni reputate ridicole dai giornalisti americani, ancor di più se accostate al ruolo non proprio marginale del Nostro (“vice president of the Committee on Foreign Relations in Italy’s Chamber of Deputies”, ricordano, “and rising star in the Five Star Movement party”).

Such lies are fun to read, scrivono Bill Adair e Maxime Fischer-Zernin nel loro pezzo, e non gli si può dar torto. Che il primato mondiale per la bugia più grossa lo vinca proprio chi si fregia del titolo di smascheratore di bugie e “scassinatore” professionista di scatolette di tonno, certo, è cosa buffa. Roba che se la questione non fosse seria, bisognerebbe chiamare Staffelli per consegnargli un tapiro (e non è detto che non succeda). E poi diciamocelo: il fatto che sia successo a Di Battista ci fa gongolare un po’ tutti. Perché dopo le analisi di geopolitica spicciola sull’Isis, in fondo una “sanzione” se la meritava – e se proprio non una sanzione, una figuraccia planetaria può andar bene lo stesso. Siamo d’accordo, non è l’unico a raccontar panzane: proprio sul sito di Pagella Politica è possibile controllare gli scores di diversi altri politici italiani, e nel suo caso la percentuale, rispetto alla valutazione della veridicità complessiva delle dichiarazioni verificate, è del 77%, in cui è abbondantemente superato dal 66% di Matteo Salvini, dal 61% di Beppe Grillo e, soprattutto, dal 58% di Silvio Berlusconi.

Ma che i politici di professione usino informazione manipolata per guadagnarsi un posto nel cuore dell’elettore è storia antica e fa, nostro malgrado, anche un po’ parte del gioco. Il problema compare quando un partito che si ostina a non definirsi tale, con i suoi politici che di professione non sono (anzi!, dicono loro), che si propone come alternativa totale rispetto a quanto ci fosse prima, a ben vedere non fa che comportarsi come tutti gli altri – attingendo, anzi, al peggio della tradizione comunicativa e populistica. Di Battista non è che un caso tra i tanti: come dimenticare la foto del civile, ucciso dai terroristi Rhodesiani, spacciata come morte da Ebola sui social network? Per non parlare delle teorie sulla “Gran balla dell’HIV”, divulgate dal responsabile della Comunicazione al Senato, Claudio Messora. E ancora: tutti i dati, le analisi, i video e le contraddizioni sull’uscita dall’euro, nonostante sia stato detto in tante e diverse occasioni che uscire oggi dalla moneta unica non sia la cosa migliore – al punto che persino Alberto Bagnai, noto economista antieuro, poco tempo fa ha dichiarato che è stato per lui un enorme problema essere circondato da “cialtroni” nella sua azione di divulgazione.

La lista sarebbe lunga, e non ci soffermiamo. Ma resta un interrogativo: questo tipo di comunicazione, che non si cura troppo della propria diffusa superficialità, che conta sulla quantità e meno sulla quantità (tanto poi, sui grandi numeri, gli scivoloni si diluiscono, si perdono, si dimenticano), che si fa stendardo di onestà politica scoprendosi carente di accuratezza , può far crescere le coscienze alla quale si rivolge? Il timore è che, nella cieca fiducia riposta nell’Idea e nei suoi rappresentanti, si crei e cresca una generazione politica che non riesca a riconoscere la realtà fattuale da quella demistificata che gli è stata spacciata troppe volte per buona.

 

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