Pietro Sanua, da vent’anni in attesa di verità
Venditore ambulante e sindacalista dell’ANVA, è stato ucciso a Corsico con un colpo di lupara il 4 febbraio 1995: nelle parole del figlio il ricordo di un uomo retto. E scomodo
Morire per un colpo di pistola, apparentemente senza un motivo e sicuramente senza giustizia. Accade a Corleone? A Scampia? No, accade a Corsico, comune del sud ovest milanese, nel cuore della Lombardia. Pietro Sanua, venditore ambulante e sindacalista dell’ANVA, vent’anni fa è morto così. Era la mattina del 4 febbraio 1995: un giorno di lavoro qualsiasi, una bancarella di frutta e verdura da allestire al mercato di fronte al Parco Giorgella, a Corsico. Pietro quella mattina non raggiungerà il mercato e non inizierà mai a lavorare: verrà ucciso da un colpo di lupara in via Di Vittorio, mentre era alla guida. Accanto a lui suo figlio Lorenzo, che si vedrà morire il padre davanti agli occhi. Sono passati vent’anni, ma ad oggi ancora non si conoscono i nomi né degli esecutori né dei mandanti dell’omicidio: il caso è stato archiviato in sei mesi.
Pietro Sanua era noto in ambito personale, professionale e sindacale per la sua onestà e correttezza: in qualità di presidente dell’ANVA (Associazione Nazionale Venditori Ambulanti, affiliata alla Confesercenti) di Milano si occupava delle problematiche che riguardavano i mercati – dai sorteggi dei fiori per le fiere alle postazioni davanti ai cimiteri – e gestiva le regole e le graduatorie per il posizionamento dei venditori. Un campo difficile, che almeno fino a qualche anno fa era la gallina dalle uova d’oro per gli affari illeciti sui territorio e le manovre della criminalità organizzata. I mercati di cui si occupava Pietro Sanua portavano nomi pericolosi: Corsico, Buccinasco, Quarto Oggiaro, la roccaforte della criminalità organizzata nel cuore della Lombardia, una delle zone a più alta densità di beni confiscati sul territorio.
«Per ora ci sono ipotesi, piste, domande aperte – racconta a Diritto di Critica Lorenzo, il figlio di Pietro Sanua -. Mio papà era una persona onesta e si sottraeva alle regole dei giochi quando queste diventavano sporche: parlava chiaro, voleva capire cosa non andava. Essendo un nome conosciuto in Confesercenti, avrebbe potuto influire, cambiare le cose. Probabilmente, come risulta dagli atti, voleva denunciare alcune cose scoperte nell’ambito del Mercato Ortofrutticolo di Milano. Infatti faceva parte della commissione di vigilanza della Sogemi, e che l’ortomercato sia il fulcro di diverse attività illecite sul territorio milanese è stato appurato da numerose altre inchieste».
L’unica pista seguita dagli inquirenti per il caso Sanua è stata quella del diverbio – avvenuto poco tempo prima dell’omicidio – con un membro del clan Morabito, che aveva il suo monopolio a Buccinasco. E le altre? «Innanzitutto quella sindacale – spiega Lorenzo -: mio padre era stato avvicinato da una persona, socia dell’associazione sindacale analoga dell’ANVA ma affiliata a Confcommercio, che gli aveva proposto di spostare duecento dei suoi iscritti in modo non troppo trasparente. Aveva rifiutato». La persona in questione sarebbe poi stata arrestata con l’accusa di associazione a delinquere nell’ambito dello scandalo dell’assessorato al Commercio del Comune di Milano, nel ’95. L’altra pista è quella della minacce: «prima di essere ucciso, mio padre aveva ricevuto minacce – racconta ancora Lorenzo – e chi gli ha sparato conosceva ogni suo minimo spostamento. Ne aveva parlato con una persona di fiducia, ma il suo nome non risulta agli atti».
Lorenzo denuncia in particolare la solitudine del padre: «Mi ricordo che tanti gli dicevano di “lasciar perdere”, ma lui seguiva le regole e si poneva in modo giusto anche in un ambiente così difficile, cercando anzi di migliorare le condizioni di lavoro di tutti quanti. Ma è stato lasciato solo – aggiunge Lorenzo – e ne ho la testimonianza ogni anno: alla commemorazione, le persone con cui aveva condiviso battaglie e per cui si era speso non ci sono. Mio padre lo continuano ad ammazzare così».
Dal 2010 il nome di Pietro Sanua viene letto nell’elenco di oltre 900 vittime innocenti di mafia durante la Giornata della Memoria e dell’Impegno – organizzata ogni anno il 21 marzo da Libera, Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie – e da tre anni il 4 febbraio Lorenzo organizza a Corsico una fiaccolata di memoria per suo padre. «Partecipare alla fiaccolata di stasera – commenta Davide Salluzzo, referente regionale di Libera in Lombardia – significa chiedere verità, per Pietro e per gli altri omicidi di mafia ancora impuniti. Solo la verità può illuminare la giustizia».
Ed è soprattutto verità ciò che aspetta anche Lorenzo. «So che i nomi degli esecutori usciranno solo se qualcuno parlerà – spiega – : quello che posso fare io è raccontare, impegnarmi perché altri non provino la mia stessa sofferenza». Nei ritagli di tempo, dopo il lavoro, Lorenzo sostiene infatti Libera come volontario, racconta la sua esperienza, parla con i ragazzi, ed ha aderito al coordinamento dei familiari delle vittime di mafie: «Lo faccio soprattutto per mia figlia: quando sarà più grande e mi chiederà cos’è successo al nonno, voglio poter dire di aver provato a costruire un mondo migliore anche per lei».
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Morire per un colpo di pistola, apparentemente senza un motivo e sicuramente senza giustizia. Accade a Corleone? A Scampia? No, accade a Corsico, comune del sud ovest milanese, nel cuore della Lombardia. Pietro Sanua, venditore ambulante e sindacalista dell’ANVA, vent’anni fa è morto così. Era la mattina del 4 febbraio 1995: un giorno di lavoro qualsiasi, una bancarella di frutta e verdura da allestire al mercato di fronte al Parco Giorgella, a Corsico. Pietro quella mattina non raggiungerà il mercato e non inizierà mai a lavorare: verrà ucciso da un colpo di lupara in via Di Vittorio, mentre era alla guida. Accanto a lui suo figlio Lorenzo, che si vedrà morire il padre davanti agli occhi. Sono passati vent’anni, ma ad oggi ancora non si conoscono i nomi né degli esecutori né dei mandanti dell’omicidio: il caso è stato archiviato in sei mesi.
Pietro Sanua era noto in ambito personale, professionale e sindacale per la sua onestà e correttezza: in qualità di presidente dell’ANVA (Associazione Nazionale Venditori Ambulanti, affiliata alla Confesercenti) di Milano si occupava delle problematiche che riguardavano i mercati – dai sorteggi dei fiori per le fiere alle postazioni davanti ai cimiteri – e gestiva le regole e le graduatorie per il posizionamento dei venditori. Un campo difficile, che almeno fino a qualche anno fa era la gallina dalle uova d’oro per gli affari illeciti sui territorio e le manovre della criminalità organizzata. I mercati di cui si occupava Pietro Sanua portavano nomi pericolosi: Corsico, Buccinasco, Quarto Oggiaro, la roccaforte della criminalità organizzata nel cuore della Lombardia, una delle zone a più alta densità di beni confiscati sul territorio.
«Per ora ci sono ipotesi, piste, domande aperte – racconta a Diritto di Critica Lorenzo, il figlio di Pietro Sanua -. Mio papà era una persona onesta e si sottraeva alle regole dei giochi quando queste diventavano sporche: parlava chiaro, voleva capire cosa non andava. Essendo un nome conosciuto in Confesercenti, avrebbe potuto influire, cambiare le cose. Probabilmente, come risulta dagli atti, voleva denunciare alcune cose scoperte nell’ambito del Mercato Ortofrutticolo di Milano. Infatti faceva parte della commissione di vigilanza della Sogemi, e che l’ortomercato sia il fulcro di diverse attività illecite sul territorio milanese è stato appurato da numerose altre inchieste».
L’unica pista seguita dagli inquirenti per il caso Sanua è stata quella del diverbio – avvenuto poco tempo prima dell’omicidio – con un membro del clan Morabito, che aveva il suo monopolio a Buccinasco. E le altre? «Innanzitutto quella sindacale – spiega Lorenzo -: mio padre era stato avvicinato da una persona, socia dell’associazione sindacale analoga dell’ANVA ma affiliata a Confcommercio, che gli aveva proposto di spostare duecento dei suoi iscritti in modo non troppo trasparente. Aveva rifiutato». La persona in questione sarebbe poi stata arrestata con l’accusa di associazione a delinquere nell’ambito dello scandalo dell’assessorato al Commercio del Comune di Milano, nel ’95. L’altra pista è quella della minacce: «prima di essere ucciso, mio padre aveva ricevuto minacce – racconta ancora Lorenzo – e chi gli ha sparato conosceva ogni suo minimo spostamento. Ne aveva parlato con una persona di fiducia, ma il suo nome non risulta agli atti».
Lorenzo denuncia in particolare la solitudine del padre: «Mi ricordo che tanti gli dicevano di “lasciar perdere”, ma lui seguiva le regole e si poneva in modo giusto anche in un ambiente così difficile, cercando anzi di migliorare le condizioni di lavoro di tutti quanti. Ma è stato lasciato solo – aggiunge Lorenzo – e ne ho la testimonianza ogni anno: alla commemorazione, le persone con cui aveva condiviso battaglie e per cui si era speso non ci sono. Mio padre lo continuano ad ammazzare così».
Dal 2010 il nome di Pietro Sanua viene letto nell’elenco di oltre 900 vittime innocenti di mafia durante la Giornata della Memoria e dell’Impegno – organizzata ogni anno il 21 marzo da Libera, Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie – e da tre anni il 4 febbraio Lorenzo organizza a Corsico una fiaccolata di memoria per suo padre. «Partecipare alla fiaccolata di stasera – commenta Davide Salluzzo, referente regionale di Libera in Lombardia – significa chiedere verità, per Pietro e per gli altri omicidi di mafia ancora impuniti. Solo la verità può illuminare la giustizia».
Ed è soprattutto verità ciò che aspetta anche Lorenzo. «So che i nomi degli esecutori usciranno solo se qualcuno parlerà – spiega – : quello che posso fare io è raccontare, impegnarmi perché altri non provino la mia stessa sofferenza». Nei ritagli di tempo, dopo il lavoro, Lorenzo sostiene infatti Libera come volontario, racconta la sua esperienza, parla con i ragazzi, ed ha aderito al coordinamento dei familiari delle vittime di mafie: «Lo faccio soprattutto per mia figlia: quando sarà più grande e mi chiederà cos’è successo al nonno, voglio poter dire di aver provato a costruire un mondo migliore anche per lei».