Inizia la sfida per il Quirinale, chi sale e chi scende
Alle 15 di oggi la prima votazione a Montecitorio. Il Pd candida ufficialmente Mattarella. Con Veltroni jolly dalla quarta chiamata
Oggi alla Camera dei Deputati si vota. Iniziano nel pomeriggio le procedure di elezione del Presidente della Repubblica. Come un anno e mezzo fa non c’è una linea chiara in un Parlamento fortemente balcanizzato. Il Pd giocherà (e in parte sta già giocando) un ruolo centrale. Tuttavia, come un anno e mezzo fa, anche i democratici sono divisi al loro interno. La minoranza Pd guarda a sinistra, Matteo Renzi cerca un accordo con Berlusconi. È certo che non sarà eletto alcun Presidente fino alla quarta votazione, quando il quorum sarà più basso.
Amato, il più odiato tra gli italiani. La vera incognita, quindi, è proprio il Pd. È qui che Renzi rischia il tutto per tutto. Cercare un nome condiviso nel partito, senza rompere con Silvio Berlusconi i cui voti al Senato sono fondamentali per proseguire sulla strada delle riforme. Questo determinerà il nome del prossimo Presidente. Tra i nomi fatti, quello di Giuliano Amato è quello che raccoglie il maggior numero di consensi. Piace alla sinistra Pd, non dispiace a Renzi ed è perfetto per Silvio Berlusconi. Ha solo un grande neo: non piace agli italiani. I motivi sono tanti: alcuni risiedono nei suoi trascorsi da premier, altri dipendono dalle tante cariche che ha collezionato negli anni e che gli valgono tante preziose pensioni.
Mattarella, l’ex ministro desaparecido. C’è poi Sergio Mattarella. Oggi sarebbe un perfetto sconosciuto se non fosse che il suo nome è legato alla legge elettorale in vigore negli anni novanta e spesso presa ad esempio come metro di paragone per il Porcellum. La sua caratura internazionale è pari a zero. Il suo peso politico anche. A Renzi piace anche perché la sua figura non consente appigli ai grillini anti-casta. Piace anche alla sinistra Pd. Non a caso è il candidato ufficiale dei democratici alla prima votazione di oggi. Ma Berlusconi storce il naso. Non vuole ritrovarsi al Colle un nuovo Napolitano, visto lo scontro tra lui e il giurista dem nel 1990. Mattarella, ministro dell’Istruzione si dimise per protestare contro la Legge Mammì che diede il via alla privatizzazione della tv italiana e alla nascita dell’impero berlusconiano. Quante chance abbia? Dipende tutto dal MoVimento 5 Stelle non necessariamente contrario al silenzioso e serio cavalier Mattarella.
Sì a Prodi ma solo con i voti dei grillini. Se dovesse saltare, come sembra almeno per il momento, il Patto del Nazareno, o se Renzi e Berlusconi dovessero verificare che il voto congiunto non è possibile senza spaccare i propri partiti, il Pd dovrà guardare a sinistra e al MoVimento 5 Stelle. Così, se Mattarella non dovesse farcela (serve l’appoggio di parte di M5S e dei fittiani), si potrebbe convergere sul nome di Romano Prodi, uomo dall’alta caratura internazionale, ma forse un po’ troppo ingombrante per Renzi e certamente acerrimo nemico di Berlusconi. Il suo nome avrebbe più chance a sinistra e nel MoVimento rispetto a Mattarella.
Nessuna donna all’orizzonte. Poco probabile, al momento, la convergenza su una donna. Al di là di Emma Bonino che potrebbe rinunciare per problemi di salute, non c’è una figura convincente e soprattutto autorevole. Solo scelte a ribasso che potrebbero rivelarsi inadatte a ricoprire un ruolo del genere.
Veltroni, il jolly di Renzi. Se neanche Prodi dovesse andar bene, dopo aver vagliato tutte le possibilità a Renzi non resterebbe che sondare il nome di Valter Veltroni per la quarta o quinta votazione. Il fondatore del Pd è l’unico che, almeno sulla carta, potrebbe non dispiacere a nessuno. Non è, però, una scelta spendibile subito perché non è ben visto dai suoi stessi compagni di partito, soprattutto dalla minoranza. A Berlusconi potrebbe non dispiacere e potrebbe accaparrarsi i voti di alcuni parlamentari del MoVimento e di Sel. Ma lui sarà il jolly che Renzi vorrà spendere solo di fronte ad un possibile impasse, insieme al nome di Piero Fassino.
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Oggi alla Camera dei Deputati si vota. Iniziano nel pomeriggio le procedure di elezione del Presidente della Repubblica. Come un anno e mezzo fa non c’è una linea chiara in un Parlamento fortemente balcanizzato. Il Pd giocherà (e in parte sta già giocando) un ruolo centrale. Tuttavia, come un anno e mezzo fa, anche i democratici sono divisi al loro interno. La minoranza Pd guarda a sinistra, Matteo Renzi cerca un accordo con Berlusconi. È certo che non sarà eletto alcun Presidente fino alla quarta votazione, quando il quorum sarà più basso.
Amato, il più odiato tra gli italiani. La vera incognita, quindi, è proprio il Pd. È qui che Renzi rischia il tutto per tutto. Cercare un nome condiviso nel partito, senza rompere con Silvio Berlusconi i cui voti al Senato sono fondamentali per proseguire sulla strada delle riforme. Questo determinerà il nome del prossimo Presidente. Tra i nomi fatti, quello di Giuliano Amato è quello che raccoglie il maggior numero di consensi. Piace alla sinistra Pd, non dispiace a Renzi ed è perfetto per Silvio Berlusconi. Ha solo un grande neo: non piace agli italiani. I motivi sono tanti: alcuni risiedono nei suoi trascorsi da premier, altri dipendono dalle tante cariche che ha collezionato negli anni e che gli valgono tante preziose pensioni.
Mattarella, l’ex ministro desaparecido. C’è poi Sergio Mattarella. Oggi sarebbe un perfetto sconosciuto se non fosse che il suo nome è legato alla legge elettorale in vigore negli anni novanta e spesso presa ad esempio come metro di paragone per il Porcellum. La sua caratura internazionale è pari a zero. Il suo peso politico anche. A Renzi piace anche perché la sua figura non consente appigli ai grillini anti-casta. Piace anche alla sinistra Pd. Non a caso è il candidato ufficiale dei democratici alla prima votazione di oggi. Ma Berlusconi storce il naso. Non vuole ritrovarsi al Colle un nuovo Napolitano, visto lo scontro tra lui e il giurista dem nel 1990. Mattarella, ministro dell’Istruzione si dimise per protestare contro la Legge Mammì che diede il via alla privatizzazione della tv italiana e alla nascita dell’impero berlusconiano. Quante chance abbia? Dipende tutto dal MoVimento 5 Stelle non necessariamente contrario al silenzioso e serio cavalier Mattarella.
Sì a Prodi ma solo con i voti dei grillini. Se dovesse saltare, come sembra almeno per il momento, il Patto del Nazareno, o se Renzi e Berlusconi dovessero verificare che il voto congiunto non è possibile senza spaccare i propri partiti, il Pd dovrà guardare a sinistra e al MoVimento 5 Stelle. Così, se Mattarella non dovesse farcela (serve l’appoggio di parte di M5S e dei fittiani), si potrebbe convergere sul nome di Romano Prodi, uomo dall’alta caratura internazionale, ma forse un po’ troppo ingombrante per Renzi e certamente acerrimo nemico di Berlusconi. Il suo nome avrebbe più chance a sinistra e nel MoVimento rispetto a Mattarella.
Nessuna donna all’orizzonte. Poco probabile, al momento, la convergenza su una donna. Al di là di Emma Bonino che potrebbe rinunciare per problemi di salute, non c’è una figura convincente e soprattutto autorevole. Solo scelte a ribasso che potrebbero rivelarsi inadatte a ricoprire un ruolo del genere.
Veltroni, il jolly di Renzi. Se neanche Prodi dovesse andar bene, dopo aver vagliato tutte le possibilità a Renzi non resterebbe che sondare il nome di Valter Veltroni per la quarta o quinta votazione. Il fondatore del Pd è l’unico che, almeno sulla carta, potrebbe non dispiacere a nessuno. Non è, però, una scelta spendibile subito perché non è ben visto dai suoi stessi compagni di partito, soprattutto dalla minoranza. A Berlusconi potrebbe non dispiacere e potrebbe accaparrarsi i voti di alcuni parlamentari del MoVimento e di Sel. Ma lui sarà il jolly che Renzi vorrà spendere solo di fronte ad un possibile impasse, insieme al nome di Piero Fassino.