Qe, la svolta di Draghi che non piace ai tedeschi
La Bce stamperà moneta per contrastare la deflazione e rilanciare i consumi. La Merkel è furiosa
di Virgilio Bartolucci | 23 Gen 2015Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard
Da quando, nel 2011, è diventato il numero uno della Bce, il 67 enne Mario Draghi vive il momento più importante della sua presidenza. Tutto il mondo attendeva questa mossa e la mossa è arrivata. Un primo chiaro e inequivocabile segnale in controtendenza.
Funzionerà anche da noi? le differenze tra Usa e Ue. Tra quanto accaduto in USA e quello che potrebbe succedere da noi in UE c’è però una differenza che secondo alcuni analisti potrebbe minare la buona riuscita dell’operazione. Si tratta delle diverse proporzioni con cui le aziende americane si finanziano rispetto a quelle europee e in misura ancora superiore alle nostre.
Le imprese statunitensi infatti si finanziano per meno del 30% dalle banche e per il resto (tra il 70 e l’80%) emettendo titoli sul mercato, quindi quando la Fed immetteva denaro sonante sul mercato questo andava alle imprese per via diretta. Quelle europee invece prendono più del 50% delle finanze dalle banche – le imprese italiane anche di più – mentre il finanziamento raccolto sul mercato è decisamente minore.
Il problema delle Pmi. In particolare, l’economia europea è retta per lo più dalle piccole e medie imprese in cui si colloca la stragrande maggioranza dell’occupazione Queste, tutte assieme, rappresentano solo il 5% dei titoli collocati sul mercato, mentre si finanziano per l’80-90% dalle banche. Questo comporterebbe che per funzionare il Qe si dovrebbe accompagnare a un’erogazione di fondi maggiore da parte delle banche con tassi bancari più bassi (cosa che non è accaduta finora), assieme ad un deciso calo delle tasse che possa lasciare in cassa una maggiore liquidità: un’ipotesi assolutamente impraticabile visti i vincoli europei al bilancio che continuano a proibire un intervento diretto delle banche centrali dei singoli Stati.
di Virgilio Bartolucci | 23 Gen 2015Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard
Da quando, nel 2011, è diventato il numero uno della Bce, il 67 enne Mario Draghi vive il momento più importante della sua presidenza. Tutto il mondo attendeva questa mossa e la mossa è arrivata. Un primo chiaro e inequivocabile segnale in controtendenza.
Funzionerà anche da noi? le differenze tra Usa e Ue. Tra quanto accaduto in USA e quello che potrebbe succedere da noi in UE c’è però una differenza che secondo alcuni analisti potrebbe minare la buona riuscita dell’operazione. Si tratta delle diverse proporzioni con cui le aziende americane si finanziano rispetto a quelle europee e in misura ancora superiore alle nostre.
Le imprese statunitensi infatti si finanziano per meno del 30% dalle banche e per il resto (tra il 70 e l’80%) emettendo titoli sul mercato, quindi quando la Fed immetteva denaro sonante sul mercato questo andava alle imprese per via diretta. Quelle europee invece prendono più del 50% delle finanze dalle banche – le imprese italiane anche di più – mentre il finanziamento raccolto sul mercato è decisamente minore.
Il problema delle Pmi. In particolare, l’economia europea è retta per lo più dalle piccole e medie imprese in cui si colloca la stragrande maggioranza dell’occupazione Queste, tutte assieme, rappresentano solo il 5% dei titoli collocati sul mercato, mentre si finanziano per l’80-90% dalle banche. Questo comporterebbe che per funzionare il Qe si dovrebbe accompagnare a un’erogazione di fondi maggiore da parte delle banche con tassi bancari più bassi (cosa che non è accaduta finora), assieme ad un deciso calo delle tasse che possa lasciare in cassa una maggiore liquidità: un’ipotesi assolutamente impraticabile visti i vincoli europei al bilancio che continuano a proibire un intervento diretto delle banche centrali dei singoli Stati.