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Diritto di critica | December 22, 2024

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L'addio di Napolitano, tra luci e qualche ombra

Se ne va lasciandosi alle spalle il peso di un ruolo centrale durante la dura crisi che ha colpito l'Italia. Senza però dimenticare la firma del Lodo Alfano

di | 15 Gen 2015Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard

LA TRATTATIVA STATO MAFIA. Lo scontro con alcuni quotidiani, a cominciare da Il Fatto, è stato a viso aperto e le insistenti voci di una sua presunta affiliazione alla massoneria internazionale – secondo Gioele Magaldi, addirittura ad importantissime logge segrete mondiali – e alle lobby europee legate al rigore che sta uccidendo la nostra economia, non devono avergli certo fatto piacere. Ma a gettare una luce sinistra sulla sua figura è stato soprattutto l’avvicinamento della sua persona alla vicenda della “trattativa Stato-mafia”. Il modo in cui era stato intercettato in modo lesivo delle sue prerogative mentre parlava con l’indagato Nicola Mancino, la durezza con cui aveva fatto valere i poteri di Capo dello Stato facendo distruggere le telefonate illegittimamente registrate e conservate, la deposizione che per tre ore aveva dovuto comunque rendere ai magistrati e, soprattutto e più di ogni altra cosa, la morte di uno dei suoi più stretti e fidati consiglieri giuridici, il magistrato ed ex collaboratore di Giovanni Falcone, Loris D’Ambrosio – che, dopo essere stato ascoltato dai pm palermitani, scrisse una lettera di dimissioni indirizzata a Napolitano e resa nota dal Quirinale, contenente dichiarazioni criptiche e inquietanti, di cui al Presidente è stato chiesto -, lo devono aver molto provato. Lo testimonia il modo in cui ha reagito attaccando giornali e magistrati dopo l’infarto che ha colpito D’Ambrosio: “Atroce è il mio rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose cui era stato di recente pubblicamente esposto…”

RITORNO A CASA. Ora che tutto questo è finito, Giorgio Napolitano avrà certamente più tempo per passeggiare con sua moglie e un posto da senatore a vita in qualità di Presidente Emerito. Nel vederlo allontanarsi dalla sua “prigione” dorata con l’auto blu con cui quasi un decennio fa aveva inaugurato la sua avventura, viene da chiedersi come lo giudicheremo tra qualche anno, magari a mente fredda, rendendoci conto di quanto deve essere stato difficile dover prendere decisioni capitali in mezzo al desolante nulla della politica italiana di questi anni. Magari allora il giudizio sarà diverso da quello non proprio immacolato che emerge adesso. Come sempre toccherà ai posteri l’ardua sentenza.

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