Parigi, voci e speranze dopo la strage
di Francesco Ruffinoni
PARIGI – Ieri pomeriggio, a Parigi, si respirava un’aria surreale, un’atmosfera ovattata, vestita a lutto. Un disagio strisciante ha accompagnato (e tutt’ora accompagna) le strade e gli angoli della capitale, anche quelli distanti dal punto dell’attentato. In metropolitana, nelle pasticcerie, nei grandi istituti scolastici del sedicesimo e del settimo arrondissement, si tenta di affrontare quanto successo con quella forza e quella determinazione che qualifica, da secoli, la Grandeur d’Europa.
D’altra parte, quel che è avvenuto è qualcosa di tremendo e unico. La Francia, cuore pulsante dell’Occidente, paladina di diritti e libertà, è stata colpita e ferita. Sono diversi gli attacchi terroristici che questa nazione ha subito negli ultimi anni, ma mai un’aggressione era stata così carica di significato, così violenta nella forma e nel messaggio: un vero e proprio sfregio alla sua storia, alle sue conquiste, al suo modo di essere e pensare. È per questo motivo che, oggi, pure in luoghi confortabili e benestanti, come Rue de la Pompe o Avenue Mozart, si respira qualcosa di nuovo e nauseante: le persone sanno che, lentamente, tutto cambierà.
Eppure i francesi, i figli della Rivoluzione, quella che ha insegnato al mondo la laicità, la tolleranza e l’inviolabilità dell’irriverenza, non ci stanno. Già ieri, molte piazze di Francia si sono spontaneamente riempite di cittadini che, riuniti dall’hashtag #JeSuisCharlie, hanno manifestato in onore delle vittime e in disprezzo dei carnefici, in nome di quei valori repubblicani che brillavano, prepotentemente, nella luce delle loro fiaccole e dei loro occhi. Occhi bagnati di tristezza e rabbia, perché l’inchiostro si sconta con l’inchiostro, non con il sangue. Perché la satira, anche se scomoda, è il sale di una democrazia sana, il suo termometro più autentico. Proprio per questo, per sabato, è già in programma una ‘Marche Républicaine’, in Place de la Republique.
Anche a Parigi sono i social network che, ancora una volta, riflettono lo stato d’animo delle persone: chi ribadisce l’intangibilità della libertà, chi si impegna a distinguere fra fanatismo e religione e chi, semplicemente, vuole ricordare le vittime di questa barbarie. Perché i Francesi sono così: come gli antichi Greci, amano litigare e dirsene di ogni, ma poi, durante la calamità, emerge il forte senso patriottico che li distingue, quel ‘richiamo alle armi’ che fa della Francia uno Stato politicamente robusto, non solo sul piano nazionale. La rabbia, ora, rischia però di impossessarsi dell’animo di molti e qualcuno già cavalca gli eventi per guadagnare qualche voto in più. Ma se l’Occidente vuole rimanere coerente con se stesso e con i propri valori non deve cedere alla paura, non deve svendere il proprio essere per un po’ di sicurezza: le libertà vanno coltivate e accresciute, anche e soprattutto in un mondo dominato dal terrore. Questa è la lezione vincente, questo è il cammino che la Francia deve perseguire.
Questa è la Francia, terra di Carlo Magno, di Napoleone e di Charles de Gaulle, della Rivoluzione Francese; questa è Parigi. E stanotte, quando calerà il buio e il cielo brucerà di rosso, il grande occhio della Tour Eiffel ricorderà a tutti che la luce, spesso, si trova in alto ed è difficile da raggiungere.