Ratzinger-Bergoglio, la Chiesa caccia i pedofili ''coperti'' ai tempi di Woytjla - Diritto di critica
L’ANALISI – Arresto con anteprima a La7 per il vescovo Wesolowski, con tanto di sottolineatura – rimbalzata su tutti i giornali come un mantra – che l’operazione sarebbe stata voluta e autorizzata dallo stesso papa Bergoglio. In realtà, che il papa abbia dato il suo placet non dovrebbe sorprendere, dato che si tratta di una monarchia assoluta.
Detto questo, l’operazione voluta da Bergoglio è la seconda fase di un percorso di “pulizia” iniziato da Joseph Ratzinger, rispetto a una situazione vecchia di trent’anni che era andata incancrenendosi sotto Karol Wojtyla, il santo. Pochi infatti ricordano che tutti gli episodi più clamorosi di pedofilia sono avvenuti sotto il papato di Giovanni Paolo II e in un’epoca in cui la Guerra Fredda divideva il mondo. Con il comunismo in cerca di scandali per screditare la Chesa, infatti, le notizie di reato relative ad atti di pedofilia venivano sistematicamente taciute, i prelati rimossi e spostati di sede. Lo stesso Wojtyla – e non mancano testimonianze in tal senso – avrebbe in passato bloccato e insabbiato, in via indiretta, le inchieste e le notizie di reato che allora gli venivano portate proprio da Jospeh Ratzinger. Lo stesso Benedetto XVI che, poco prima di diventare papa, parlò nelle meditazioni pasquali di “sporicizia nella Chiesa”: “Quanta sporcizia c’è nella chiesa, e proprio tra coloro tra i sacerdoti. Quanta superbia. La chiesa sembra una barca che sta per affondare, che fa acqua da tutte le parti. La veste e i volti così sporchi ci sgomentano, ma siamo noi a sporcarli, siamo noi a tradirli”.
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Durante il suo pontificato, Ratzinger ridusse alla condizione laicale almeno 400 sacerdoti accusati di pedofilia. Primo tra tutti quel Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, per anni protetto proprio da Giovanni Paolo II.
La Chiesa, dunque, si trova oggi a dover fare i conti con un modus operandi che invece di reprimere, nascondeva. Bergoglio sta iniziando a rimuovere prelati, vescovi e cardinali che per decenni hanno rispettato le direttive impartite dall’allora Woytjla, un papa che – se per certi versi ha contribuito a tenere in equilibrio le sorti dell’Occidente – per altri ha messo la sordina a crimini orrendi, nell’illusione di non screditare la Chiesa in un’epoca di tensioni con il blocco comunista. Lo stesso pontificato, d’altronde, sotto cui avvennero fatti neri come lo scandalo della Banca Vaticana guidata da quel Paul Marcinkus di cui Mino Pecorelli scrisse che dal 1978 faceva parte della Massoneria, coinvolto secondo molti anche nel crac del Banco Ambrosiano.
Come dire: al di là delle beatificazioni e delle canonizzazioni, l’opera di pulizia di Ratzinger e Bergoglio rispetto agli ultimi trenta-quarant’anni è appena all’inizio. Per portarla avanti da quel chiuso circondario che sono le mura vaticane, però, il nuovo papa ha bisogno del supporto e del sostegno dei propri fedeli. E quindi di una scorta mediatica capace di far avvertire a tutti – fuori e dentro le mura vaticane – che la strada intrapresa non si può più abbandonare, pena una perdita clamorosa di consensi, fedeli e autorevolezza. Per tacer di Woytjla.
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Bene. E non sarebbe ora di consegnare i preti, vescovi e arcivescovi pedofili ai bracci della giustizia laica e alle carceri dei paesi in cui hanno commesso i loro misfatti?
Cosa se ne fanno degli “arresti domiciliari” al Vaticano?
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