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Diritto di critica | November 21, 2024

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Pumata bianca

di Matteo Martone

Dopo la pessima figura in Brasile e le conseguenti dimissioni di Cesare Prandelli, prontamente consolatosi con il Galatasaray, l’Italia pallonara sembra pronta ad accogliere il nuovo commissario tecnico, Antonio Conte. Anzi, a sentire i primi commenti, più che un commissario tecnico o un allenatore (come sembra lui preferirà essere definito) i tifosi italiani sarebbero pronti a incensare il nuovo salvatore della patria (tanto per cambiare).

Fermo restando il valore dei risultati ottenuti in Italia da Antonio Conte alla guida della Juventus, qualche dubbio legittimo dovrebbe sorgere: prima di tutto l’esperienza internazionale da allenatore del prossimo CT non è poi così consolidata e il percorso con i bianconeri in Europa nelle passate stagioni non è stato propriamente esaltante. Inoltre la rottura tra Conte e la dirigenza bianconera sembra essersi consumata a causa di una divergenza di vedute sulla costruzione della squadra e allora il dilemma è sempre lo stesso: un allenatore che pretende di avere sempre a disposizione i migliori giocatori e che, non sentendosi accontentato dai propri dirigenti, preferisce dimettersi, come si comporterà alla guida di una nazionale dove non è possibile fare mercato ma ci si deve accontentare del “materiale umano” a disposizione? (a dire il vero qualche innesto negli ultimi anni si è fatto, con le naturalizzazioni di grandi talenti del calibro di Camoranesi, Amauri, Thiago Motta o Paletta…).

È un po’ il dubbio che ha accompagnato Fabio Capello nella sua brillante carriera da allenatore: sempre in grado di trovare il club giusto al momento giusto e di ottenere l’acquisto dei giocatori desiderati ma in difficoltà (come dimostrano i risultati nelle grandi competizioni) quando si è trovato a guidare una nazionale (quella inglese prima e quella russa poi).

Questi sono i dubbi sportivi, se volete anche le chiacchiere da bar sport di un paese di allenatori, poi però ci sono altre valutazioni, più serie: nel 2012 Antonio Conte è stato condannato dalla giustizia sportiva e ha scontato una squalifica per il caso calcioscommesse mentre sul suo passato da calciatore pesa l’ombra del processo doping alla Juventus, di cui è stato capitano e simbolo. I suoi atteggiamenti fuori dal campo e la sua perfetta personificazione del cosidetto “stile Juventus” ne hanno fatto poi, a detta dei più, uno degli allenatori più antipatici della serie A.

Insomma, un curriculum di tutto rispetto per provare a riunificare l’Italia calcistica dopo la delusione mondiale e il deprimente teatrino dell’elezione del presidente della FIGC. A proposito, tra quanto il moto popolare contro l’elezione di Tavecchio sarà solo un pallido ricordo e il neo eletto presidente sarà guardato con maggiore simpatia, come nella più classica tradizione smemorata italiana? Forse già proprio con la nomina di Antonio Conte, per la quale si dovrà ringraziare lo sponsor tecnico della nazionale – la Puma – che sembra contribuirà generosamente all’ingaggio da top manager del nuovo CT.

La sensazione è che la pagina che la federazione sta per aprire non sia poi così nuova e che l’unità calcistica italiana sia solo un miraggio, così come l’idea di avere una nazionale “simpatica” a tutti i tifosi. Ma in fondo ai tifosi italiani interessa davvero della nazionale?

@matteomartone