Morale e doppiopesismo, il caso Tavecchio
In mattinata la lettera della FIFA alla FIGC: ''aprite un'indagine''
di Matteo Martone
Se c’è una cosa ammiro di questo Paese è la coerenza. La coerenza nel mantenere costantemente una doppia morale e un doppiopesismo: dimmi a che categoria sociologica appartieni e ti dirò fin dove ti puoi spingere.
Per questo se sei un tifoso e frequenti con una certa costanza le curve degli stadi, sei mediamente becero, violento e razzista: hai voglia a spiegare che se insulti Balotelli non lo fai per il colore della sua pelle ma per i suoi atteggiamenti, hai voglia a dire che il coro che cantavi non diceva “rossoneri squadra di neri” ma “rossoneri carabinieri” (vedi quanto successo in un Milan-Roma della passata stagione). Sei un tifoso e in quanto tale sei meritevole di attacchi continui e squalifiche assurde, magari per interposta persona.
Se invece sei un politico, puoi tranquillamente utilizzare similitudini che comprendono come termine di paragone una scimmia o più genericamente un “mangia banane” per rivolgerti a chiunque abbia un colore della pelle diverso dal tuo. Al massimo te la caverai con un po’ di sdegno pubblico e qualche riga di giornale contro. Tanto poi basta poco per cavarsela: un “sono stato frainteso”, oppure un “la mia era una critica politica” o un “non sono razzista, sono solo un uomo istintivo”. E così passa tutto, qualche giornale amico avrà la premura di raccontare il tuo “carattere focoso”, e potrai proseguire nella carica che ricopri o che stai per ricoprire.
Di chi parlo nello specifico? Potrebbe essere uno dei tanti esponenti leghisti che ci hanno “deliziato” in questi anni con le loro perle. Stavolta però si tratta di Carlo Tavecchio, presidente in pectore della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). Un “politico” a tutti gli effetti, pure parecchio navigato, che tra poco si troverà a gestire la federazione sportiva che più conta in Italia (almeno in termini di impatto mediatico e di volume di affari) e che ha pensato bene, in un discorso pubblico, di criticare le scelte dei club italiani che acquistano dei “mangia banane” e li fanno giocare.
Ovviamente hanno fatto seguito le scuse e prontamente l’infelice uscita è stata bollata come “gaffe”. Eppure a guardarla bene non è una gaffe. È razzismo. È sciocca espressione di una mentalità retrograda, per la precisione.
E se è di poco fa la notizia che la FIFA ha inviato una lettera alla FIGC per chiedere di indagare sulle parole di Tavecchio, l’unico vero segnale di cambiamento verrebbe dal ritiro della candidatura o dei voti a sostegno. Alla fine, purtroppo, temiamo (sappiamo?) tutti che la vicenda si risolverà con la sua elezione e velocemente verrà fatto dimenticare lo scandalo di questi giorni.
Attendo con impazienza, però, la prossima occasione in cui si attaccherà furiosamente il razzismo delle curve oppure si aderirà con toni trionfalistici a qualsiasi campagna contro il razzismo, magari come quella virale di qualche mese fa nata dal gesto di Dani Alves, calciatore del Barcellona, che vistosi lanciare contro una banana se l’è mangiata di gusto annichilendo l’imbecille di turno, nel plauso di tutto il mondo e delle istituzioni calcistiche italiane al grido di “si può fare qualcosa di più stupido che mettere in mezzo le banane nel 2014!”. Oppure attendo di ascoltare ancora una volta l’ammirazione del mondo sportivo italiano per una decisione come quella presa dall’NBA che ha sospeso a vita il proprietario della squadra dei Los Angeles Clippers, Donald Sterling, per aver pronunciato delle frasi razziste.
Ovviamente se venissi smentito su tutta la linea e magari stavolta ci fosse un vero passo indietro, una rinuncia alla candidatura, ne sarei ben felice. Altrimenti, quando episodi di questo tipo si ripeteranno non potrò fare a meno di pensare a quanto sia bella la coerenza, o almeno la coerenza della doppia morale italiana.
di Matteo Martone
Se c’è una cosa ammiro di questo Paese è la coerenza. La coerenza nel mantenere costantemente una doppia morale e un doppiopesismo: dimmi a che categoria sociologica appartieni e ti dirò fin dove ti puoi spingere.
Per questo se sei un tifoso e frequenti con una certa costanza le curve degli stadi, sei mediamente becero, violento e razzista: hai voglia a spiegare che se insulti Balotelli non lo fai per il colore della sua pelle ma per i suoi atteggiamenti, hai voglia a dire che il coro che cantavi non diceva “rossoneri squadra di neri” ma “rossoneri carabinieri” (vedi quanto successo in un Milan-Roma della passata stagione). Sei un tifoso e in quanto tale sei meritevole di attacchi continui e squalifiche assurde, magari per interposta persona.
Se invece sei un politico, puoi tranquillamente utilizzare similitudini che comprendono come termine di paragone una scimmia o più genericamente un “mangia banane” per rivolgerti a chiunque abbia un colore della pelle diverso dal tuo. Al massimo te la caverai con un po’ di sdegno pubblico e qualche riga di giornale contro. Tanto poi basta poco per cavarsela: un “sono stato frainteso”, oppure un “la mia era una critica politica” o un “non sono razzista, sono solo un uomo istintivo”. E così passa tutto, qualche giornale amico avrà la premura di raccontare il tuo “carattere focoso”, e potrai proseguire nella carica che ricopri o che stai per ricoprire.
Di chi parlo nello specifico? Potrebbe essere uno dei tanti esponenti leghisti che ci hanno “deliziato” in questi anni con le loro perle. Stavolta però si tratta di Carlo Tavecchio, presidente in pectore della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). Un “politico” a tutti gli effetti, pure parecchio navigato, che tra poco si troverà a gestire la federazione sportiva che più conta in Italia (almeno in termini di impatto mediatico e di volume di affari) e che ha pensato bene, in un discorso pubblico, di criticare le scelte dei club italiani che acquistano dei “mangia banane” e li fanno giocare.
Ovviamente hanno fatto seguito le scuse e prontamente l’infelice uscita è stata bollata come “gaffe”. Eppure a guardarla bene non è una gaffe. È razzismo. È sciocca espressione di una mentalità retrograda, per la precisione.
E se è di poco fa la notizia che la FIFA ha inviato una lettera alla FIGC per chiedere di indagare sulle parole di Tavecchio, l’unico vero segnale di cambiamento verrebbe dal ritiro della candidatura o dei voti a sostegno. Alla fine, purtroppo, temiamo (sappiamo?) tutti che la vicenda si risolverà con la sua elezione e velocemente verrà fatto dimenticare lo scandalo di questi giorni.
Attendo con impazienza, però, la prossima occasione in cui si attaccherà furiosamente il razzismo delle curve oppure si aderirà con toni trionfalistici a qualsiasi campagna contro il razzismo, magari come quella virale di qualche mese fa nata dal gesto di Dani Alves, calciatore del Barcellona, che vistosi lanciare contro una banana se l’è mangiata di gusto annichilendo l’imbecille di turno, nel plauso di tutto il mondo e delle istituzioni calcistiche italiane al grido di “si può fare qualcosa di più stupido che mettere in mezzo le banane nel 2014!”. Oppure attendo di ascoltare ancora una volta l’ammirazione del mondo sportivo italiano per una decisione come quella presa dall’NBA che ha sospeso a vita il proprietario della squadra dei Los Angeles Clippers, Donald Sterling, per aver pronunciato delle frasi razziste.
Ovviamente se venissi smentito su tutta la linea e magari stavolta ci fosse un vero passo indietro, una rinuncia alla candidatura, ne sarei ben felice. Altrimenti, quando episodi di questo tipo si ripeteranno non potrò fare a meno di pensare a quanto sia bella la coerenza, o almeno la coerenza della doppia morale italiana.