Il massacro sistematico degli sciiti. Ma il mondo guarda solo a Israele
Migliaia di morti di cui nessuno parla, persecuzioni e torture ignorate dai media
“Genocidio del popolo palestinese” e “aggressione indiscriminata” da parte di Israele. Sono queste le parole chiave che hanno caratterizzato media e dibattiti in questi ultimi giorni con proteste nelle piazze, condivisioni di ogni tipo sui social network e inviti al boicottaggio dei prodotti israeliani.
Ora, senza entrare nel merito della questione, che richiederebbe un’analisi a sé, è più che lecito chiedersi per quale motivo tutto questo attivismo da parte di certi ambienti islamisti europei e da parte dei “paladini dei diritti umani” non lo abbiamo visto nei confronti degli sciiti, sistematicamente massacrati da gruppi di estremisti salafiti; un caso lampante è proprio quello della recente avanzata dello Stato Islamico in Iraq (ex Isil) che ha causato centinaia di morti e circa 300.000 profughi, secondo stime dell’Alta Commissione per i Diritti Umani dell’Onu.
I numeri della Shia Rights Watch parlano chiaro: dall’inizio del 2014 sono stati uccisi più di 4000 sciiti, di cui 3794 soltanto in Iraq (1600 nei primi tre mesi dell’anno), ma il numero è in aumento a causa dell’avanzata dello Stato Islamico che ha come bersaglio primario la popolazione sciita irachena. Sempre nel 2014, in Siria gli sciiti massacrati sono più di 200, in Pakistan 380 e casi sono stati registrati anche in Libano, Bahrein e Yemen.
Migliaia di casi e tutti meriterebbero di essere trattati, ma per motivi di spazio ci limiteremo a citarne soltanto alcuni:
lo scorso 11 giugno la guida religiosa Sayed Reza Bahtani e famiglia, originari di Samarra, sono stati massacrati, insieme a un’altra famiglia, dai terroristi dello Stato Islamico, mentre erano sulla strada per Najaf. Il 2 luglio i jihadisti hanno preso di mira per la terza volta il mausoleo di al-Askari, che ospita la tomba di due imam sciiti, uccidendo sei fedeli e ferendone altri. Il 6 giugno 54 sciiti sono stati massacrati in un attacco dello Stato Islamico a due mausolei di Samarra; i terroristi hanno successivamente occupato alcune moschee della città. Il 4 giugno lo Stato Islamico ha preso di mira l’ospedale di Hilla, uccidendo 14 persone e ferendone una sessantina. Il giorno prima una serie di bombe sono esplose in alcune zone commerciali sciite a Najaf, Iskanadriyah, Nasiriyah e al mercato di Mahmoudiyah. Il 29 maggio una serie di ordigni piazzati a Sadr City e Mosul hanno causato una sessantina di morti, mentre quattro giorni prima è toccato a 35 pellegrini sciiti che si recavano alla commemorazione dell’imam Mousa al-Kazim.
L’Iraq è un caso paradossale, dove la maggioranza sciita è da anni vittima di continui attentati da parte dei jihadisti salafiti.
Come dimenticare poi il primo pogrom della storia d’Egitto, avvenuto sotto il governo dei Fratelli Musulmani nel 2013, quando un gruppo di fedeli riunitisi in una casa privata ad Abu Musallim vennero linciati da una folla di estremisti salafiti. Nel 2008 il leader spirituale dei Fratelli Musulmani, Yusuf al-Qaradawi, lanciò un monito contro “l’imperialismo sciita” che minerebbe la sicurezza dei sunniti in Egitto e in altri paesi islamici.
La Human Rights Watch denunciò sul proprio sito la violenta e sistematica propaganda di salafiti e dei Fratelli Musulmani contro gli sciiti egiziani, perpetrata per anni.
In Bahrein, dove regna la famiglia sunnita di origine qatariota al-Khalifa, la popolazione sciita (due terzi del paese) è costantemente vittima di persecuzioni, con migliaia di casi di arresti e torture documentati dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani.
La Human Rights Commission of Pakistan ha invece documentato che, soltanto nel 2013, più di mille sciiti sono stati uccisi in centinaia di attentati, principalmente nelle città di Quetta, Karachi, Kangu, Parachinar, Islamabad e Rawalpindi.
Nel marzo del 2013 una moschea sciita ad Anderlecht, in Belgio, venne presa di mira da un estremista salafita che entrò nell’edificio armato di ascia e con una tanica di benzina con la quale appiccò un incendio. Nell’attentato perse la vita l’imam, Abdallah Dadou.
La questione dell’intolleranza nei confronti degli sciiti purtroppo riguarda anche l’Italia, dove sui social network sono stati segnalati numerosi commenti fortemente anti-sciiti, pubblicati anche da alcuni convertiti.
Insomma, per quale motivo non abbiamo visto alcuna mobilitazione per le migliaia di morti tra gli sciiti, perpetrate sistematicamente negli anni da parte degli estremisti? Musulmani che uccidono altri musulmani, in quanto non considerati tali; migliaia di morti, ma di loro non vale la pena parlare, è un argomento scomodo. I pacifisti tacciono.
www.giovannigiacalone.net
“Genocidio del popolo palestinese” e “aggressione indiscriminata” da parte di Israele. Sono queste le parole chiave che hanno caratterizzato media e dibattiti in questi ultimi giorni con proteste nelle piazze, condivisioni di ogni tipo sui social network e inviti al boicottaggio dei prodotti israeliani.
Ora, senza entrare nel merito della questione, che richiederebbe un’analisi a sé, è più che lecito chiedersi per quale motivo tutto questo attivismo da parte di certi ambienti islamisti europei e da parte dei “paladini dei diritti umani” non lo abbiamo visto nei confronti degli sciiti, sistematicamente massacrati da gruppi di estremisti salafiti; un caso lampante è proprio quello della recente avanzata dello Stato Islamico in Iraq (ex Isil) che ha causato centinaia di morti e circa 300.000 profughi, secondo stime dell’Alta Commissione per i Diritti Umani dell’Onu.
I numeri della Shia Rights Watch parlano chiaro: dall’inizio del 2014 sono stati uccisi più di 4000 sciiti, di cui 3794 soltanto in Iraq (1600 nei primi tre mesi dell’anno), ma il numero è in aumento a causa dell’avanzata dello Stato Islamico che ha come bersaglio primario la popolazione sciita irachena. Sempre nel 2014, in Siria gli sciiti massacrati sono più di 200, in Pakistan 380 e casi sono stati registrati anche in Libano, Bahrein e Yemen.
Migliaia di casi e tutti meriterebbero di essere trattati, ma per motivi di spazio ci limiteremo a citarne soltanto alcuni:
lo scorso 11 giugno la guida religiosa Sayed Reza Bahtani e famiglia, originari di Samarra, sono stati massacrati, insieme a un’altra famiglia, dai terroristi dello Stato Islamico, mentre erano sulla strada per Najaf. Il 2 luglio i jihadisti hanno preso di mira per la terza volta il mausoleo di al-Askari, che ospita la tomba di due imam sciiti, uccidendo sei fedeli e ferendone altri. Il 6 giugno 54 sciiti sono stati massacrati in un attacco dello Stato Islamico a due mausolei di Samarra; i terroristi hanno successivamente occupato alcune moschee della città. Il 4 giugno lo Stato Islamico ha preso di mira l’ospedale di Hilla, uccidendo 14 persone e ferendone una sessantina. Il giorno prima una serie di bombe sono esplose in alcune zone commerciali sciite a Najaf, Iskanadriyah, Nasiriyah e al mercato di Mahmoudiyah. Il 29 maggio una serie di ordigni piazzati a Sadr City e Mosul hanno causato una sessantina di morti, mentre quattro giorni prima è toccato a 35 pellegrini sciiti che si recavano alla commemorazione dell’imam Mousa al-Kazim.
L’Iraq è un caso paradossale, dove la maggioranza sciita è da anni vittima di continui attentati da parte dei jihadisti salafiti.
Come dimenticare poi il primo pogrom della storia d’Egitto, avvenuto sotto il governo dei Fratelli Musulmani nel 2013, quando un gruppo di fedeli riunitisi in una casa privata ad Abu Musallim vennero linciati da una folla di estremisti salafiti. Nel 2008 il leader spirituale dei Fratelli Musulmani, Yusuf al-Qaradawi, lanciò un monito contro “l’imperialismo sciita” che minerebbe la sicurezza dei sunniti in Egitto e in altri paesi islamici.
La Human Rights Watch denunciò sul proprio sito la violenta e sistematica propaganda di salafiti e dei Fratelli Musulmani contro gli sciiti egiziani, perpetrata per anni.
In Bahrein, dove regna la famiglia sunnita di origine qatariota al-Khalifa, la popolazione sciita (due terzi del paese) è costantemente vittima di persecuzioni, con migliaia di casi di arresti e torture documentati dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani.
La Human Rights Commission of Pakistan ha invece documentato che, soltanto nel 2013, più di mille sciiti sono stati uccisi in centinaia di attentati, principalmente nelle città di Quetta, Karachi, Kangu, Parachinar, Islamabad e Rawalpindi.
Nel marzo del 2013 una moschea sciita ad Anderlecht, in Belgio, venne presa di mira da un estremista salafita che entrò nell’edificio armato di ascia e con una tanica di benzina con la quale appiccò un incendio. Nell’attentato perse la vita l’imam, Abdallah Dadou.
La questione dell’intolleranza nei confronti degli sciiti purtroppo riguarda anche l’Italia, dove sui social network sono stati segnalati numerosi commenti fortemente anti-sciiti, pubblicati anche da alcuni convertiti.
Insomma, per quale motivo non abbiamo visto alcuna mobilitazione per le migliaia di morti tra gli sciiti, perpetrate sistematicamente negli anni da parte degli estremisti? Musulmani che uccidono altri musulmani, in quanto non considerati tali; migliaia di morti, ma di loro non vale la pena parlare, è un argomento scomodo. I pacifisti tacciono.
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“Nel marzo del 2013 una moschea sciita ad Anderlecht, in Belgio, venne presa di mira da un estremista salafita che entrò nell’edificio armato di ascia e con una tanica di benzina con la quale appiccò un incendio. Nell’attentato perse la vita l’imam, Abdallah Dadou.”
Adesso non si parla più nemmeno dell’uccisione delle spie del Mossad a Bruxelles. Il presunto attntatore è stato estradato? È stato processato? È stato condannato?
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