Immunità non è impunità
La riforma del Senato ha fatto emergere una polemica sterile sulla previsione di immunità dei suoi nuovi componenti
IL GRAFFIO – Immunità non vuol dire impunità. Se non si chiarisce questo concetto base, ogni speculazione sull’attuale riforma del Senato rischia di non avere senso o di partire da presupposti sbagliati. Se da un lato infatti è più che evidente come dell’immunità la politica spesso si sia approfittata, dall’altro è scorretto parlare dello “scudo” costituzionale come di un escamotage per delinquere. Tutto, infatti, sta ai partiti.
Di recente, il Parlamento e Matteo Renzi in particolare, sulle “garanzie” ai deputati hanno cambiato decisamente verso, senza fare sconti ai colleghi su cui pendeva una richiesta di arresto (vedi il caso Genovese). E che questa sia ormai diventata la via maestra da cui non si scappa è anche merito dei Cinque stelle che hanno portato in Parlamento l’esasperazione dei cittadini nei confronti della “casta”. La situazione era diventata così insostenibile che non si poteva fare altrimenti e chi sgarrerà adesso rischia di essere additato ancora come appartenente alla vecchia politica traffichina, che tutti i partiti dicono di volersi lasciare alle spalle.
Ma c’è di più. L’immunità, infatti, è e dovrebbe essere una garanzia di libertà d’opinione e d’agire per i parlamentari, strumento capace di arginare eventuali inchieste o procedimenti strumentali e mirati a colpire l’azione politica di un senatore o deputato. Cosa accadrebbe se, in concomitanza con decisioni importanti per il Paese, la magistratura aprisse un’inchiesta o chiedesse l’arresto per un decisore politico? La risposta è semplice: il Parlamento sarebbe preda delle inchieste. In questo senso, quindi, l’immunità è garanzia contro qualsiasi tentativo di condizionamento più o meno esplicito.
La realtà dei fatti, però, rimanda ancora una volta ai partiti: se non ci fosse l’immunità, sarebbero comunque responsabili per eventuali candidature imposte dall’alto che si rivelassero poi “scomode” dal punto di vista giudiziario. Con l’immunità, di contro, dovranno dimostrare correttezza e responsabilità nei confronti dei cittadini e capacità di analisi per le richieste della magistratura. Siamo ormai in un’epoca in cui i Dell’Utri e i Cuffaro sono in carcere, la politica ha ben compreso la necessità di cambiare passo pena un’ulteriore e fatale perdita di credibilità. E in un contesto in cui l’alternativa è certo disfattismo a Cinque stelle, perdere voti per una richiesta di arresto conviene ormai a pochi partiti. Il tutto commisurato alla legittimità delle richieste avanzate dai magistrati.
Ma confondere immunità con impunità non è solo scorretto. Prima di tutto è falso.
@emilioftorsello
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IL GRAFFIO – Immunità non vuol dire impunità. Se non si chiarisce questo concetto base, ogni speculazione sull’attuale riforma del Senato rischia di non avere senso o di partire da presupposti sbagliati. Se da un lato infatti è più che evidente come dell’immunità la politica spesso si sia approfittata, dall’altro è scorretto parlare dello “scudo” costituzionale come di un escamotage per delinquere. Tutto, infatti, sta ai partiti.
Di recente, il Parlamento e Matteo Renzi in particolare, sulle “garanzie” ai deputati hanno cambiato decisamente verso, senza fare sconti ai colleghi su cui pendeva una richiesta di arresto (vedi il caso Genovese). E che questa sia ormai diventata la via maestra da cui non si scappa è anche merito dei Cinque stelle che hanno portato in Parlamento l’esasperazione dei cittadini nei confronti della “casta”. La situazione era diventata così insostenibile che non si poteva fare altrimenti e chi sgarrerà adesso rischia di essere additato ancora come appartenente alla vecchia politica traffichina, che tutti i partiti dicono di volersi lasciare alle spalle.
Ma c’è di più. L’immunità, infatti, è e dovrebbe essere una garanzia di libertà d’opinione e d’agire per i parlamentari, strumento capace di arginare eventuali inchieste o procedimenti strumentali e mirati a colpire l’azione politica di un senatore o deputato. Cosa accadrebbe se, in concomitanza con decisioni importanti per il Paese, la magistratura aprisse un’inchiesta o chiedesse l’arresto per un decisore politico? La risposta è semplice: il Parlamento sarebbe preda delle inchieste. In questo senso, quindi, l’immunità è garanzia contro qualsiasi tentativo di condizionamento più o meno esplicito.
La realtà dei fatti, però, rimanda ancora una volta ai partiti: se non ci fosse l’immunità, sarebbero comunque responsabili per eventuali candidature imposte dall’alto che si rivelassero poi “scomode” dal punto di vista giudiziario. Con l’immunità, di contro, dovranno dimostrare correttezza e responsabilità nei confronti dei cittadini e capacità di analisi per le richieste della magistratura. Siamo ormai in un’epoca in cui i Dell’Utri e i Cuffaro sono in carcere, la politica ha ben compreso la necessità di cambiare passo pena un’ulteriore e fatale perdita di credibilità. E in un contesto in cui l’alternativa è certo disfattismo a Cinque stelle, perdere voti per una richiesta di arresto conviene ormai a pochi partiti. Il tutto commisurato alla legittimità delle richieste avanzate dai magistrati.
Ma confondere immunità con impunità non è solo scorretto. Prima di tutto è falso.
@emilioftorsello
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l’immunità aveva un senso appena usciti dal fascismo… oggi poi quando ci sono le richieste di arresto ai politici il ”fumus persecutionis” non lo si trova mai.Se ancora nel 2014 si pensa che un magistrato emetta sentenze o faccia inchieste per idee politiche vuol dire avere un’ idea distorta della realtà.Purtroppo con questa classe politica attuale non è ne falso ne scorretto confondere impunità con immunità ma un ragionamento logico.Tangentopoli,Mose e Expo non hanno insegnato niente?…
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