Italia, meglio di così non si poteva fare - Diritto di critica
di Matteo Martone
La Nazionale italiana esce al primo turno del mondiale in Brasile e subito dopo la decisiva sconfitta contro l’Uruguay il commissario tecnico Cesare Prandelli e il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete si dimettono. Potenzialmente il miglior risultato possibile per l’Italia al mondiale. Non ovviamente della Nazionale, ma proprio dell’Italia, quella calcistica almeno.
I valori tecnici di questa nazionale erano piuttosto limitati, la confusione tattica evidente, eppure sarebbe potuta andare peggio di così. Ipotizziamo.
Scenario 1: l’Italia passa il girone e viene eliminata dignitosamente agli ottavi o ai quarti
Scenario 2: l’italica fortuna calcistica porta la Nazionale a un piazzamento più che decoroso, magari tra le prime quattro.
In entrambi i casi la squadra probabilmente sarebbe andata avanti con la convinzione di aver intrapreso la strada giusta, di aver iniziato un nuovo ciclo per il calcio italiano o peggio ancora di aver portato sul campo i valori di rinnovamento che l’Italia insegue a livello politico.
Ma la realtà, amaramente, è un’altra: questa Nazionale, oltre ad essere scarsa, era anche invisa a molti (articolo) perché guidata da un allenatore incoerente, privo di qualsiasi carisma ma carico di supponenza e arroganza, nutrita da una stampa mai così amica di un ct. Invisa anche perché si identificava con un unico grande blocco, quello juventino, e aveva eletto come uomo della provvidenza il più contradditorio e sopravvalutato dei calciatori italiani, Balotelli. Invisa, infine, perché costruita sul falso mito del codice etico e dei comportamenti corretti, intrisa di quell’apparenza e perbenismo che molti di noi già si trovano a combattere nella vita di tutti i giorni.
Per questo dico che, se tutto sarà confermato, non potevamo chiedere di più a questo mondiale: mandare a casa un commissario tecnico che si è dimostrato inadatto e incapace, ma rappresentativo della vecchia classe dirigente calcistica, e liberarci di chi, da dirigente, può ben essere annoverato tra i principali responsabili del disastro del sistema calcistico italiano.
La speranza è che l’irrevocabilità di queste dimissioni sia rispettata e, soprattutto, che si abbia la forza e la volontà di andare avanti, andare oltre le vecchie dinamiche di potere dello sport e del calcio italiano. Questa è la vera sfida e stavolta non ci si può accontentare di un pareggio. Ma, visto come è andata a finire quando il pareggio sarebbe bastato, forse è meglio così.