L'Italia del "non fare", buttati 60 miliardi all'anno
Uno studio della Bocconi rivela che da qui al 2027 la non realizzazione di infrastrutture e strade ci costerà 893 miliardi
Sessanta miliardi di euro in un anno. Tanto si spreca in Italia in termini di infrastrutture mai cominciate o bloccate sul nascere. Lo rivela uno studio dell’Università Bocconi, elaborato dall’“Osservatorio sui costi del non fare”, che quantifica in 893 miliardi di euro il costo, tra il 2012 e il 2027, della mancata realizzazione di opere strategiche. Opere che, se ben gestite, avrebbero creato ricchezza, e che invece vanno a pesare sulla collettività anche dal punto di vista sociale ed ambientale. 893 miliardi. E pensare che la ricerca della Bocconi non considera i costi degli altri fenomeni tipici del costume italico in tema di infrastrutture, ovvero i cantieri aperti e mai chiusi (l’avventura per eccellenza che il mondo ci invidia, la Salerno-Reggio Calabria), gli ecomostri destinati ad improbabili usi, e le opere mai utilizzate e costruite spendendo troppi soldi rispetto ad altri Paesi europei. E il caso a parte del ponte sullo Stretto di Messina, che non c’è e non ci sarà probabilmente mai, ma lo pagheremo più di un miliardo di euro.
Cosa andrebbe fatto L’Osservatorio ha illustrato come i mancati progetti di rinnovamento di cui avrebbe bisogno l’Italia riguardino sia lavori a livello nazionale, sia opere che portino progresso su scala locale (come piste ciclabili, scuole sicure, elettricità intelligente). In particolare ci costerà molto, da qui a 16 anni, non colmare il digital divide, ovvero non attrezzarsi con banda larga e ultralarga per aggiornare le telecomunicazioni e la connettività al pari degli altri Paesi: gli economisti della Bocconi calcolano un costo, per la mancata competitività, di 429 miliardi. Altro settore clou quello dei trasporti e delle vie di comunicazione, fondamentali per lo sviluppo. Il conto maggiore ce lo presenterà il sistema ferroviario: perderemo 129 miliardi se non rinnoveremo le linee convenzionali (specialmente al Sud) e non investiremo sull’alta velocità. Seguono nello studio bocconiano strade e autostrade (96 miliardi di costi) e la logistica (oltre 73). Infine, il reparto energetico non adeguato e senza progetti seri sulle rinnovabili ci costerà 65 miliardi come impianti di produzione e reti e 46 a livello di efficienza. Come dire: è ora di investire sul futuro e sull’innovazione, anche utilizzando meglio le risorse Ue che spetterebbero all’Italia ma finiscono nelle mani degli altri Paesi poiché non presentiamo una pianificazione all’altezza.
Niente di nuovo sotto il sole Sappiamo da sempre quanto lo spreco sia all’ordine del giorno nel nostro Paese. Basti pensare a tutti i soldi buttati, tra opere inutili o bloccate per infiltrazioni della malavita, durante i grandi eventi o le manifestazioni sportive internazionali: ancora oggi ci sorbiamo gli orrori di cemento abbandonati di Italia ’90 o di Torino 2006, per fare solo gli esempi più eclatanti. E ancora nel 2014 nelle previsioni di spesa di Palazzo Chigi c’è una voce che riguarda un mutuo acceso nel lontano 1987 per la costruzione degli stadi del Mondiale. Attendiamo di sapere quanto si sprecherà o verrà lasciato andare in rovina alla fine dell’Expò del 2015, a Milano.
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Sessanta miliardi di euro in un anno. Tanto si spreca in Italia in termini di infrastrutture mai cominciate o bloccate sul nascere. Lo rivela uno studio dell’Università Bocconi, elaborato dall’“Osservatorio sui costi del non fare”, che quantifica in 893 miliardi di euro il costo, tra il 2012 e il 2027, della mancata realizzazione di opere strategiche. Opere che, se ben gestite, avrebbero creato ricchezza, e che invece vanno a pesare sulla collettività anche dal punto di vista sociale ed ambientale. 893 miliardi. E pensare che la ricerca della Bocconi non considera i costi degli altri fenomeni tipici del costume italico in tema di infrastrutture, ovvero i cantieri aperti e mai chiusi (l’avventura per eccellenza che il mondo ci invidia, la Salerno-Reggio Calabria), gli ecomostri destinati ad improbabili usi, e le opere mai utilizzate e costruite spendendo troppi soldi rispetto ad altri Paesi europei. E il caso a parte del ponte sullo Stretto di Messina, che non c’è e non ci sarà probabilmente mai, ma lo pagheremo più di un miliardo di euro.
Cosa andrebbe fatto L’Osservatorio ha illustrato come i mancati progetti di rinnovamento di cui avrebbe bisogno l’Italia riguardino sia lavori a livello nazionale, sia opere che portino progresso su scala locale (come piste ciclabili, scuole sicure, elettricità intelligente). In particolare ci costerà molto, da qui a 16 anni, non colmare il digital divide, ovvero non attrezzarsi con banda larga e ultralarga per aggiornare le telecomunicazioni e la connettività al pari degli altri Paesi: gli economisti della Bocconi calcolano un costo, per la mancata competitività, di 429 miliardi. Altro settore clou quello dei trasporti e delle vie di comunicazione, fondamentali per lo sviluppo. Il conto maggiore ce lo presenterà il sistema ferroviario: perderemo 129 miliardi se non rinnoveremo le linee convenzionali (specialmente al Sud) e non investiremo sull’alta velocità. Seguono nello studio bocconiano strade e autostrade (96 miliardi di costi) e la logistica (oltre 73). Infine, il reparto energetico non adeguato e senza progetti seri sulle rinnovabili ci costerà 65 miliardi come impianti di produzione e reti e 46 a livello di efficienza. Come dire: è ora di investire sul futuro e sull’innovazione, anche utilizzando meglio le risorse Ue che spetterebbero all’Italia ma finiscono nelle mani degli altri Paesi poiché non presentiamo una pianificazione all’altezza.
Niente di nuovo sotto il sole Sappiamo da sempre quanto lo spreco sia all’ordine del giorno nel nostro Paese. Basti pensare a tutti i soldi buttati, tra opere inutili o bloccate per infiltrazioni della malavita, durante i grandi eventi o le manifestazioni sportive internazionali: ancora oggi ci sorbiamo gli orrori di cemento abbandonati di Italia ’90 o di Torino 2006, per fare solo gli esempi più eclatanti. E ancora nel 2014 nelle previsioni di spesa di Palazzo Chigi c’è una voce che riguarda un mutuo acceso nel lontano 1987 per la costruzione degli stadi del Mondiale. Attendiamo di sapere quanto si sprecherà o verrà lasciato andare in rovina alla fine dell’Expò del 2015, a Milano.