Il dissenso di Mineo, come uccidere un partito
Renzi ha usato la mannaia. Ma se si è in un partito ci si adegua alla maggioranza
Non sarà democratica. Non sarà stata delicata. Ma la cacciata di Corradino Mineo dalla commissione Senato è lecita. Non è la prima volta che accade. Renzi prova a forzare la mano per sbloccare la situazione. E i peones che remano contro devono essere silenziati. Il segretario si è imposto ed il partito e i gruppi parlamentari lo hanno seguito senza fiatare. D’altronde non conviene a nessuno strappare.
Renzi, lo schiacciasassi. Renzi tiene i parlamentari del Pd in pugno perché è chiaro che, forte del 40% all’ultimo voto e con sondaggi che lo danno in ulteriormente crescita, andare alle elezioni a settembre o ottobre potrebbe significare la fine della presenza delle minoranze Pd in Parlamento. Così, i primi sponsor di Renzi, in questo momento, sono proprio gli Zanda e gli Speranza, bersaniani sulla via della conversione. In caso di voto, molto probabilmente non ci sarebbe più spazio per loro.
Chi è libero di alzare la testa. Mineo, in fondo, un lavoro fuori dal parlamento c’è l’ha. L’ex direttore di RaiNews non è un politico di professione e la sua vita fuori da Palazzo Chigi non subirebbe ripercussioni, ad iniziare dall’aspetto economico. È, quindi, uno dei pochi che è libero di alzare la testa. Che sia giusta o sbagliata la sua battaglia non spetta a noi dirlo. Il problema, però è il metodo.
Ok il dissenso, entro i “confini di partito”. Il dissenso è il sale della democrazia. Non ci sono dubbi. Il Pd, talvolta scivolando nel ridicolo, ne ha fatto un vanto. Le tante divisioni sono state un bene e più spesso un male per il partito. Nel caso specifico Mineo ha espresso il suo punto di vista, non conforme con la linea imposta dal suo segretario e ratificata a maggioranza (peraltro schiacciante) dal partito. Se la parola “partito” ha ancora un significato (come spesso sottolineano proprio i componenti delle minoranze del Pd), allora bisogna attenersi ai voleri della maggioranza del partito. I partiti nascono per questo: semplificare il caos. E Mineo rappresenta in commissione Senato proprio il suo partito, non certo se stesso.
Cosa significa “partito”? Va sempre difesa la sua libertà da qualsiasi vincolo di mandato, come parlamentare, soprattutto quando ritiene che il suo partito stia compiendo un grosso errore. Ma Mineo è stato eletto nelle liste (bloccate) del Pd. Se non si trova d’accordo con la linea può portare avanti la sua battaglia interna (adeguandosi alla maggioranza) o lasciare il partito. Se il concetto di partito ha ancora un senso.
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Non sarà democratica. Non sarà stata delicata. Ma la cacciata di Corradino Mineo dalla commissione Senato è lecita. Non è la prima volta che accade. Renzi prova a forzare la mano per sbloccare la situazione. E i peones che remano contro devono essere silenziati. Il segretario si è imposto ed il partito e i gruppi parlamentari lo hanno seguito senza fiatare. D’altronde non conviene a nessuno strappare.
Renzi, lo schiacciasassi. Renzi tiene i parlamentari del Pd in pugno perché è chiaro che, forte del 40% all’ultimo voto e con sondaggi che lo danno in ulteriormente crescita, andare alle elezioni a settembre o ottobre potrebbe significare la fine della presenza delle minoranze Pd in Parlamento. Così, i primi sponsor di Renzi, in questo momento, sono proprio gli Zanda e gli Speranza, bersaniani sulla via della conversione. In caso di voto, molto probabilmente non ci sarebbe più spazio per loro.
Chi è libero di alzare la testa. Mineo, in fondo, un lavoro fuori dal parlamento c’è l’ha. L’ex direttore di RaiNews non è un politico di professione e la sua vita fuori da Palazzo Chigi non subirebbe ripercussioni, ad iniziare dall’aspetto economico. È, quindi, uno dei pochi che è libero di alzare la testa. Che sia giusta o sbagliata la sua battaglia non spetta a noi dirlo. Il problema, però è il metodo.
Ok il dissenso, entro i “confini di partito”. Il dissenso è il sale della democrazia. Non ci sono dubbi. Il Pd, talvolta scivolando nel ridicolo, ne ha fatto un vanto. Le tante divisioni sono state un bene e più spesso un male per il partito. Nel caso specifico Mineo ha espresso il suo punto di vista, non conforme con la linea imposta dal suo segretario e ratificata a maggioranza (peraltro schiacciante) dal partito. Se la parola “partito” ha ancora un significato (come spesso sottolineano proprio i componenti delle minoranze del Pd), allora bisogna attenersi ai voleri della maggioranza del partito. I partiti nascono per questo: semplificare il caos. E Mineo rappresenta in commissione Senato proprio il suo partito, non certo se stesso.
Cosa significa “partito”? Va sempre difesa la sua libertà da qualsiasi vincolo di mandato, come parlamentare, soprattutto quando ritiene che il suo partito stia compiendo un grosso errore. Ma Mineo è stato eletto nelle liste (bloccate) del Pd. Se non si trova d’accordo con la linea può portare avanti la sua battaglia interna (adeguandosi alla maggioranza) o lasciare il partito. Se il concetto di partito ha ancora un senso.