Tienanmen, la strage ''vietata'' che ancora spaventa la Cina
Nel 25esimo anniversario, la censura a Pechino colpisce la storia
Tieni a mente Tienanmen, il leitmotiv che nei concerti accompagnava la vecchia canzone dei CCCP, calza a pennello per i 25 anni dalla strage di piazza Tienanmen. Ma in Cina l’orrore consumatosi a Pechino quel 4 giugno ’89 viene tenuto rigorosamente nascosto.
Venticinque anni di silenzio oscurano l’immagine dello sconosciuto eroe che, armato solo di coraggio, si piazzò davanti alla fila dei carriarmati cinesi bloccandone l’avanzata col suo corpo.
Oggi in Cina è ancora vietato parlare dell’eccidio degli studenti che da mesi chiedevano un’apertura sul fronte delle libertà e dei diritti fondamentali. Una contestazione ai vertici del partito unico, generalizzata e impensabile, mostrò inequivocabilmente alla nomenclatura di regime cosa significasse il pensiero critico di una generazione di giovani che lei stessa aveva permesso si sviluppasse. E quei ragazzi si erano riuniti in piazza Tienanmen per chiedere in nome del popolo a coloro che si dichiaravano i rappresentanti del potere popolare un’apertura del gigante comunista.
Tienanmen precedette la caduta del muro e sembrò aprire una fessura in quella recinzione eretta da Mao a protezione del comunismo cinese. Ma era un abbaglio. Perché, mentre tutti i regimi sovietici stavano per cadere per sempre, la Repubblica Popolare iniziava ad essere cosciente della propria smisurata forza e a mostrare i passi compiuti per la prima volta verso l’esterno. Il partito era riuscito a far crescere entro i propri sterminati confini una superpotenza di cui forse oggi non sono in pochi a rimpiangere la solitaria chiusura.
Eppure, adesso che la Cina cresce – nonostante un rallentamento – ancora con percentuali da noi solo sognate, avanza in tutto il mondo, colonizza l’Africa con le infrastrutture chiedendo in cambio territorio dove piantare riso per sfamare una popolazione che supera il miliardo di persone, Tienanmen fa ancora paura.
Quel 4 giugno 1989 crea imbarazzo – in Cina l’eccidio è noto come “incidente di Tienanmen” – al punto da venire rimosso, cancellato, come se non fosse mai esistito. La strage perpetrata dall’esercito di liberazione popolare, ancora sconosciuta nelle reali dimensioni – parla di centinaia, forse migliaia di vittime, ma il governo ha sempre minimizzato, arrivando a sostenere che in piazza non fu ucciso neanche uno degli studenti -, viene nascosta grazie agli agenti dei servizi, segreti e non. A cui si aggiungono centinaia di migliaia di militanti dell’unico partito esistente, il partito comunista cinese, il partito unico che gli studenti volevano cambiare. Ma non basta, quella richiesta di democrazia è stata uccisa e con essa una modernizzazione delle libertà e dei diritti umani che langue e provoca rivolte in tutto il paese. Ribellioni che noi non conosciamo se non per qualche testimonianza di esuli o di normali cittadini riusciti a bucare il controllo della rete a rischio della propria vita. Persone che comunicano il reale stato delle cose nella dittatura che continuiamo a chiamare comunista anche se ormai si tratta di un gigante in possesso di gran parte del debito degli Stati Uniti. Vale a dire il simbolo capitalista capitalista per eccellenza.
Nel giorno della celebrazione della strage di piazza Tienanmen quando il pensiero disarmato di centinaia e centinaia di studenti è stato crudelmente assassinato, Google non funzionava. Ogni rimando allo 04-06-1989, era come sempre bloccato. Nulla deve passare, nessuno deve ricordare quell’eroe pazzo che riuscì a fermare con la sua camicia bianca i carriarmati della superpotenza bellica. Una storia che conosciamo tutti in Occidente, ma che non si devi sapere in Cina, dove le madri di piazza Tienanmen finiscono in galera o torturate, così come chiunque abbia il coraggio di ricordare quel 4 giugno ’89. Via Twitter però in tanti mandano foto. Arrivando a scrivere sul proprio corpo i messaggi che hanno paura di digitare sulle tastiere sotto controllo. È anche per loro che dobbiamo gridare più forte, ora e sempre, tieni a mente Tienanmen.
Tieni a mente Tienanmen, il leitmotiv che nei concerti accompagnava la vecchia canzone dei CCCP, calza a pennello per i 25 anni dalla strage di piazza Tienanmen. Ma in Cina l’orrore consumatosi a Pechino quel 4 giugno ’89 viene tenuto rigorosamente nascosto.
Venticinque anni di silenzio oscurano l’immagine dello sconosciuto eroe che, armato solo di coraggio, si piazzò davanti alla fila dei carriarmati cinesi bloccandone l’avanzata col suo corpo.
Oggi in Cina è ancora vietato parlare dell’eccidio degli studenti che da mesi chiedevano un’apertura sul fronte delle libertà e dei diritti fondamentali. Una contestazione ai vertici del partito unico, generalizzata e impensabile, mostrò inequivocabilmente alla nomenclatura di regime cosa significasse il pensiero critico di una generazione di giovani che lei stessa aveva permesso si sviluppasse. E quei ragazzi si erano riuniti in piazza Tienanmen per chiedere in nome del popolo a coloro che si dichiaravano i rappresentanti del potere popolare un’apertura del gigante comunista.
Tienanmen precedette la caduta del muro e sembrò aprire una fessura in quella recinzione eretta da Mao a protezione del comunismo cinese. Ma era un abbaglio. Perché, mentre tutti i regimi sovietici stavano per cadere per sempre, la Repubblica Popolare iniziava ad essere cosciente della propria smisurata forza e a mostrare i passi compiuti per la prima volta verso l’esterno. Il partito era riuscito a far crescere entro i propri sterminati confini una superpotenza di cui forse oggi non sono in pochi a rimpiangere la solitaria chiusura.
Eppure, adesso che la Cina cresce – nonostante un rallentamento – ancora con percentuali da noi solo sognate, avanza in tutto il mondo, colonizza l’Africa con le infrastrutture chiedendo in cambio territorio dove piantare riso per sfamare una popolazione che supera il miliardo di persone, Tienanmen fa ancora paura.
Quel 4 giugno 1989 crea imbarazzo – in Cina l’eccidio è noto come “incidente di Tienanmen” – al punto da venire rimosso, cancellato, come se non fosse mai esistito. La strage perpetrata dall’esercito di liberazione popolare, ancora sconosciuta nelle reali dimensioni – parla di centinaia, forse migliaia di vittime, ma il governo ha sempre minimizzato, arrivando a sostenere che in piazza non fu ucciso neanche uno degli studenti -, viene nascosta grazie agli agenti dei servizi, segreti e non. A cui si aggiungono centinaia di migliaia di militanti dell’unico partito esistente, il partito comunista cinese, il partito unico che gli studenti volevano cambiare. Ma non basta, quella richiesta di democrazia è stata uccisa e con essa una modernizzazione delle libertà e dei diritti umani che langue e provoca rivolte in tutto il paese. Ribellioni che noi non conosciamo se non per qualche testimonianza di esuli o di normali cittadini riusciti a bucare il controllo della rete a rischio della propria vita. Persone che comunicano il reale stato delle cose nella dittatura che continuiamo a chiamare comunista anche se ormai si tratta di un gigante in possesso di gran parte del debito degli Stati Uniti. Vale a dire il simbolo capitalista capitalista per eccellenza.
Nel giorno della celebrazione della strage di piazza Tienanmen quando il pensiero disarmato di centinaia e centinaia di studenti è stato crudelmente assassinato, Google non funzionava. Ogni rimando allo 04-06-1989, era come sempre bloccato. Nulla deve passare, nessuno deve ricordare quell’eroe pazzo che riuscì a fermare con la sua camicia bianca i carriarmati della superpotenza bellica. Una storia che conosciamo tutti in Occidente, ma che non si devi sapere in Cina, dove le madri di piazza Tienanmen finiscono in galera o torturate, così come chiunque abbia il coraggio di ricordare quel 4 giugno ’89. Via Twitter però in tanti mandano foto. Arrivando a scrivere sul proprio corpo i messaggi che hanno paura di digitare sulle tastiere sotto controllo. È anche per loro che dobbiamo gridare più forte, ora e sempre, tieni a mente Tienanmen.