Viva l'Invalsi
L'EDITORIALE - Il sistema di valutazione "a crocette" non è perfetto, ma è l'unico strumento per riportare la scuola sulla Terra
Leggere e scrivere. E magari saper fare qualche calcolo matematico. È questo il livello minimo che il sistema scolastico italiano deve prefiggersi di raggiungere. Eppure chi esce dalla scuola dell’obbligo (e talvolta anche dall’università), ha difficoltà a comprendere un testo, produce una serie di errori ortografici in un testo scritto e trova difficoltà a fare addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni. In Italia c’è un generale analfabetismo di ritorno, cartina tornasole di un sistema educativo non solo scollegato dal mondo produttivo, ma anche scadente.
La scuola scadente. I giovani italiani non brillano per apprendimento. In alcune aree del Paese l’analfabetismo è dilagante, mentre dalla scuola esce un numero sempre più ridotto di eccellenze. È evidente che qualcosa non va. Da qualche anno a questa parte, per valutare il sistema scolastico italiano è stato introdotto il test Invalsi che, insieme al “Pisa”, permette di valutare i singoli istituti e il sistema scolastico nel suo complesso anche confrontandolo con altri paesi europei. Test “a crocette”. Come un quiz. Domande di italiano, logica e matematica. Un metodo anglosassone che il ministero ha introdotto per avere una valutazione più oggettiva dei vari istituti e delle varie geografiche.
“Boicottiamo”. Peccato che le stesse scuole e gli studenti si stiano impegnando per boicottare questi test. “Non sono attinenti al programma studiato”, spiegano i rappresentanti degli studenti, come se la cultura e la formazione siano puro nozionismo e come se la logica non abbia nulla a che fare con la scuola. Gli studenti, poi, vengono appoggiati dai docenti i quali temono che questi test possano diventare un metodo di valutazione del proprio lavoro, un lavoro che non è mai stato, finora, valutato da alcuno. E pensare che il Ministero dell’istruzione spende molti soldi per una valutazione che solo un quinto delle scuole sfrutta per migliorare il proprio servizio.
Unico metodo serio di valutazione. Come ogni metodo di valutazione è certamente migliorabile. Tuttavia, allo stato attuale quello Invalsi è l’unico sistema relativamente oggettivo di valutazione perché uguale in tutta Italia. Ci sono i correttivi delle valutazioni che tengono conto dell’area geografica, presenza di studenti portatori di handicap e di studenti stranieri e su questi si può aprire un confronto. Ma quello che questi test devono indicare è la tendenza che ogni singolo istituto ha nel tempo, anche in confronto con gli altri che si trovano nella stessa condizione di partenza.
Un pretesto perché nulla cambi. Così, in questi giorni di prove, le organizzazioni studentesche hanno chiesto agli studenti di boicottare i test. Molte le adesioni tra gli studenti medi. Temono la competitività tra gli istituti (che è certamente positiva) e la schedatura degli stessi studenti. Eppure i test non sono nominali ma riconoscibili dal solo studente attraverso un codice numerico. “Il metodo anglosassone delle crocette non ci piace”, spiegano. Eppure proprio dalla Gran Bretagna e dagli USA giungono le persone più preparate, nonostante un sistema scolastico poco inclusivo. In un mercato globalizzato è con loro che dobbiamo confrontare i nostri studenti, che questo piaccia o meno. Perché un Paese che vuole essere competitivo non deve avere paura del confronto per migliorarsi. Altrimenti conviene alzare bandiera bianca e sognare una decrescita felice che tanto felice non sarà.
Leggere e scrivere. E magari saper fare qualche calcolo matematico. È questo il livello minimo che il sistema scolastico italiano deve prefiggersi di raggiungere. Eppure chi esce dalla scuola dell’obbligo (e talvolta anche dall’università), ha difficoltà a comprendere un testo, produce una serie di errori ortografici in un testo scritto e trova difficoltà a fare addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni. In Italia c’è un generale analfabetismo di ritorno, cartina tornasole di un sistema educativo non solo scollegato dal mondo produttivo, ma anche scadente.
La scuola scadente. I giovani italiani non brillano per apprendimento. In alcune aree del Paese l’analfabetismo è dilagante, mentre dalla scuola esce un numero sempre più ridotto di eccellenze. È evidente che qualcosa non va. Da qualche anno a questa parte, per valutare il sistema scolastico italiano è stato introdotto il test Invalsi che, insieme al “Pisa”, permette di valutare i singoli istituti e il sistema scolastico nel suo complesso anche confrontandolo con altri paesi europei. Test “a crocette”. Come un quiz. Domande di italiano, logica e matematica. Un metodo anglosassone che il ministero ha introdotto per avere una valutazione più oggettiva dei vari istituti e delle varie geografiche.
“Boicottiamo”. Peccato che le stesse scuole e gli studenti si stiano impegnando per boicottare questi test. “Non sono attinenti al programma studiato”, spiegano i rappresentanti degli studenti, come se la cultura e la formazione siano puro nozionismo e come se la logica non abbia nulla a che fare con la scuola. Gli studenti, poi, vengono appoggiati dai docenti i quali temono che questi test possano diventare un metodo di valutazione del proprio lavoro, un lavoro che non è mai stato, finora, valutato da alcuno. E pensare che il Ministero dell’istruzione spende molti soldi per una valutazione che solo un quinto delle scuole sfrutta per migliorare il proprio servizio.
Unico metodo serio di valutazione. Come ogni metodo di valutazione è certamente migliorabile. Tuttavia, allo stato attuale quello Invalsi è l’unico sistema relativamente oggettivo di valutazione perché uguale in tutta Italia. Ci sono i correttivi delle valutazioni che tengono conto dell’area geografica, presenza di studenti portatori di handicap e di studenti stranieri e su questi si può aprire un confronto. Ma quello che questi test devono indicare è la tendenza che ogni singolo istituto ha nel tempo, anche in confronto con gli altri che si trovano nella stessa condizione di partenza.
Un pretesto perché nulla cambi. Così, in questi giorni di prove, le organizzazioni studentesche hanno chiesto agli studenti di boicottare i test. Molte le adesioni tra gli studenti medi. Temono la competitività tra gli istituti (che è certamente positiva) e la schedatura degli stessi studenti. Eppure i test non sono nominali ma riconoscibili dal solo studente attraverso un codice numerico. “Il metodo anglosassone delle crocette non ci piace”, spiegano. Eppure proprio dalla Gran Bretagna e dagli USA giungono le persone più preparate, nonostante un sistema scolastico poco inclusivo. In un mercato globalizzato è con loro che dobbiamo confrontare i nostri studenti, che questo piaccia o meno. Perché un Paese che vuole essere competitivo non deve avere paura del confronto per migliorarsi. Altrimenti conviene alzare bandiera bianca e sognare una decrescita felice che tanto felice non sarà.