“Emergency exit”, il documentario su una generazione in fuga - Diritto di critica
Voci e storie dei giovani italiani all'estero, tra possibilità lavorative e rabbia per il Paese che li ha costretti ad emigrare
La chiamano “fuga di cervelli”, quella delle migliaia di giovani italiani che ogni anno lasciano il proprio paese per l’estero. Dicono che i giovani vanno “a cercare fortuna”, dimenticandosi forse che quello che sognano non è fortuna, ma la possibilità di scegliere il proprio futuro, fuggendo da un paese che ai giovani, soprattutto specializzati, offre ben poco a parte stage non retribuiti e contratti atipici. Sono storie di ‘ordinaria separazione’ quelle che la giovane cineasta pugliese Brunella Filì ha scelto di raccogliere in “Emergency Exit – young Italians abroad”, docu-trip che racconta attraverso le parole di sei giovani italiani emigrati in Europa o oltreoceano la vita, le speranze e le difficoltà della generazione under 35 che, più per costrizione che per scelta, ha cercato altrove un futuro.
“Emergency exit”, documentario di una generazione dimenticata. Il documentario è un lungo viaggio tra l’Europa e l’America e narra la ferita aperta di una generazione che sta «sanguinando fuori dai nostri confini»: i protagonisti sono Anna, Marco, Milena, Camilla e altri giovani italiani di diversa provenienza e professione che raccontano la propria esperienza e la sensazione di dimezzamento a cavallo tra una vita con maggiori possibilità lavorative e il senso di mancanza e frustrazione che nasce dall’esilio, dalla costrizione alla ricerca di una “uscita di emergenza”. Al film hanno partecipato anche Daniele Silvestri e Bill Emmot, ex direttore dell’Economist. Selezionato ufficialmente agli Italian Doc Screenings 2012 di Firenze e dopo aver attirato l’attenzione di diversi media nazionali, la realizzazione di “Emergency Exit” è stata sostenuta dapprima da una campagna di crowfunding e successivamente da Beth di Santo, produttrice americana che ne ha finanziato la postproduzione e la distribuzione negli USA, tappa dell’ultima intervista; il documentario è stato selezionato ufficialmente al Festival del Cinema Europeo 2014 di Lecce e al Madrid International Film Festival 2014 e da esso sono nati altri progetti correlati su iniziativa della stessa regista, come il documentario web “Emergency Exit – Interactive Work”.
La diaspora italiana. «L’idea di questo documentario è nata da quella che io ho identificato come un’urgenza sociale», spiega la regista, Brunella Filì, che sottolinea come l’emigrazione attuale si differenzi da quella del secolo scorso soprattutto per la qualità accademica e professionale del capitale umano che lascia l’Italia: «il film nasce dall’urgenza di un approfondimento non generico sulla diaspora e le sue conseguenze, ascoltando i diretti interessati, sul posto, dando loro voce. Parigi, Londra, New York: poli d’attrazione dove ricomporre i pezzi di una realtà professionale e culturale in conflitto con le proprie aspirazioni e i propri meriti; giovani esistenze in esilio, alla ricerca di un’identità generazionale smarrita fra i problemi di un paese economicamente e civilmente fermo». I dati ufficiali confermano le parole della regista: in Italia un giovane su tre è senza lavoro, gli stipendi sono i più bassi d’Europa (dati Istat 2012) e il 50% dei laureati al primo impiego in Italia risulta sottoinquadrato (Censis 2011). Secondo dati ufficiali AIRE, circa 27mila giovani partono ogni anno, ma la cifra è al ribasso, poiché almeno la metà degli italiani residenti all’estero sfugge ai registri ufficiali.
Le voci degli italiani all’estero. Ciò che accomuna i sei giovani intervistati non è solamente il parallelismo delle esperienze – la mancanza di reali prospettive in Italia, la sofferta decisione dell’espatrio, la possibilità di crescere professionalmente e socialmente in un paese straniero dove a 27 anni si è considerati adulti e non “bamboccioni” – ma anche il sentimento che li lega al paese d’origine: un misto di nostalgia, frustrazione, rammarico, rabbia e, nonostante tutto, un forte senso di italianità. Come Milena, 32 anni e docente di lettere all’Università di Parigi, che vorrebbe che i figli fossero italiani: « Non immagino il mio ‘per sempre’ qui. Mi immagino sempre italiana». Oppure Anna, 26 anni ed un lavoro come veterinaria a Vienna: «L’Italia mi ha costretta ad andarmene. E questo non glielo perdonerò mai». Mentre Mauro, che a Parigi lavora come affermato musicista jazz, ammette che nonostante le enormi possibilità che la Francia offre per l’arte e la cultura «ogni volta che torno in Italia, ancora oggi ho difficoltà enormi a ripartire…».
La chiamano “fuga di cervelli”, quella delle migliaia di giovani italiani che ogni anno lasciano il proprio paese per l’estero. Dicono che i giovani vanno “a cercare fortuna”, dimenticandosi forse che quello che sognano non è fortuna, ma la possibilità di scegliere il proprio futuro, fuggendo da un paese che ai giovani, soprattutto specializzati, offre ben poco a parte stage non retribuiti e contratti atipici. Sono storie di ‘ordinaria separazione’ quelle che la giovane cineasta pugliese Brunella Filì ha scelto di raccogliere in “Emergency Exit – young Italians abroad”, docu-trip che racconta attraverso le parole di sei giovani italiani emigrati in Europa o oltreoceano la vita, le speranze e le difficoltà della generazione under 35 che, più per costrizione che per scelta, ha cercato altrove un futuro.
“Emergency exit”, documentario di una generazione dimenticata. Il documentario è un lungo viaggio tra l’Europa e l’America e narra la ferita aperta di una generazione che sta «sanguinando fuori dai nostri confini»: i protagonisti sono Anna, Marco, Milena, Camilla e altri giovani italiani di diversa provenienza e professione che raccontano la propria esperienza e la sensazione di dimezzamento a cavallo tra una vita con maggiori possibilità lavorative e il senso di mancanza e frustrazione che nasce dall’esilio, dalla costrizione alla ricerca di una “uscita di emergenza”. Al film hanno partecipato anche Daniele Silvestri e Bill Emmot, ex direttore dell’Economist. Selezionato ufficialmente agli Italian Doc Screenings 2012 di Firenze e dopo aver attirato l’attenzione di diversi media nazionali, la realizzazione di “Emergency Exit” è stata sostenuta dapprima da una campagna di crowfunding e successivamente da Beth di Santo, produttrice americana che ne ha finanziato la postproduzione e la distribuzione negli USA, tappa dell’ultima intervista; il documentario è stato selezionato ufficialmente al Festival del Cinema Europeo 2014 di Lecce e al Madrid International Film Festival 2014 e da esso sono nati altri progetti correlati su iniziativa della stessa regista, come il documentario web “Emergency Exit – Interactive Work”.
La diaspora italiana. «L’idea di questo documentario è nata da quella che io ho identificato come un’urgenza sociale», spiega la regista, Brunella Filì, che sottolinea come l’emigrazione attuale si differenzi da quella del secolo scorso soprattutto per la qualità accademica e professionale del capitale umano che lascia l’Italia: «il film nasce dall’urgenza di un approfondimento non generico sulla diaspora e le sue conseguenze, ascoltando i diretti interessati, sul posto, dando loro voce. Parigi, Londra, New York: poli d’attrazione dove ricomporre i pezzi di una realtà professionale e culturale in conflitto con le proprie aspirazioni e i propri meriti; giovani esistenze in esilio, alla ricerca di un’identità generazionale smarrita fra i problemi di un paese economicamente e civilmente fermo». I dati ufficiali confermano le parole della regista: in Italia un giovane su tre è senza lavoro, gli stipendi sono i più bassi d’Europa (dati Istat 2012) e il 50% dei laureati al primo impiego in Italia risulta sottoinquadrato (Censis 2011). Secondo dati ufficiali AIRE, circa 27mila giovani partono ogni anno, ma la cifra è al ribasso, poiché almeno la metà degli italiani residenti all’estero sfugge ai registri ufficiali.
Le voci degli italiani all’estero. Ciò che accomuna i sei giovani intervistati non è solamente il parallelismo delle esperienze – la mancanza di reali prospettive in Italia, la sofferta decisione dell’espatrio, la possibilità di crescere professionalmente e socialmente in un paese straniero dove a 27 anni si è considerati adulti e non “bamboccioni” – ma anche il sentimento che li lega al paese d’origine: un misto di nostalgia, frustrazione, rammarico, rabbia e, nonostante tutto, un forte senso di italianità. Come Milena, 32 anni e docente di lettere all’Università di Parigi, che vorrebbe che i figli fossero italiani: « Non immagino il mio ‘per sempre’ qui. Mi immagino sempre italiana». Oppure Anna, 26 anni ed un lavoro come veterinaria a Vienna: «L’Italia mi ha costretta ad andarmene. E questo non glielo perdonerò mai». Mentre Mauro, che a Parigi lavora come affermato musicista jazz, ammette che nonostante le enormi possibilità che la Francia offre per l’arte e la cultura «ogni volta che torno in Italia, ancora oggi ho difficoltà enormi a ripartire…».