Alitalia, in fumo 4 miliardi degli italiani
Il piano di Berlusconi con una cordata di imprenditori "italianissimi" è fallito. Ora si spera negli arabi di Etihad
Era uno di quei punti fermi della politica berlusconiana. “Abbiamo salvato Alitalia”, si vantavano nel Pdl, soprattutto davanti alle telecamere. Oggi, dopo cinque anni siamo di nuovo allo stesso punto. La compagnia di bandiera è di nuovo in crisi dopo che il Cai, la cordata degli imprenditori “italianissimi”, ha gettato al vento mezzo miliardo di euro. E, mentre Collanino & co. hanno fallito, i contribuenti italiani hanno visto andare in fumo 4 miliardi di euro, il costo sostenuto dal governo Berlusconi per rendere Alitalia “appetibile”: via i debiti e sì alla ristrutturazione.
I francesi ringraziano. Ma questo non è solo il fallimento del Cai e del governo Berlusconi, ma anche di Corrado Passera, al tempo amministratore delegato di Intesa Sanpaolo che ha guidato il passaggio di consegne. I francesi ringraziano. Infatti, Air France, al tempo interessata ad acquistare Alitalia a prezzi stracciati, si è dovuta accontentare soltanto di una partecipazione limitata. Ma proprio ciò ha permesso di limitare i danni di fronte ai dati sempre negativi della compagnia italiana. Così è stato anche facile per i francesi ridurre la propria presenza nell’azionariato, lasciando spazio a Etihad.
Quelli che (ancora) ci credono. Roberto Collaninno ancora ci crede, nonostante abbia già perso più di 35 milioni di euro. Così sta investendo altri 40 milioni scommettendo che l’arrivo dei capitali degli emiri possa rappresentare un punto di svolta. Anche la famiglia Benetton al momento non molla, nonostante abbia perso 96 milioni di euro. La società di famiglia, l’Atlantia (che a sua volta controlla Autostrade per l’Italia) ha già investito 100 milioni e recentemente ha dovuto partecipare (chissà con quanta convinzione) nell’aumento di capitale con altri 40 milioni. È questo forse il prezzo da pagare per mantenere il quasi monopolio delle autostrade italiane?
I dubbi di Etihad. Ora arriva Etihad. Vista la situazione di Alitalia, gli emiri sembrano ancora incerti nella definizione del loro impegno nella compagnia di bandiera. Intanto la società di Abu Dhabi salva la controllata Air Berlin che sta vivendo una situazione simile a quella di Alitalia, con un investimento di 300 milioni, ma con la richiesta di una “profonda ristrutturazione”. Ciò potrebbe avvenire anche per Alitalia con il rischio che i rapporti con i sindacati possano diventare insostenibili di fronte a probabili nuovi esuberi.
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Era uno di quei punti fermi della politica berlusconiana. “Abbiamo salvato Alitalia”, si vantavano nel Pdl, soprattutto davanti alle telecamere. Oggi, dopo cinque anni siamo di nuovo allo stesso punto. La compagnia di bandiera è di nuovo in crisi dopo che il Cai, la cordata degli imprenditori “italianissimi”, ha gettato al vento mezzo miliardo di euro. E, mentre Collanino & co. hanno fallito, i contribuenti italiani hanno visto andare in fumo 4 miliardi di euro, il costo sostenuto dal governo Berlusconi per rendere Alitalia “appetibile”: via i debiti e sì alla ristrutturazione.
I francesi ringraziano. Ma questo non è solo il fallimento del Cai e del governo Berlusconi, ma anche di Corrado Passera, al tempo amministratore delegato di Intesa Sanpaolo che ha guidato il passaggio di consegne. I francesi ringraziano. Infatti, Air France, al tempo interessata ad acquistare Alitalia a prezzi stracciati, si è dovuta accontentare soltanto di una partecipazione limitata. Ma proprio ciò ha permesso di limitare i danni di fronte ai dati sempre negativi della compagnia italiana. Così è stato anche facile per i francesi ridurre la propria presenza nell’azionariato, lasciando spazio a Etihad.
Quelli che (ancora) ci credono. Roberto Collaninno ancora ci crede, nonostante abbia già perso più di 35 milioni di euro. Così sta investendo altri 40 milioni scommettendo che l’arrivo dei capitali degli emiri possa rappresentare un punto di svolta. Anche la famiglia Benetton al momento non molla, nonostante abbia perso 96 milioni di euro. La società di famiglia, l’Atlantia (che a sua volta controlla Autostrade per l’Italia) ha già investito 100 milioni e recentemente ha dovuto partecipare (chissà con quanta convinzione) nell’aumento di capitale con altri 40 milioni. È questo forse il prezzo da pagare per mantenere il quasi monopolio delle autostrade italiane?
I dubbi di Etihad. Ora arriva Etihad. Vista la situazione di Alitalia, gli emiri sembrano ancora incerti nella definizione del loro impegno nella compagnia di bandiera. Intanto la società di Abu Dhabi salva la controllata Air Berlin che sta vivendo una situazione simile a quella di Alitalia, con un investimento di 300 milioni, ma con la richiesta di una “profonda ristrutturazione”. Ciò potrebbe avvenire anche per Alitalia con il rischio che i rapporti con i sindacati possano diventare insostenibili di fronte a probabili nuovi esuberi.