Le proposte di Renzi (che non piacciono al Pd)
“Come un venditore porta-a-porta”. Così è stato definito Matteo Renzi non da quelli che dovrebbero essere i suoi avversari politici. Bensì da qualcuno interno o vicino al Pd, il partito che l’ex sindaco di Firenze ha l’onere di guidare. Qualcuno ha addirittura definito gli 80 euro netti in più in busta paga “brioche” per “comprare i voti delle Europee”. Eppure, di questa proposta, ci sono più luci che ombre.
Tutto ai lavoratori. La grande manovra proposta da Matteo Renzi parte dal taglio del cuneo fiscale (tutto a favore dei lavoratori) ma non si esaurisce con questo. Di questo tesoretto che il premier vuole “spendere”, si potevano fare molte cose: tagliare il cuneo fiscale a favore delle imprese, darlo tutto ai lavoratori o fare –come spesso succede in Italia – metà e metà per non scontentare nessuno. Si poteva decidere di ridurre drasticamente l’Irap e si potevano dare questi soldi a pioggia ai disoccupati. La scelta più importante è stata fatta decidendo in maniera netta tra imprese e lavoratori.
Altro che “brioche”. A livello teorico, ridurre il costo del lavoro a favore delle imprese avrebbe dato a queste maggiori possibilità di assunzione. Tuttavia, il mercato del lavoro soffre di molte rigidità e di un diffuso scoraggiamento da non lasciare molte speranze sul fatto che dare i soldi in mano alle imprese possa in qualche modo ridurre improvvisamente il tasso di disoccupazione. Allora meglio dirigere questi soldi ai lavoratori i quali, con maggiore capacità di spesa, potranno evitare il rischio deflazione e ridare slancio ai consumi interni. Due piccioni con una fava: da una parte si alleggerisce la tensione fiscale sulle famiglie, dall’altra non chiedere alle imprese di avere fiducia, ma lasciare che il mercato dia questo stimolo. Mai nessun governo di sinistra ha preso una decisione così netta e così (almeno all’apparenza) vicina alle necessità delle persone. E quelli che definiscono “brioche” 80 euro in più al mese, dimenticano che questi corrispondono al 6% di uno stipendio da 1.200 euro.
Gli altri interventi annunciati. A questo intervento si aggiunge quello sulle rendite finanziare, sempre sognato dal centro-sinistra ma mai realizzato. Si passa ad una tassazione simile a quella presente in Europa, il 26%. Non si toccano, però, i Bot. C’è la promessa dello sblocco entro luglio di 68 miliardi di debiti della pubblica amministrazione, c’è il rafforzamento del credito alle piccole e medie imprese. Ci sono 3,5 miliardi per l’edilizia scolastica, 1,5 miliardi per la messa in sicurezza del territorio. E poi c’è lo sblocco dei fondi europei per 3 miliardi e tante altre piccole e grandi iniziative.
E le coperture? Il problema, ovviamente, riguarda le coperture. Su questo Forza Italia e M5S sono molto scettici. Staremo a vedere: per ora il piano è stato approvato dalla Commissione anche se è arrivato un monito dalla Bce che chiede al governo di fare di più per frenare la crescita del debito pubblico. Esultano i sindacati (anche se la partita con la Cgil circa gli ammortizzatori sociali e il Job Act non si è ancora conclusa). Non esulta il Pd. I dem, stizziti, si turano il naso. Le slide proprio non sono andate giù. Troppi sorrisi, troppo giovanilismo. Meglio le facce lugubri di Bersani, Letta e Monti.